Secondo Spagnolo, ove utilizzato col giusto anticipo, il noto anticoagulante può prevenire il rischio di embolia polmonare acuta provocata dal virus e considerabile la vera causa di morte da Covid19
di Redazione FdS
Se ne parla da giorni grazie agli echi provenienti da ospedali e cliniche universitarie intenti a formularne protocolli di somministrazione ai pazienti affetti da Covid19, ma l’intuizione circa l’efficace uso preventivo-terapeutico dell’eparina, notissimo farmaco anticoagulante, è ancora avvolta in un clima di estrema cautela, che stride con la sicurezza mostrata invece dal suo autore. Parliamo del prof. Salvatore Spagnolo, calabrese di Simeri Crichi (Catanzaro), classe 1959, uno dei massimi esperti di embolia polmonare, già primario di cardiochirurgia del Policlinico di Monza e oggi corresponsabile dell’Istituto Clinico Ligure di Alta Specialità Cardiochirurgia di Rapallo (Genova). In merito all’eparina, va subito chiarito che questo anticoagulante è usato da anni per una serie di patologie e che la sua somministrazione è da effettuarsi sotto stretto controllo medico* dato che in alcuni casi può produrre gravi effetti collaterali.
Prima di esporre i contenuti della sua intuizione, è opportuno soffermarsi sulle credenziali del prof. Spagnolo: cardiochirurgo di fama internazionale, ha al suo attivo oltre 35 mila interventi di cardiochirurgia; è ideatore della tecnica di inversione della circolazione del sangue nelle arterie polmonari detta Retrograde pulmonary perfusion per il trattamento dell’embolia polmonare massiva che, prima di tale innovazione, aveva esito quasi sempre fatale; è ideatore di una nuova tecnica chirurgica per il trattamento degli aneurismi della radice aortica e dell’aorta ascendente; nel 1986 è stato il primo a sostituire l’arco aortico in età pediatrica, intervento per il quale gli fu conferito, dal Presidente della Repubblica, il Premio I Numeri Uno; nel 1990 ha introdotto la microchirurgia nell’intervento di bypass coronarico, utilizzando il microscopio operatore, per migliorare la percentuale di pervietà dei bypass con vena safena; nel 2016 ha ricostruito interamente la coronaria discendente anteriore in una paziente (considerata inoperabile) con arterite coronarica diffusa (arterite di Takayasu); è autore di oltre 120 pubblicazioni scientifiche.
Ebbene, fino a due mesi fa – come egli stesso ha spiegato nei giorni scorsi in un’intervista via Skype all’emittente VideoCalabria – si è sempre parlato della grave polmonite interstiziale che in molti casi ha provocato il decesso dei pazienti affetti da Covid19, ma l’ipotesi che questi potessero essere colpiti da embolia polmonare acuta – patologia provocata dalla formazione di coaguli in grado di ostruire i vasi sanguigni dei polmoni, impendo quindi il vitale scambio di ossigeno – era del tutto ignota. Specilista in materia di embolia polmonare acuta massiva, il prof. Spagnolo spiega come questa patologia molte volte risulti “resistente a tutto provocando una morte certa, a meno che il paziente non sia portato in sala operatoria allo scopo di togliergli i coaguli dal polmone consentendogli di superare la sua problematica”. Quando invece ci troviamo di fronte a una normale bronco-polmonite, “per quanto grave essa sia – aggiunge Spagnolo – i pazienti non muoiono nell’arco di dieci giorni e senza la possibilità di tentare un adeguato soccorso; da qui la mia ipotesi che i malati di Covid19 possano sviluppare una embolia polmonare, vale a dire che possano venire a crearsi dei trombi nei loro polmoni in grado di impedire la circolazione il sangue, provocandone la morte.”
“Naturalmente – ha tenuto a precisare Spagnolo – formulare un’ipotesi è una cosa, dimostrarla è ben altra cosa. Per cui ho deciso di andare alla base del problema, interrogandomi su come agisca questo tipo di virus. Questo studio mi ha permesso di chiarire il meccanismo della trombosi nei pazienti Covid. Il virus, per via di certe sue caratteristiche strutturali, una volta entrato a contatto col sangue ha la capacità di provocarne la coagulazione. Tramite le vie respiratorie arriva infatti fin negli alveoli polmonari, quindi nei capillari e lì fa coagulare il sangue. Quindi questo virus produce due effetti, quello della coagulazione e quello dell’infiammazione. Finora era conosciuto il processo infiammatorio, però ho intuito che la polmonite che si accompagnava ad un decorso clinico così gravoso doveva avere per forza qualche altra importante implicazione.”
A questo punto il prof. Spagnolo contatta diversi medici rianimatori, quotidianamente alle prese con i pazienti Covid, e da loro apprende come la patologia presenti effettivamente un decorso strano e come sia le radiografie del torace sia le TAC facciano effettivamente supporre che ci possano essere dei coaguli nei polmoni. Ecco perché da un mese circa – dice Spagnolo – “si è iniziato a trattare i pazienti gravi con eparina, nel tentativo di prevenire e, soprattutto, di curare questa eventuale embolia.” Nel frattempo – aggiunge – ”sono arrivate delle conferme enormi grazie ad alcune autopsie effettuate su pazienti Covid a Brescia e a Torino e al fatto che tutti i deceduti sono risultati avere dei coaguli nei polmoni. Quindi la mia ipotesi che la situazione fosse proprio questa, è stata confermata dai dati, e soprattutto è stata confermata dal fatto che è proprio il virus a scatenare questi coaguli, e la coagulazione del sangue vuol dire embolia polmonare, patologia che espone rapidamente il paziente a rischio di morte; situazione questa, ripeto, per nulla rapportabile a una broncopolmonite. Noi di broncopolmoniti che portano a morte in così grave numero e in così poco tempo, non ne abbiamo mai viste.”
Giunto il momento di trarre le conclusioni, il prof. Spagnolo sottolinea come adesso ci siano due elementi ben noti e certi: innanzitutto sappiamo che i pazienti Covid possono sviluppare una embolia polmonare acuta, così come sappiamo che “la terapia per l’embolia polmonare è l’eparina, e ciò almeno quando l’embolia è meno grave, perché quando è grave neanche l’eparina riesce a far nulla. Il fatto che ora somministrino l’eparina a metà percorso, ha cambiato un po’ la tragedia di questa patologia, perché attualmente i pazienti che vanno incontro a morte in poco tempo sono diminuiti di molto; adesso, anche grazie all’AIFA che ha dato il via libera, già quando il paziente viene ospedalizzato si usa l’eparina, ma va detto che a quel punto ci sono già dei coaguli nei polmoni, perché cominciano a formarsi fin da quando il virus entra nel corpo”.
Pertanto – aggiunge Spagnolo – l’ideale sarebbe iniziare a somministrare l’eparina quando il paziente comincia ad avere febbre, sintomo derivante dal fatto che il virus è presente nel sangue, per cui inizia ad avviare i processi di coagulazione, bloccabili solo somministrando l’eparina. “Se noi facciamo questo – spiega – mettiamo in atto una forte azione di contrasto e il virus al massimo può dare una broncopolmonite ma sicuramente non determinerà la malattia mortale che è l’embolia polmonare”. E’ importante quindi che venga accettato questo discorso della terapia precoce, possibilmente già in ambito domiciliare e sotto stretto controllo medico – conclude Spagnolo -, perché se è giusto che questo farmaco non venga dato con facilità in quanto in alcune persone può provocare delle emorragie, è altrettanto vero che di fronte alla gravità di una patologia potenzialmente mortale come il Covid19, “la si dovrebbe dare con il dovuto anticipo, così come facciamo quando abbiamo un paziente con una tromboflebite a una gamba e dobbiamo evitare che sviluppi dei coaguli. Nel caso del Covid ci troviamo di fronte alla necessità di evitare la morte del paziente, quindi penso che non ci sia spazio per discussioni”.
Intanto l’americana Scientific Research and Community, nota rivista di ricerca cardiologica, ha dato ampio spazio, nell’edizione di lunedì 13 aprile 2020, alla tesi del professore Salvatore Spagnolo volta a promuovere un utilizzo precoce dell’eparina come strumento per contrastare le più deleterie conseguenze del Covid19.
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*Si raccomanda vivamente ai lettori di evitare terapie “fai da te”, essendo l’eparina un farmaco efficace solo in determinati dosaggi e da somministrare solo sotto stretto controllo medico.