La Madonna della Grotta di Bombile di Ardore. Un capolavoro di Antonello Gagini attraverso storia arte e devozione
di Redazione FdS
Continua l’opera di valorizzazione del Rinascimento d’Aspromonte, un progetto ormai divenuto corale, grazie anche all’impegno del FAI Calabria. Si svolgerà , infatti, domenica 4 Dicembre 2022, un evento decisamente suggestivo, certamente da non perdere. Alle ore 10.00, presso la chiesa dello Spirito Santo di Bombile di Ardore (Reggio Calabria), lo storico dell’arte Pasquale Faenza illustrerà lo straordinario capolavoro di Antonello Gagini miracolosamente salvatosi dal crollo del 28 maggio 2004, che distrusse l’antico santuario della Madonna della Grotta di Bombile, all’interno del quale, fin dal 1509, era collocata la bellissima statua in marmo di Carrara della Madonna titolare del luogo sacro. L’incontro vedrà la partecipazione dei fedeli, dei pellegrini dell’intero comprensorio, del coro della parrocchia di Bombile, da sempre al fianco di questo splendido simulacro mariano, trasportato nella chiesa dello Spirito Santo nel 2007.
L’evento, organizzato dalla Delegazione FAI della Locride e della Piana, punta non soltanto a far conoscere una delle opere più suggestive di Antonello Gagini in Calabria, ma vuole valorizzare anche lo straordinario patrimonio immateriale, carico di devozione polare, che ruota attorno alla candida statua, commissionata nei primi anni del Cinquecento dai monaci dell’Ordine Agostiniano.
Il santuario della Madonna della Grotta era stato ingrandito, o molto più probabilmente realizzato, nel 1508, all’indomani dell’insediamento, nella “Timpa di Bonbili”, del frate Jacopo da Tropea, seguace del beato Francesco Marino da Zumpano (1455-1519), promotore in Calabria della riforma dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino. L’obiettivo di Francesco Marino era quello di risollevare le sorti degli Agostiniani dalla decadenza morale in cui era sprofondato da tempo, istituendo delle congregazioni dipendenti direttamente dal priore generale. In Calabria queste comunità religiose, chiamate Zumpani, furono approvate già nel 1509 dal priore generale Egidio da Viterbo. L’affiliazione all’Ordine e gli statuti della congregazione furono confermati dal pontefice Paolo III, con il breve Pastoralis officii del 2 gennaio 1539. L’opera di Francesco Marino da Zumpano partì dai conventi di Aprigliano (1490), Soverato (1490), Nocera (1500), Francavilla (1502), Bombile (1506). Da allora la Congregazione, detta anche “di Calabria”, si diffuse in tutta la Regione, in modo particolare nella diocesi di Gerace. Nel 1530 gli Agostiniani zumpani si stanziarono, infatti a a Castelvetere; seguì Bruzzano, nel 1544, Gioiosa, nel 1569 e Bovalino nel 1617.
Bombile fu dunque tra le prime localitĂ calabresi ad ospitare il nuovo ordine riformato, grazie anche al consenso del vescovo di allora Giacomo Cochilles, che permise a Jacopo da Tropea, di scavare nel 1506 la grotta dove stanziare e dove costruire la “Ecclesia di Sancta Maria della Grutta”. Un santuario quindi che nacque nel segno di una riforma sincera, carica di devozione, genuina, fedele agli insegnamenti di Sant’Agostino e ai suoi ideali, incentrati sull’amore verso gli altri, sull’affetto, sulla correttezza, sul fascino della bellezza, qualitĂ che lo stesso vescovo di Ippona estendeva anche alla musica. “Qui cantat, bis orat – Chi canta prega due volte” scriveva infatti Sant’Agostino alla fine del IV secolo, nelle sue Confessioni. Ed è proprio il canto dei fedeli a restituire tutta la storia del Santuario di Bombile, le affascinati vicende degli agostiniani zumpanesi, l’immensa devozione nei confronti della Vergine, la persuasiva magnificenza della statua di Antonello Gagini.
L’opera era stata con molto probabilità commissionata, subito dopo il 1508, quando fu concesso a frate Jacopo da Tropea di scavare sacro edificio di Bombile. A quel tempo Antonello Gagini era in procinto di lasciare Messina alla volta di Palermo, dove installò la sua bottega per portare a termine la tribuna della cattedrale di Palermo. A Messina aveva avuto modo di far conoscere la sua arte, di stampo decisamente innovativo nell’ambiente artistico presente alla fine del XV secolo nelle due regioni divise dallo Stretto. L’origine di questo nuovo linguaggio stilistico si deve riconoscere nel possibile apprendistato che Antonello Gagini dovette fare presso la bottega di Benedetto da Maiano, forse nella stessa Firenze o presumibilmente a Napoli, dove lo scultore fiorentino aveva soggiornato durante gli ultimi anni della sua vita. Fu a Napoli che Benedetto da Maiano ebbe modo di conoscere Marino Correale, viceré della Calabria Ulteriore, nonché maggiordomo di Giovanna d’Aragona, consorte del Re di Napoli, Ferrante I. Per Correale Benedetto da Maiano realizzò a partire dal 1489, due monumenti funerari: uno destinato alla chiesa di Santa Maria Oliveto a Napoli, l’altro per la chiesa dei Celestini a Terranova in Calabria. Proprio la Madonna che decorava quest’ultimo monumento, dalla struttura tripartita, divenne modello indiscusso della produzione di Antonello Gagini, replicata più volte fin dall’inizio della sua carriera nella città di Messina, dove lo scultore aprì bottega insieme al fratello Giovannello.
Figlio Domenico Gagini, scultore ticinese trapianto in Sicilia nel 1463, Antonello Gagini era nato a Palermo nel 1479. Dopo la morte del padre (1492), l’artista giudò probabilmente l’impresa familiare mitigando i caratteri più severi dell’arte paterna, attraverso lo studio diretto delle maniere di Francesco Laurana e delle opere dei Della Robbia che circolavano in Sicilia. Tuttavia la naturalezza con cui Antonello Gagini riuscì ad emulare i modelli di Benedetto da Maiano ha fatto supporre un apprendistato nella sua bottega fiorentina. Fino al 1508 lo scultore, gestì la sua bottega messinesi, commercializzando anche marmi, non senza fare investimenti in panni piemontesi, da rivendere poi sulle piazze calabresi. A Messina sposò Caterina di Blasco, da cui nacquero i figli Giandomenico e Antonino destinati ad una lunga carriera artistica. Alla sua prima opera documentata, la Madonna della Grazia per la chiesa madre di Bordonaro, nei pressi di Messina, del 1498 seguirà un numero considerevole di commissioni per tutta la Sicilia, la Calabria e persino Malta, lavorando soprattutto per i Minori Osservanti.
Tra le prime opere attribuite al maestro che si conservano nella Calabria meridionale troviamo il gruppo scultoreo dell’Annunciazione, oggi nella chiesa di San Teodoro Martire di Bagaladi, commissionato nel 1504 dal prete greco Jacopo Verduci, e la Madonna dell’Alica, a Pietrapennata di Palizzi, realizzata per conto di Antonello Ruffo, signore di Palizzi e Brancaleone. La mancanza di notizie fino al 1506, lascia pensare ad un viaggio a Roma, testimoniato da fonti tarde che lo ricordano accanto a Michelangelo Buonarroti nella Tomba di Giulio II. Il cantiere palermitano non gli impedì di portare a termine contemporaneamente numerose opere, alcune delle quali conservate in Calabria, come ad esempio la Madonna degli Angeli di Seminara, la Madonna del Pilerio della Chiesa di S. M. delle Grazie a Sinopoli Superiore, commissionata da Giovanni Ruffo nel 1508 e la coeva Madonna del Popolo della Chiesa di S. M. Assunta, nella frazione reggina di Arasì, in cui maggiore sembra essere l’apporto della bottega.
Dell’anno successivo è la statua in marmo bianco di Carrara della Madonna della Grotta, ritenuta dalla critica specialistica opera autografa di Antonello Gagini. La statua di Bombile perpetua il consueto modello maianesco di Terranova Sappo Minulio, sebbene risolto con una maggiore autonomia nell’ articolazione dei panneggi e nell’espansione dei volumi, circostanza quest’ultima che conferisce al volto della Vergine un’aurea di sacralitĂ che non trova uguali nella restante produzione di Antonello Gagini.
I rapporti tra Antonello Gagini e gli eremitani zumpani di Sant’Agostino, committenti della scultura di Bombile, dovettero essere particolarmente intensi. Sappiamo infatti che nel 1521 i zumpani avrebbero accolto nella loro sede di Petrizzi, la PietĂ dello stesso Antonello, attualmente a Soverato. Attraverso la stessa congregazione lo scultore sarebbe entrato in contatto con l’abate di Santa Maria de Crochi di Gerace, Tommaso Mercurio, che commissionò il rilievo dell’IncredulitĂ di San Tommaso della Cattedrale di Gerace del 1531, il pezzo piĂą tardo della sua arte che l’Aspromonte conservi. L’artista morì infatti nell’aprile 1536, dopo aver lasciato alla seconda moglie Antonina Valena e ai figli del primo e del secondo matrimonio, (Giacomo, Fazio e Vicenzo) due botteghe ben avviate. La storia dell’arte lo ricorda tra i piĂą grandi scultori del Rinascimento, divulgatore instancabile dei linguaggi figurativi toscani nelle terre piĂą meridionali del Regno di Napoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA