di Redazione FdS
Le tante varietà di grano duro come il Simeto, l’Appulo, l’Arcangelo, il Duilio, materie prime che hanno costituito l’elemento base del pane d’Altamura, l’unico in Italia ad avere ottenuto il marchio DOP dall’Europa. E poi lo storico grano Senatore Cappelli, dalle alte spighe, quello che falciava il Duce nelle foto di propagande del Ventennio, ma anche il nascondiglio dei partigiani e dei fuggitivi in tempo di guerra. E ancora il cece nero di Cassano delle Murge; la lenticchia gigante d’Altamura, verde e saporita; il cece rosso di Gravina di Puglia; la cicerchia dell’Alta Murgia. Semi e sapori che rischiano di sparire per sempre dai nostri campi e dalle nostre tavole, spazzati via dall’industrializzazione via via crescente dell’agricoltura, perché “poco produttivi” per l’industria del cibo, perché fuori taglia per le macchine agricole, perché non uniformi, o soprattutto, perché poco graditi alle multinazionali delle sementi Ogm.
Stiamo parlando, invece, di un patrimonio di straordinario valore da proteggere, al pari di un bene di famiglia, semi che custodiscono un patrimonio genetico antico, serbatoio di biodiversità di specie autoctone e tradizionali, selezionati nei secoli non dalla scienza ma dall’esperienza di mani sapienti, e baluardo contro la standardizzazione del cibo.
L’SOS arriva dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia, il più grande parco rurale d’Italia, al lancio della seconda edizione del Festival della Ruralità organizzato dal Parco in collaborazione con Legambiente, che si apre oggi a Castel del Monte, presentando i primi risultati di una ricerca il cui obiettivo è proprio quello di reperire, attraverso un censimento a tappeto nelle aziende agricole presenti sul territorio del Parco, varietà di specie vegetali autoctone antiche ancora presenti e coltivate “in purezza” dagli agricoltori della zona.
“Il Parco – spiega Cesare Veronico, presidente del Parco Nazionale dell’Alta Murgia – “ha fatto della difesa dell’agricoltura tradizionale una delle sue battaglie più importanti. Siamo il Parco rurale più grande d’Italia, il nostro meraviglioso territorio è segnato sia geograficamente che culturalmente dalle masserie fortificate e per questo abbiamo voluto creare un forte legame con le tante realtà agricole che presidiano il territorio e che oggi vivono il Parco Nazionale come una concreta opportunità e non certo come un vincolo per chi vive con il lavoro della terra.”
Da questo presupposto è partito un lavoro di ricerca per tutelare non solo le bellezze naturali e la biodiversità degli ecosistemi naturali che il Parco custodisce, ma anche e soprattutto per promuovere e valorizzare il patrimonio agricolo, fatto di saperi e tradizioni, e per invertire quella tendenza che stava portando alla scomparsa delle coltivazioni autoctone della Murgia, sostituite dalle colture estensive industrializzate, stando al fianco dei contadini che si stavano “globalizzando”.
“La strada per completare questo percorso – prosegue Veronico – è ancora lunga. I primi dati della ricerca sulle sementi originarie, pur indicando un’inversione di tendenza, ci dicono che molte varietà di grani, ortaggi, legumi sono sull’orlo dell’estinzione. C’è molto lavoro da fare per riportare i contadini a utilizzare sementi tradizionali e far capire che alla lunga è più conveniente proporre sul mercato prodotti dai sapori unici e irripetibili, piuttosto che cibi massificati. Fra l’altro si sta anche dimostrando che le varietà autoctone sono più resistenti alle variazioni di clima, ai parassiti e a tutte quelle patologie che l’agricoltura industriale affronta con un ampio ricorso alla chimica”.
Proprio per caratterizzare questa vocazione di “parco rurale”, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia organizza per il secondo anno consecutivo, in collaborazione con Legambiente, il Festival della Ruralità, che dal 28 maggio fino al 1° giugno proporrà un ricco programma di eventi e incontri itineranti in alcuni scenari caratteristici dell’Alta Murgia come il Castel del Monte di Andria, Cassano Murge, Santeramo in Colle, Ruvo di Puglia e il piccolo comune di Poggiorsini. “Pane e Vino” sarà il tema delle cinque giornate completamente dedicata alla ruralità in tutte le sue declinazioni: cultura del territorio, tutela dell’ambiente e del paesaggio, laboratorio per nuove economie, promozione sociale.