di Redazione FdS
Poco più di un mese fa vi comunicammo la notizia del ritrovamento in Aspromonte di alcuni nuclei di boschi vetusti di rovere meridionale (Quercus petraea subsp. austrotyrrhenica), una specie la cui origine può essere fatta risalire all’era glaciale e che in questa parte della Calabria ha trovato un’area di rifugio e di isolamento che ha favorito la differenziazione di particolari meccanismi morfologici di adattamento nei confronti del clima in continua evoluzione. Torniamo sull’argomento questa volta con i Prof. Carmelo Maria Musarella e Giovanni Spampinato* – membri del Comitato Scientifico e del Comitato organizzatore del VII Seminario Internazionale su “Gestione e Conservazione della Biodiversità” tenutosi dal 2 al 7 giugno scorsi a Gambarie (Reggio Calabria) nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte – allo scopo di conoscere qualche altro dettaglio intorno a questa interessante scoperta. Da loro apprendiamo che gli studi effettuati dal Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria nel Parco Nazionale d’Aspromonte, hanno permesso di individuare un bell’esempio di questi boschi vetusti in particolare presso i Piani di Pollìa, dove le querce presenti hanno un’età stimata attorno ai 300-400 anni, ma qualche individuo forse è ancora più antico.“La scoperta – puntualizzano i due studiosi – è stata il risultato della sinergia voluta e messa in campo dal mondo scientifico e dalle amministrazioni pubbliche, con un’iniziativa che ha visto coinvolti l’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il Corpo Forestale dello Stato.”
Della scoperta si è parlato la scorsa estate anche nel corso del VII Seminario Internazionale “Conservazione e Gestione della Biodiversità” di Gambarie, i cui partecipanti, provenienti dall’Italia e da diversi paesi europei, hanno potuto analizzare e dibattere intorno all’importante ritrovamento, evidenziando come l’Aspromonte abbia rappresento una sorta di oasi durante il periodo delle glaciazioni per una diversificata flora terziaria che si è conservata in questo territorio ed in alcuni casi si è evoluta generando nuove entità come la quercia in oggetto. Il Seminario è stato organizzato dal Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e dal Gruppo per la Vegetazione della Società Botanica Italiana. Il Dipartimento ha fortemente voluto e sostenuto questo evento che, grazie al lavoro condotto dal Prof. Giovanni Spampinato e dal Prof. Carmelo Maria Musarella nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca sulle querce dell’Italia meridionale e della penisola iberica, ha portato notevoli risultati già a breve termine.
“La scoperta – spiegano i prof. Musarella e Spampinato – è molto importante oltre che per la sua originalità, anche perché le querce rappresentano un gruppo di piante abbastanza problematico sotto il punto di vista tassonomico, ossia della loro identità e appartenenza ad una specie anziché ad un’altra: esse infatti si ibridano con estrema facilità e danno luogo a nuovi individui con forme intermedie (“ibridi”) non sempre riconoscibili come tali. Conoscere bene le querce è molto importante, soprattutto nella Regione Mediterranea e in particolare in Calabria, in quanto consente di stabilizzare le grandi masse forestali, visto che nella maggior parte dei casi le specie di questo genere intervengono in maniera decisiva nella formazione di un’elevata diversità dei boschi di sclerofille. Inoltre la loro conoscenza è fondamentale per capire i differenti aspetti degli habitat dominati da queste specie. Nonostante esistano molti studi sulle specie appartenenti al genere Quercus nel Mediterraneo, la sua importanza negli habitat forestali e preforestali è così elevata che si rendono imprescindibili altri studi.”
“Di certo – concludono i due esperti – ancora molto si farà per sostenere e portare avanti una ricerca ambientale in grado di apportare validi contributi scientifici sul patrimonio naturalistico dell’Aspromonte, capaci di valorizzare concretamente il territorio calabrese. Ma possiamo dire che siamo sicuramente sulla buona strada finché ci saranno collaborazioni così ampie fra coloro che studiano, vivono e amministrano il territorio sempre e soltanto con il fine del bene comune.”
* Carmelo Maria Musarella – Giovanni Spampinato: Università “Mediterranea” degli Studi di Reggio Calabria, Dipartimento di Agraria