di Redazione FdS
Dal 2015 al 2022 vi abbiamo tenuti aggiornati sulle vicende del Tesoro di Morgantina, un gruppo di 16 raffinatissimi oggetti di argento dorato realizzati nel III sec. a.C. e considerati la testimonianza più significativa della oreficeria ellenistica siciliana (v. photo-gallery in basso). Ritrovati da scavatori clandestini nei primi anni ’80 del XX sec. a Morgantina, antica città siculo-greca i cui resti sono stati riportati alla luce ad Aidone (Enna) negli anni ’50 del ‘900 da una missione archeologica dell’Università di Princeton, erano finiti al Metropolitan Museum di New York a seguito di scavi clandestini e di esportazione illegale; una sorte analoga a quella toccata ad altri importanti reperti provenienti dallo stesso luogo, finiti negli USA e infine restituiti all’Italia: la monumentale statua di Venere e la testa fittile di Ade con tracce dell’originale cromìa, posseduti dal Getty Museum di Los Angeles, e i due Acroliti appartenuti al collezionista Maurice Templesmann.
Nel 2022 anche gli argenti sono definitivamente tornati al Museo Archeologico di Aidone dopo anni di spola tra USA e Italia prevista da un paradossale accordo che ne disponeva l’esposizione a turno ogni 4 anni. Nei giorni scorsi la storia di questi straordinari reperti si è arricchita di un nuovo risvolto grazie all’intervento dei Carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale che hanno sequestrato 5 nuovi argenti ellenistici (v. foto di apertura in alto) a un giovane ricettatore di Aidone finito nelle maglie di un’inchiesta condotta dalla Procura di Roma su un ampio traffico di reperti provenienti dalla Sicilia e, in particolare, dall’area di Morgentina.
Figura ”ponte” tra tombaroli e acquirenti, i ricettatori garantiscono l’esclusività della trattativa, per seguire la quale sono pronti a effettuare trasferte sul territorio sia nazionale che estero. Proprio durante una di queste ripetute trasferte, per la precisione a Roma, il ricettatore degli argenti è stato bloccato dai Carabinieri del TPC già portatisi sulle sue tracce sulla base di alcune fotografie che, finite nel circuito del traffico illegale, ritraevano i reperti ancora sporchi di terra. Come riferito dai militari in un comunicato riguardante l’operazione portata a termine, “gli elementi investigativi, acquisiti dal costante monitoraggio e pedinamento del soggetto nel corso dei suoi frequenti spostamenti nella Capitale hanno consentito di accertare la sua responsabilità in ordine al reato di ricettazione. Nel corso di un servizio predisposto, il soggetto veniva notato mentre percorreva a piedi una strada romana, portando con sé un borsone in pelle; una volta sottoposto al controllo dai Carabinieri TPC, riferiva spontaneamente di trasportare reperti archeologici. Questi, infatti, si giustificava dichiarando che gli argenti erano detenuti dal padre che li aveva nascosti sotto terra e, solo in punto di morte, aveva rivelato il proprio segreto. Nel prosieguo delle attività investigative, il soggetto indicava ai Carabinieri TPC il terreno di proprietà dal quale erano stati estratti gli argenti, corrispondente all’area attigua al Parco Archeologico di Morgantina, nelle vicinanze della cosiddetta Casa di Ganimede”. Tali coordinate logistiche, insieme alle caratteristiche tecniche e stilistiche, fanno dunque ritenere il gruppo di reperti ascrivibile allo stesso nucleo di argenti già noto come Tesoro di Morgantina.
A seguito del sequesto dei reperti il giudice del tribunale di Roma ne ha stabilito l’affido all’istituto Centrale del Restauro per un intervento urgente reso necessario dalle condizioni in cui alcuni di essi si trovano per via dei danni riportati durante il loro trafugamento.
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