di Kasia Burney Gargiulo
Dopo le nuove informazioni circolate ieri in merito alla vicenda del villaggio neolitico del V-IV millennio a.C. che sarebbe stato spianato a Palese (Bari) dalle ruspe della ditta che punta a costruire sullo stesso terreno una decina di villette a schiera, torna ad esplodere la rabbia dei cittadini esacerbati dal disinteresse delle istituzioni per quello che – a detta di alcuni autorevoli studiosi – costituiva uno dei siti neolitici di maggior valore mai ritrovati in Italia. Stando all’articolo uscito appunto ieri sulla testata giornalistica pugliese PuntoTV, e da noi ripreso nei suoi contenuti essenziali, sarebbe emerso che il presunto atto distruttivo sul sito archeologico sarebbe avvenuto in assenza sia di una licenza edilizia rilasciata dal Comune di Bari sia di un atto ufficiale con cui la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, presieduta dal dott. Luigi La Rocca, attesti la conclusione delle indagini archeologiche in corso. Sembrerebbe peraltro che la Soprintendenza fosse comunque orientata a ritenere di scarsa rilevanza il sito barese, posizione però non ancora ufficializzata in un atto formale e pertanto non sufficiente a giustificare alcuna iniziativa da parte dei costruttori. Almeno questo emergerebbe da informazioni provenienti, secondo l’articolo di PuntoTV, dallo stesso Comune di Bari.
Sulla scorta di tali notizie trapelate ieri, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Ecomuseale del Nord Barese (formato dal presidente arch. Eugenio Lombardi e dai consiglieri Giovanni Carrassi, Silvio Cellamare, Nicola De Toma, Antonio Gadaleta, Marilena Rodi, Giovanni Vacca), che da mesi si stava battendo per la salvaguardia e l’utilizzo culturale e turistico del sito, ha diffuso ieri un comunicato stampa attraverso il quale manifesta l’intenzione di ricorrere alle vie legali affinché sia fatta chiarezza su tutta la vicenda. Riportiamo di seguito i passaggi salienti della nota:
” (…) in relazione al disastro culturale causato dalla cancellazione del sito neolitico di Palese, inutilmente riconosciuto come raro e dalle straordinarie potenzialità didattiche, economiche e turistiche, si comunica che: 1) non risulta essere stata rilasciata dal Comune di Bari concessione edilizia per la realizzazione di dieci villini, come richiesto nel 2011 dall’Impresa Tatulli di Bitonto in nome e per conto della proprietà; 2) allo stato, non risulta essere stato rilasciato dalla Soprintendenza Regionale ai Beni Archeologici all’Impresa Tatulli, incomprensibilmente essa stessa incaricata dalla Soprintendenza delle indagini archeologiche, nulla osta allo smantellamento di quanto emerso e ai lavori di scavo edificatorio.
A nulla sono serviti gli appelli inviati al Ministro per i Beni Culturali Franceschini, al presidente della Regione Vendola, al Soprintendente Regionale ai Beni Archeologici La Rocca, al sindaco Metropolitano Decaro, al presidente del V Municipio Moretti, al Nucleo per i Beni Culturali dei Carabinieri, affinchè intervenissero a tutela e futura valorizzazione di un bene storico-identitario strategico per la comunità palesina e l’intera città metropolitana di Bari: il silenzio, nonostante l’enorme eco sulla stampa locale e nazionale, è stato totale e anzi, proprio da rappresentanti politico-istituzionali del V Municipio, che avrebbero dovuto più di altri intervenire per quanto veniva sempre più pressantemente denunciato, sono giunti diretti attacchi (…) all’indirizzo del presidente dell’Associazione Ecomuseale, colpevole di un impegno estremo teso a rendere la popolazione cosciente del grande valore emerso dagli scavi e dei crescenti rischi di perderlo.
Nel comunicare la preparazione di una nuova assemblea cittadina e di una formale denuncia alla Procura della Repubblica per l’estrema gravità degli accadimenti, l’Associazione Ecomuseale del Nord Barese chiede che i responsabili delle colpevoli inadempienze, che hanno causato un danno incalcolabile in termini di ricadute culturali, didattiche, turistiche e occupazionali, si scusino pubblicamente con la Comunità tutta. E si scusino con l’arch. Eugenio Lombardi, traendone le opportune conseguenze, coloro che lo hanno volutamente colpito per zittire una voce costruttivamente critica e subordinare al controllo politico e di interessi privati le attività ecomuseali.”
Come si evince dal comunicato, i rappresentanti dell’associazione barese parlano chiaramente di “cancellazione” del sito archeologico e non, come invece apparso ieri su molti articoli di stampa, di una semplice ”ricopertura” dell’area di scavo con terreno di riporto. C’è una abissale differenza fra le due ipotesi. E a quali conseguenze – ove materialmente accertata – possa portare la presunta avvenuta distruzione del sito, lo sapremo forse nei prossimi giorni. Intanto sarebbe auspicabile che la Soprintendenza pugliese o il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali procedessero ad effettuare un’ispezione per conoscere il reale stato dei luoghi.