di Redazione FdS
Restituito al suo antico splendore il Corpo di Napoli, la misteriosa statua del Nilo dell’antica comunità egizia
Sono terminati i lavori di restauro della statua del fiume Nilo, uno dei monumenti più affascinanti e misteriosi della città di Napoli, conosciuto con il nome di ‘O cuorp’ e Napule (Il corpo di Napoli). Il pubblico può così tornare a riammirare la statua del dio fluviale barbuto completa della testa di sfinge che era stata rubata nel secondo dopoguerra e che è stata recuperata l’anno scorso in Austria dai carabinieri del Nucleo Beni Culturali di Napoli.
LA STATUA DEL FIUME NILO, TRACCIA VISIBILE DELL’ANTICA PRESENZA EGIZIA A NAPOLI
Napoli è sempre stata una città cosmopolita, una grande madre accogliente fin dalla più remota antichità. A testimoniarlo è una delle tracce più antiche della presenza straniera nella città sul Golfo. Si tratta della statua del dio-fiume Nilo, in Largo Corpo di Napoli. Il dio è raffigurato in sembianze di uomo barbuto reggente con la destra una cornucopia traboccante di frutta e fiori, simbolo della fertilità del fiume egizio. Un bambino sembra suggere da un capezzolo del dio, la cui mano sinistra è nascosta dai resti di una piccola sfinge priva della testa, perduta tempo fa ed ora finalmente recuperata e ricollocata al suo posto; stesso destino per quella di un coccodrillo posto ai piedi della statua.
Nella Napoli greco-romana, fra il I° e il III° sec. d.C., in quell’area che si staglia fra la via Mezzocannone ed il primo tratto di Via San Biagio dei Librai, si insediarono numerosi egizi (provenienti da Alessandria d’Egitto). La colonia era formata da ceti sociali differenti tra loro (viaggiatori, mercanti, schiavi, ecc.) e i napoletani del tempo non si dimostrarono avversi a questo popolo, le cui comunità presenti vennero dette “nilesi”, in onore del grande fiume egiziano.
Gli Alessandrini eressero un tempio dedicato alla dea madre Iside con una statua che ricordasse la loro terra natia (la Statua del Dio Nilo). Oggi la scultura, che dopo il crollo dell’Impero Romano era andata perduta, è collocata nella posizione originaria, proprio dove la vollero gli alessandrini circa duemila anni fa. Perdute le sue tracce durante il medioevo, essa fu ritrovata durante il XV secolo nell’area dell’antico monastero di Donnaromita, priva della testa. Fu allora interpretata erroneamente come la statua di un personaggio femminile, per via della presenza di alcuni bambini che sembrano allattarsi al seno della madre. L’opera, secondo le cronache dell’epoca, venne allora presa a simbolo della città-madre che allatta i propri figli; da qui nacque il toponimo Corpo di Napoli, dato al largo dove è tutt’ora ubicata.
Solo nel XVII secolo la scultura fu restaurata e integrata con la testa di un uomo barbuto: nel 1667 fu infatti riportata nel suo luogo d’origine e posta sul basamento in pietra. Nel Settecento fu poi consolidata ad opera della Corporazione degli Edili. Durante il secondo dopoguerra, la testa del coccodrillo, alcuni putti che circondavano la divinità e la testa della sfinge che caratterizzava il blocco di marmo, furono divelti per essere con ogni probabilità venduti nel mercato nero dell’antiquariato.
Sotto la statua, è posta una targa in marmo incisa nel XVIII secolo durante i relativi lavori di restauro. La lapide sul basamento di piperno recita:
«VETUSTISSIMAM NILI STATUAM AB ALEXANDRINIS OLIM UT FAMA EST IN PROXIMO HABITANTIBUS VELUT PATRIO NUMINI POSITAM DEINDE TEMPORUM INJURIA CORRUPTAM CAPITEQUE TRUNCATAM AEDILES QUIDEM ANNI MDCLXVII NE QUAE HUIC REGIONI CELEBRE NOMEN FECIT SINE HONORE JACERET RESTITUENDAM CONLOCANDAMQUE AEDILES VERO ANNI MDCCXXXIV FULCIENDAM NOVOQUE PIGRAMMATE ORNANDUM CURAVERE PLACIDO PRINC. DENTICE PRAEF. FERDINANDUS SANFELICIUS MARCELLUS CARACCIOLUS PETRUS PRINCEPS DE CARDANAS PRINC. CASSAN. DUX CARINAR. AUGUSTINUS VIVENTIUS ANTONIUS GRATIOSUS. AGNELL. VASSALLUS SEC.»
“Gli edili dell’anno 1667 provvidero a restaurare e ad installare l’antichissima statua del Nilo, già eretta (secondo la tradizione) dagli Alessandrini residenti nel circondario come ad onorare una divinità patria, poi successivamente rovinata dalle ingiurie del tempo e decapitata, affinché non restasse nell’abbandono una statua che ha dato la fama a questo quartiere. Gli edili dell’anno 1734 provvidero invece a consolidarla e a corredarla di una nuova epigrafe, sotto il patronato del principe Placido Dentice…[seguono gli altri nomi degli edili]”
A Napoli, il nome del fiume Nilo si è conservato oltre che nel toponimo della piazza e nel nome di un antico Seggio Nobiliare che aveva in zona la sua sede, anche in quello della Chiesa di Sant’Angelo a Nilo e della Chiesa di San Nicola a Nilo, che sorge nella vicina via San Biagio dei Librai.
IL QUADRILATERO MISTERIOSOFICO
Legata alla presenza della statua del dio-fiume Nilo e a quella remota di un tempio dedicato alla dea Iside, è l’importazione a Napoli dei relativi culti misterici. Il quadrilatero urbano nel cui cuore campeggia la statua del Nilo è infatti uno dei punti chiave della cosiddetta Napoli esoterica. Attraverso la colonia egizio-alessandrina mise radici a Napoli la cosidetta tradizione ermetica che, traendo le sue lontane origini dal dio Ermes-Thot egizio, si diffuse nella Magna Grecia attraverso la Scuola pitagorica. Non è un caso se nella stessa zona di Napoli si trova la celebre e misteriosa Cappella Sansevero, nella quale il Principe Raimondo di Sangro (XVIII sec.), fece collocare alcune sculture dalle volute connotazioni misteriche. In odore di interessi misteriosofici fu anche il nobile Antonio Beccadelli detto il Panormita che nel 1448, in un ambiente culturalmente fervido come quello della corte aragonese, fondò l’Accademia Antoniana in seguito ribattezzata Pontaniana in onore dell’umanista Giovanni Pontano. Il suo palazzo sorge proprio alle spalle della statua del fiume Nilo.