di Redazione FdS
Lo storico dell’arte Keith Sciberras lo ha scelto per la copertina della sua splendida monografia uscita nel 2012, “Mattia Preti: The Triumphant Manner” (MIDSEABOOKS, Malta – ill. a colori, 500 pp.), e non poteva essere altrimenti in un libro che esplora attraverso le opere del pittore calabrese Mattia Preti (1613-1699) i circa quarant’anni da egli vissuti sull’isola di Malta. Malta è infatti il luogo in cui ha trovato espressione tanta parte della sua produzione, sebbene l’artista non abbia mai interrotto il legame con Taverna, il suo piccolo borgo natìo sulle pendici della Sila catanzarese, al quale destinò numerose sue opere ancora oggi visibili nelle locali chiese e nello splendido Museo Civico. Abbiamo voluto ricordare San Giorgio e il drago perchè questo dipinto ha rappresentato per l’artista una delle principali chiavi di accesso agli ambienti maltesi più rilevanti della sua epoca, decretandone il grande successo.
L’opera venne eseguita da Mattia Preti a Napoli su commissione del Gran Maestro dell’Ordine di Malta, tra il 1655 e il 1658. Trasportata a La Valletta, incontrò grande favore e costituì sicuramente una rilevante credenziale per l’artista nell’isola, tanto da fargli ottenere la commissione degli affreschi della volta della Cattedrale. Il pittore, già famoso ed insignito a Roma dell’onorificenza del Cavalierato di Obbedienza, ma desideroso di essere elevato al più rinomato Cavalierato di Grazia, lo ottenne dall’Ordine dei Cavalieri di Malta nel 1661, quando terminò appunto l’affresco della volta della navata centrale nella Chiesa di S. Giovanni.
Benché all’interno della Cattedrale già esistesse un capolavoro italiano come “La decollazione del Battista”, superba opera di Caravaggio, il contributo di Mattia Preti riuscì a lasciare un segno indelebile con un ciclo che trasformò la chiesa in un sfarzoso interno barocco.
Il dipinto su San Giorgio ritrae l’evento principale della leggenda agiografica, quello cioè in cui il giovane tribuno salva la fanciulla dal drago che terrorizza la città di Silena in Libia. Gli angeli nella zona superiore mostrano le insegne dell’Ordine di S.Giovanni. L’opera venne collocata nella Chiesa di San Giovanni, e precisamente nella Cappella della Lingua d’Aragona, Catalogna e Navarra, dove sono presenti anche altri dipinti del pittore calabrese dedicati a S.Lorenzo, S.Firmino e S.Francesco Saverio, figure la cui storia è collegata a quella delle regioni spagnole a cui è intitolata la Cappella.
Da questa tela di grande impatto visivo emerge come gusto della solida forma e tratto vigoroso siano i connotati distintivi di un artista che da esploratore di due mondi – il classico e il barocco – seppe condurli a perfetta fusione nelle sue opere. Il dipinto è eseguito con pigmenti di tonalità chiara e luminosa, legati ad olio, tipici del momento lanfranchiano dell’artista. Il supporto è costituito da due teli di lino a trama diagonale, cuciti verticalmente e montati su telaio ligneo originale. Elemento di interesse è la presenza della chiodatura originale, non più efficiente ma conservata come testimonianza storica, effettuata con cunei di bambù, per evitare prodotti di ossidazione degli elementi metallici.
La tela, già restaurata a Malta in epoca recente (1976), è stata oggetto di un nuovo restauro curato a Roma nel 2005 dall’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, con un intervento resosi necessario a causa di un esteso attacco biologico favorito dalla presenza di materiale organico (colle animali, tela, ecc.), che aveva fortemente danneggiato tutti gli elementi costitutivi dell’opera. Uno straordinario lavoro di recupero che ha riportato il dipinto ad uno stato di smagliante splendore.
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