di Enzo Garofalo
Classe 1971, è uno dei rappresentanti di quella Calabria giovane, attiva e pragmatica, aperta all’innovazione e allergica ai bassi giochi di potere che ne hanno massacrato territorio e tessuto economico-sociale; una Calabria che i media nazionali frequentano poco e che farebbero bene ad approfondire perché è in essa che si annida l’unico seme vitale della svolta per una terra che molti considerano sempre e soltanto sinonimo di ‘ndrangheta, mala politica, degrado sociale. Lui è Florindo Rubbettino, professione editore, erede e amministratore, insieme al fratello Marco, di un’azienda fra le più importanti del settore nel Mezzogiorno, non solo per fatturato, ma anche e soprattutto per il valore sociale attribuito alla lettura e alla cultura, come peraltro traspare dalla ricchezza, varietà e modernità delle sue collane. Laureato in Scienze Politiche alla LUISS di Roma con una tesi in Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa, Rubbettino è anche docente di Editing presso il Corso di Laurea di Scienze della Comunicazione all’Università del Molise. Per alcuni anni è stato direttore di QualeImpresa, rivista nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria, e Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Calabria.
Lo abbiamo incontrato di recente nella sede della sua azienda a Soveria Mannelli, un paesino di poco più di 3 mila abitanti fra i monti della Sila Piccola catanzarese, uno di quei luoghi dove solo un imprenditore determinato e visionario come suo padre Rosario (scomparso prematuramente nel 2000) poteva pensare di impiantare una casa editrice; un atto di coraggio tanto più apprezzabile in un’Italia clamorosamente restìa alla lettura (tendenza nefasta confermata dall’ultimo annuario statistico dell’Istat secondo il quale nel 2015 oltre la metà della popolazione non ha mai sfogliato un quotidiano e sei persone su dieci non hanno letto nemmeno un libro).
RUBBETTINO EDITORE: STORIA DI UNA GRANDE SFIDA
Prima di scambiare qualche battuta con Florindo Rubbettino, ci piace ricordare la nascita di un’impresa pluripremiata sorta dalla passione di Rosario, ventenne di umili origini che dopo la maturità decide di dare espressione al suo amore per i libri aprendo una libreria nel 1965. Nel 1972 è la volta di una piccola tipografia, mentre nel 1973 ha luogo il suo esordio come editore con la pubblicazione di un saggio filosofico su Ernst Kassirer e Karl Mannheim. E’ stato questo lo start di un percorso che avrebbe portato quella piccola tipografia a diventare uno stabilimento di 10 mila m² dotato di macchinari avanzatissimi e di uno staff tecnico e dirigenziale aperto alle sfide della modernità, in particolare al confronto con i nuovi media. Uno spazio nel quale si avverte la passione per il proprio lavoro, vissuto con l’ammirevole intento di stabilire quotidianamente ponti con la società civile, instaurando rapporti con i ragazzi delle scuole oppure con giovani e innovative realtà imprenditoriali che trovano in Rubbettino un ‘’mentore’’ in grado di elargire preziosi consigli.
Oltre ad essere una moderna azienda tipografica che offre servizi di stampa a molte altre case editrici italiane, oggi la Rubbettino può vantare un catalogo di circa 6.500 titoli e una produzione annua di circa 400 novità. L’attenta scelta delle tematiche trattate e dei relativi autori le ha permesso di diventare un importante punto di riferimento nazionale per la saggistica in materia di economia, politica e scienze sociali. In particolare grazie ad un gruppo di intellettuali come Dario Antiseri, Lorenzo Infantino, Massimo Baldini e Sergio Ricossa, ha dato vita a “Biblioteca austriaca” una collana di successo che ha tradotto classici del pensiero austriaco liberale, talora inediti nel nostro Paese, e ciò con l’obiettivo di favorire il dibattito intorno ai temi del liberalismo, e quindi delle dinamiche della società aperta, dell’economia di mercato, dell’innovativo spirito imprenditoriale.
Fra i nomi noti che hanno pubblicato o pubblicano saggi con Rubbettino si possono ricordare quelli di Pino Arlacchi, Emanuele Macaluso, Leonardo Sciascia, Elémire Zolla e Gianni Vattimo, solo per citarne alcuni. Ricco anche il catalogo di narrativa, fra i cui numerosi titoli ricordiamo il recente clamoroso successo di Anime Nere dello scrittore calabrese Gioacchino Criaco, portato sullo schermo dal premiatissimo regista Francesco Munzi. Fin dagli esordi la casa editrice ha inoltre riservato uno spazio importante alle opere dedicate alla Calabria e al Mezzogiorno, facendo fra l’altro riscoprire tante significative pagine di storia e letteratura legate al territorio come quelle, molto suggestive, dedicate al viaggio (tra le diverse collane sul tema si può ricordare Viaggio in Calabria, diretta da Vittorio Cappelli, che raccoglie le cronache e i diari più interessanti redatti da viaggiatori italiani e stranieri di ogni epoca che hanno visitato la regione narrandone i luoghi, i paesaggi, la gente e le tradizioni). Proprio in virtù di uno sguardo sempre aperto sulla società civile e legato all’idea che i libri e la cultura ne siano valori fondanti, Rubbettino ha lanciato dal 2010 l’iniziativa “Non bacio le mani” con una collana e un sito internet dedicati al tema delle lotta alle mafie: autori come Enzo Ciconte, Piergiorgio Morosini, Salvo Vitale, e altri, propongono titoli la cui lettura si offre come strumento per conoscere e contrastare i fenomeni mafiosi, purtroppo ancora presenti in Calabria e nel resto del Sud.
E’ dunque questa, in estrema sintesi, la fisionomia di una casa editrice che è riuscita a trasformare in un valore la propria posizione di marginalità geografica entrando da protagonista nel dibattito incentrato sulla libertà e sul pluralismo delle idee. Ma la vivace attività della casa editrice non si ferma ai libri: dal 2006 il suo forte legame con il territorio ha spinto Rubbettino a dar vita a ‘La rosa nel bicchiere’ un’azienda agricola e agrituristica immersa in un bellissimo paesaggio, volta a recuperare e a riproporre ai visitatori i valori della civiltà contadina calabrese di un tempo.
CONVERSAZIONE CON FLORINDO RUBBETTINO
Economia, politica, scienze sociali, storia…con una particolare attenzione ai classici del pensiero liberale. Sono questi soprattutto gli ambiti tematici per i quali Rubbettino è diventata un punto di riferimento. Quale tipo di riflessione ha guidato tale vostra scelta editoriale?
All’inizio di questa scelta vi è stato un incontro con un gruppo di studiosi della metodologia delle Scienze Sociali che orbitava intorno alla LUISS. Da qui è partito un interesse crescente sia per l’ambito tematico in sé, sia per i classici del pensiero liberale che quando cominciarono a popolare il catalogo Rubbettino rappresentavano degli illustri “fuorilegge” per la cultura italiana avviluppata intorno all’egemonia culturale della sinistra. Da qui e dalla collaborazione con studiosi e think tank operanti su tutto il territorio nazionale e, spesso, anche europeo è nata questa specificità della Rubbettino che con il tempo è diventata anche un suo punto di forza.
Quanto deve in concreto la Calabria alla Rubbettino in termini di conoscenza del proprio patrimonio storico-culturale? La mia personale impressione è che prima dell’inizio della vostra intensa attività di recupero di autori e testi oltre che del lancio di nuovi autori, sembrava quasi che in questa regione ci fosse il deserto…
La Calabria deve la scarsa conoscenza a livello nazionale del suo patrimonio artistico, letterario e culturale in genere al fatto che, fino a pochi decenni fa, non vi era un’università. Non vi era dunque un luogo, un laboratorio, che favorisse lo studio della cultura locale, sebbene spesso chi aveva contribuito con la sua opera al patrimonio culturale calabrese avesse avuto orizzonti ben più ampi della sola striscia di terra compresa tra lo Stretto e il Pollino. Rubbettino ha avuto il merito, anche in collaborazione con l’Università, di rappresentare presto una vera e propria istituzione culturale che nel tempo ha saputo promuovere (talvolta con scelte coraggiose, in una regione agli ultimi posti in quanto a vendite di libri) autori, studi e opere talvolta anche di notevole interesse che erano finite per cadere nell’oblio.
Dai libri all’informazione quotidiana e periodica, oggi si parla frequentemente di crisi dell’editoria. Che tipo di quadro emerge dall’osservatorio della Rubbettino?
Sicuramente i consumi culturali sono crollati e la crisi dell’editoria non risparmia di certo neppure noi. La sensazione è che tuttavia il problema non sia una questione contingente legata solo alla crisi economica. Ad essere messo in discussione è forse il libro come unico strumento di trasmissione e conservazione del sapere.
È notorio che l’Italia è uno dei paesi dove si legge di meno. Al di là della crisi contingente, quali scelte di politica culturale ritiene che non siano state fatte per stimolare la lettura negli italiani, soprattutto nei giovani? E se dovesse suggerire dei rimedi, cosa proporrebbe?
Sicuramente servono più luoghi di promozione della lettura specie tra i giovani. Le regioni dove si legge di meno sono anche quelle dove ci sono meno biblioteche. La cultura peraltro segue dei modelli di concorrenza peculiari. I vari consumi culturali, pur fronteggiandosi sul terreno della conquista del tempo libero disponibile, finiscono per sostenersi l’un altro: più mostre, più teatro, più eventi culturali equivalgono a più libri letti. La curiosità intellettuale va fatta crescere. Ecco forse il rimedio potrebbe essere quello di favorire i consumi culturali laddove non vi sono possibilità (come in molte regioni del Sud) e, soprattutto, far sì che il mondo della scuola si apra sempre di più (ma ci sono già tanti e proficui esempi) al mondo della cultura contemporanea, affiancando ai programmi tradizionali iniziative che facciano assaporare ai giovani la passione per il mondo della lettura e della cultura contemporanea.
Come vede il fenomeno degli e-book? Minacciano realmente, a suo avviso, di rimpiazzare il libro cartaceo? In America occupano il 20% del mercato…Qual è l’entità del settore oggi in Italia?
Il fenomeno della lettura digitale che sembrava all’inizio seguire una strada di trionfi già tracciata sta conoscendo, per la verità, una battuta d’arresto, specie in America. In Italia non è mai decollato ma si è sempre mantenuto in percentuali inferiori al 3%. Penso che in larga misura conti un certo feticismo che i lettori forti continuano a nutrire verso il libro di carta e soprattutto il fatto che, comunque, il libro di carta così come lo conosciamo continua a rappresentare il migliore device per la lettura. Prendere appunti su un tablet e ancor più su di un e-reader è spesso difficile e snervante… un’operazione elementare come sottolineare un periodo può diventare complicata…ritrovare, sfogliando un libro, un passaggio che si era letto addirittura quasi impossibile. Tuttavia ciò non toglie che la lettura digitale abbia dal suo canto molti punti di forza, non ultima la questione dell’accessibilità per le persone con disabilità visiva…
Quindi quali prospettive intravede rispetto all’utilizzo dei nuovi supporti tecnologici?
Io penso che, come avvenuto in molti altri campi della comunicazione, le due forme, cartacea e digitale, non si autoescludano ma si integrino. È sicuramente molto comodo portarsi in vacanza un e-reader con i tre o quattro libri che si desidera leggere durante quei giorni, ma è altrettanto comodo leggere in poltrona il libro di carta. Vi sono poi libri che per la loro natura si prestano maggiormente a un consumo su dispositivi digitali, penso per esempio ai dizionari, alle enciclopedie e ai vari reference books. Oppure libri che potremmo definire “morbidi” come i gialli seriali, i romanzi rosa…letture di evasione e intrattenimento che, di certo, nessuno di noi farebbe a gara per averli in bella mostra sugli scaffali della propria biblioteca. Ciò non vuol certo dire che siano libri di dignità inferiore. Rispondono a un bisogno di lettura che ognuno di noi può avere, tuttavia non sono libri che generalmente si ha il desiderio o il bisogno di consultare spesso e per i quali, in genere, si è disposti a spendere poco. Finora l’editoria tradizionale ha soddisfatto questo bisogno di lettura producendo tascabili molto economici dal punto di vista della veste grafica e tipografica. Oggi l’ebook consente di produrre libri di questo genere con un’ottima leggibilità ma che allo stesso tempo, risparmiando sui costi di stampa, mantengono un prezzo di copertina mediamente basso.
Come sta affrontando la Rubbettino l’avvento ormai conclamato dell’era “digitalozoica”?
Noi siamo convinti che un editore non sia un produttore di “libri”, intesi come unità inscindibile di carta e parole, ma sia un produttore di contenuti. Grazie a questo stiamo lavorando molto sui nostri contenuti cercando di declinarli in varie forme, dalla carta alle app, agli ebook, al web.
Impresa editoriale: missione o semplicemente una professione con sue regole particolari?
Non credo che chi faccia l’editore sia investito da un mandato “divino”. L’editoria è una professione (o un “mestiere”, è difficile distinguere i confini) che certo ha ricadute sociali importanti (ma le hanno anche l’insegnamento, o la professione medica o decine di altri “mestieri” e professioni) ma rimane un lavoro. La “missione” non sta nel tipo di lavoro che facciamo ma nel modo in cui lo facciamo e nell’attenzione che dedichiamo al contributo che il nostro operare apporta alla comunità.