di Rosalia Chiarappa
Un po’ di anni fa mi sono imbattuta per la prima volta nella tradizione delle Tavole di San Giuseppe in occasione di un articolo che dovevo redigere su un paese, l’unico rimasto in Puglia, a conservare usanze di derivazione albanese. Si tratta di San Marzano di San Giuseppe, piccolo centro in provincia di Taranto in cui si parla ancora l’Arbëreshë, l’antica lingua di origine albanese. Qui, in occasione della festa di San Giuseppe, l’intero paese si mobilita per l’allestimento delle “mattre”, le tavole prima esposte alla devozione dei fedeli e, il giorno dopo, consumate dai cosiddetti “santi” impersonati da amici o parenti delle famiglie che vanno da un numero minimo di tre (San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna) a un numero massimo di tredici, sempre comunque di numero dispari. Certo mai avrei immaginato di partecipare attivamente, e cioè in qualità di santa a una festa del genere in un paese del Salento, in cui in molti centri si conserva la stessa tradizione! Infatti, i paesi in cui intatta è rimasta questa antichissima usanza sono: Giurdignano, Poggiardo, Uggiano la Chiesa, Cerfignano, Cocumola, Minervino di Lecce, Casamassella e Otranto in provincia di Lecce, Lizzano, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Monteparano in provincia di Taranto, San Pietro Vernotico, Erchie e San Donaci in provincia di Brindisi e perfino in Abruzzo, a Monteferrante.
Su invito di Mariangela De Carlo e di Pierpaolo Sammartino di Maison de Creatif sono quindi giunta a Minervino di Lecce insieme a un’allegra compagnia formata da Andrea Vigna cuoco e giornalista diGrazia.it e Panbagnato, Mauro Rossetto storico gastronomo e Presidente Atelier dell’Arte e delGusto, dir. Musei Manzoniani di Lecco, Roberta Corradin scrittrice, Corona Perer direttore del giornale Sentire.it, Silvia Viterbo giornalista di moda, Nick Difino food dj e Pino De Luca giornalista e(t)no gastronomo, così come lui stesso si definisce. Sono stati propri questi ultimi ad accompagnarci nel nostro “viaggio” all’interno delle case per spiare il lavoro delle donne del paese alle prese con la preparazione della “massa”, una sorta di lasagna o lagana fatta in casa, poi essiccata stesa sulle reti dei letti avvolta nei lenzuoli e quindi lessata e condita con ceci, olio e verdure, sulla quale lo stesso De Luca, incalzato dalle domande di Difino, ha tenuto una lezione en plein air in piazza prima del rituale giro delle case per ammirare le tavole.
Descriverle è arduo. Bisognerebbe averle viste dal vero perché nemmeno le fotografie rendono giustizia alla pazienza, all’abilità e alla precisione con le quali queste tavole vengono devotamente apparecchiate, sempre per un numero dispari di commensali, con le portate tipiche: lampascioni o pampasciuni come vengono chiamati da queste parti; i cavolfiori interi lessati e conditi con olio e pepe; le pittule, pasta cresciuta impastata con le verdure e poi fritta, lo stoccafisso al sugo di pomodoro; la famosa “massa”, che il giorno dopo si consuma fredda dopo averla fatta “confessare”; i “vermiceddhi” con il miele e la mollica di pane; il pesce fritto; il pane a forma di ciambella, liscio o con i simboli dei Santi; arance e finocchi e, per finire, i “purciddruzzi”, il dolce tipico al miele con gli anisini. Il mio cicerone, Pino De Luca, mi spiega che carne, uova e formaggi sono esclusi in quanto San Giuseppe si festeggia sempre in periodo quaresimale, durante il quale tradizionalmente ci si astiene da questi cibi.
Ma l’emozione più grande è riservata al giorno dopo, quando alle 19 la piazza si anima e si riempie di gente che attende in silenzio l’arrivo dei “santi” che siederanno alla Tavola preparata sul palco al centro della Piazza Sant’Antonio dinanzi il Convento dei Riformati, dove si svolge la nona edizione de “La Tavola di San Giuseppe” organizzata dall’Amministrazione Comunale con collaborazione della Pro Loco “Minerva”. Sono stati scelti dal Sindaco di Minervino Ettore Caroppo e a uno a uno vengono chiamati ad accomodarsi. A San Giuseppe, impersonato da Mauro Rossetto che con il suono della campanella darà il ritmo al succedersi delle portate, si accompagna la Madonna, l’assessore della Regione Puglia Loredana Capone. Saliranno poi Gesù Bambino e tutti gli altri chiamati a questo nobile ruolo: Silvia Viterbo nelle vesti di Maria Maddalena, Corona Perer in quelle di Sant’Anna, il prof. Francesco D’Andria come San Filippo, Pino De Luca nel ruolo di San Gioacchino, il preside dell’Istituto Alberghiero Luigi Martano in quello di San Simone, il dirigente regionale Gioacchino Ruggeri come San Giovanni, Roberta Corradin come Sant’Agnese, la sottoscritta come Santa Marta, Mariangela De Carlo di Maison de Creatif come Sant’Elisabetta e Andrea Vigna nel ruolo di San Zaccaria.
La cena ha inizio e nonostante le luci, il brusio, le telecamere e quanto altro ci riporta all’oggi, la sensazione è quella di vivere un rito antico e sentito. Come già sottolineato una grande emozione, ma soprattutto un grande onore: quello di essermi sentita parte di una comunità e della sua straordinaria storia almeno per una sera.
FdS: courtesy of AM Apulia Magazine 2014