“È arrivato il momento di confondersi col mare, con la sabbia, col sole, con la mela, con le stelle e partire”
Nâzım Hikmet
di Redazione FdS
Si è spento ieri a Bari all’età di 80 anni lo scrittore pugliese Vittorio Catani, uno dei pionieri della fantascienza italiana, sicuramente noto agli appassionati di un genere letterario che, pur associato dal grande pubblico per lo più ad autori anglosassoni, ha avuto un significativo sviluppo nel nostro Paese a partire dai primi anni ’50 del Novecento. Sebbene infatti, come scrivono gli storici del genere, fin dalla metà del XIX secolo siano apparsi in Italia racconti e romanzi brevi di fantasie scientifiche, detti anche racconti incredibili o fantastici o avventuristici, romanzi dei tempi futuri, utopici, del domani, pubblicati in supplementi domenicali dei quotidiani, nelle riviste letterarie, in piccole dispense a puntate, è al 1952 che si fa risalire la nascita ufficiale del genere in Italia. Cruciale per la sua affermazione è stata la pubblicazione delle prime riviste specializzate, Scienza Fantastica e Urania con la comparsa del termine fantascienza, versione italiana dell’inglese science fiction, raggiungendo il suo periodo aureo negli anni a cavallo con il decennio successivo. È in questa temperie che si inserisce l’esordio letterario di Vittorio Catani, la cui personale interpretazione di un genere diventato popolarissimo sarà definita “fantascienza del reale”, per l’intreccio tra l’elemento fantascientifico e temi sociali, ecologici, psicologici, via via elaborati in chiave avventurosa e allegorica.
Dall’esordio nel 1962 su Galaxy, edizione italiana dell’omonima rivista americana, diversi sono stati i lavori pubblicati da Vittorio Catani nel corso degli anni, parallelamente al suo lavoro di funzionario di banca e anche successivamente: dai racconti apparsi su riviste specializzate, periodici e quotidiani, come Oltre il Cielo, Urania, Galaxy, Galassia, Robot, Nova Sf*, Futuro Europa, MacWorld, l’Unità, La Gazzetta del Mezzogiorno, ai romanzi come Breve eternità felice di Vikkor Thalimon (edito nel 1972 per La Tribuna), Gli Universi di Moras (pubblicato con Mondadori nel 1990 per la collana Urania e vincitore della 1a edizione del Premio Urania) o Il quinto principio (uscito nel 2009 sempre nella collana Urania di Mondadori). È stato autore anche di alcuni saggi sulla fantascienza come Il gioco dei mondi (1985), Cronache dal futuro(1995), Vengo solo se parlate di “Ufi” (2004), Mi sono perso col cosmo tra le mani (2008). Tradotto in otto Paesi, ha vinto per 17 volte l’annuale Premio Italia per la fantascienza, organizzato dalla sezione italiana della WorldSF.
Frequentatore della Rete fin dalla prima ora, Vittorio Catani ha collaborato anche con riviste telematiche come Carmilla on line, per la quale ha curato l’antologia-supplemento Il futuro nel sangue (R&D 1994), e Fantascienza.com sul cui sito ha tenuto un blog personale intitolato Vikkor, dal nome di uno dei suoi personaggi. Ed è proprio pubblicando un testo estratto dal suo blog che ci piace rendergli omaggio: si tratta del breve scritto Due o tre cose che so di me, con cui nel 2008 scelse di raccontarsi al pubblico della Rete in modo semplice e diretto.
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Due o tre cose che so di me
di Vittorio Catani
Salve! Benvenuti in questo blog. Benché io frequenti Internet da oltre un decennio, non ho mai avuto un mio sito e sono al mio esordio quale blogger (…). Per me un blog è anche un gioco. Amo il rischio…Racconterò di eventi e pensieri d’ogni genere, quindi indirettamente narrerò anche di me. Ci sarà comunque un fil rouge espresso in modo più o meno palese: la fantascienza. Della quale ho una mia idea abbastanza precisa…
La fantascienza è stata e continua a essere argomento particolarmente importante nella mia vita. Naturalmente mi interesso anche d’altro, ma alla science fiction – per usare il termine originale – ho dedicato almeno altrettanto tempo di quanto ne abbia dedicato all’attività che mi ha permesso di campare.
Vivo a Bari dal 1955. Sono nato a Lecce nel 1940, da madre calabrese e padre umbro. Dopo pochi mesi i miei dovettero traslocare a Francavilla Fontana, nel brindisino. C’era la guerra, mio padre era nella Guardia di Finanza e soggetto a frequenti trasferimenti (poi anche Brindisi, Bari, Monopoli, nuovamente Bari). Dunque sono un “pugliese per caso”, una specie di apolide in patria. Per questi motivi, pur sentendomi molto legato alla terra di Puglia – bella e molto varia, con il verde paesaggio collinare delle Murge, pianure e campagne vaste, coste sabbiose o rocciose, mare da ogni lato – non mi sono mai realmente ancorato a una comunità, a un dialetto, un campanile. Questo però mi ha insegnato a ritrovarmi di casa ovunque. Perfino negli spazi interplanetari…
Su Topolino – era la seconda metà degli anni ‘40, credo: il formato del periodico era tipo tabloid – apparve una coloratissima storia a puntate: Satana dell’Universo, con astronavi, marziani verdi dalle orecchie appuntite pre-Spock in visita sulla Terra, scienziati pazzi che spostavano pianeti dalle orbite…Fu subito passione, anzi virus incurabile. Pochi anni più tardi nelle edicole apparve Urania, che accolsi come un dono dal cielo, anzi dallo spazio (o forse dall’iperspazio). Chi può dimenticare certe sensazioni? La mia prima lettura di autentica science fiction fu il romanzo La Legione dello spazio di Jack Williamson, 1952, che mi provocò uno tsunami interiore. Verso i quindici anni (1955) volli provare a scriverle da me, le storie. Ma il mio primo racconto pubblicato apparve nel luglio 1962 su Galaxy, edizione italiana dell’omonima rivista statunitense. E fu l’avvio.
(…) Nella mia fantascienza è molto presente il panorama pugliese (a volte trasfigurato in modo… extraterrestre); come pure tematiche etiche, sociali, sessuali, politiche. Dunque una prima cosa so di me: che mi piace leggere, quindi anche scrivere, una fantascienza di questo tipo (che chissà, forse potrebbe interessare anche lettori finora rimasti lontani da questo genere narrativo perché ne conoscono, magari tramite cinema e tv, solo l’aspetto superficiale, fracassone, raccontaballe e ripetitivo. Tuttavia, benché come autore io propenda per una fantascienza che alcuni hanno definito “sociologica”, apprezzo molto la science fiction puramente avventurosa, se ben scritta. L’avventura – ma questo termine può associarsi a pagine e stili diversissimi – è la madre della Letteratura. Se per avventura si intende pura “azione”, di questo genere ho prodotto poco o nulla.
Una seconda cosa so bene di me: non è stata certo la science fiction a darmi da vivere. Ero diciottenne allorché, nel 1959, fui assunto dalla Banca Commerciale Italiana (poi confluita e vaporizzatasi nella Banca Intesa a sua volta poi trasmutata nel Banco di Napoli): garantisco che a quei tempi lavorare in un istituto di credito di rilevanza nazionale quale la “Comit” era un’esperienza scioccante, una “istituzione totale” di cui oggi non si può avere idea. Potrei raccontare di numerosi 31 dicembre trascorsi in ufficio con la bottiglia di spumante a mezzanotte e rientro anche l’1 gennaio; dirvi di un lavoro congestionato che richiedeva la continua massima attenzione, non consentiva una minima pausa – tranne l’ora dei pasti – dalla mattina alla sera; di intere estati trascorse in ufficio fino alle ore venti e talora alle ventidue (magari senza corresponsione dello straordinario); di ferie godute per anni solo a febbraio e novembre. Insomma potrei parlarvi di una gioventù non vissuta. E di un’organizzazione del lavoro gerarchica, rigida, punitiva, da far invidia a una caserma ottocentesca. Sì, potrei parlarvene. Ma poi penso a cosa hanno fatto oggi del “lavoro” e mi dico che ero fortunato senza saperlo…anche se due sciagure, unite, non si elidono a vicenda, anzi si sommano. Di una cosa sono felice: sul lavoro e con i miei superiori, non sono mai sceso a compromessi. Pagandone i relativi costi, ma va bene così.
Da fine anni ‘70 fino al pensionamento (31 dicembre 1995) sono stato direttore d’agenzie di città a Bari. Amici o clienti al corrente della mia collaterale passione fantascientifica mi chiedevano come potessi conciliare attività bancaria e fanta-immaginazione. In effetti far coesistere questi due mondi mi ha fatto rischiare dissociazioni mentali, ma sono sopravvissuto, anzi ne ho ricavato forza per stringere i denti. Alla fantascienza dedicavo i sabati, le festività, le ferie, certe notti, le convalescenze. E d’altronde alcune operazioni bancarie d’una certa caratura, e con certi personaggi, cui avevo ventura d’essere spettatore, avevano molto di fantascientifico. Anche se era “nulla” rispetto a cosa accade oggi nelle grandi banche (crisi in atto docet).
Sposato, poi separato e divorziato, ho due figli: Mara (architetto) e Italo (ragioniere). Vivo con Elisa, poetessa. Di solito è lei il primo giudice dei miei scritti. Per esperienza diretta so che è importantissimo, per l’autore d’un genere “controverso” qual è ancora la fantascienza, avere una compagna in consonanza. Potrei dirvi di matrimoni falliti, di intere famiglie distrutte a causa della fantascienza! Ecco una terza cosa che so di me: ho la fortuna di aver incontrato Elisa…
Testo estratto da Vikkor – Fantascienza.com
Vi segnaliamo la bibliografia italiana di Vittorio Catani redatta dal Catalogo Vegetti della Letteratura Fantastica.