di Redazione FdS
Gli scienziati sardi del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (sezione Botanica) dell’Università di Cagliari, coordinato dal dottor Pierluigi Cortis, non sono nuovi a importanti scoperte riguardanti la straordinaria flora isolana, spesso formata da varietà botaniche esclusive: stavolta la loro attenzione si è concentrata sulla piccola orchidea selvatica della specie Epipactis helleborine (sottospecie tremolsii), che ha la caratteristica di crescere nei fanghi di scarto delle miniere, ricchi soprattutto di zinco e piombo, e di trattenere questi metalli pesanti assorbendoli dal terreno.
Praticamente ha la capacità di fungere da “bonifica” naturale per cui il suo utilizzo in questo campo sarò ora oggetto di indagine più approfondita per vagliarne le potenzialità fuori dai laboratori, nel campo della ricerca applicata. La pianta è stata studiata nell’area mineraria dismessa di Barraxiutta a Domusnovas (Sud Sardegna), nella quale venivano estratti principalmente zinco e piombo e gli esiti della ricerca appariranno sul Volume 189 (febbraio 2020) della rivista internazionale Ecotoxicology and Environmental Safety nell’articolo A population of Epipactis helleborine subsp. tremolsii (Orchidaceae) growing on mine tailings: a case study in Sardinia (Italy).
Grazie alla collaborazione con gruppi di ricerca delle università di Milano Bicocca, Salerno, Varsavia e del dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari, lo studio – ha spiegato Cortis – “ha permesso di capire come queste orchidee non solo crescano in presenza di contaminanti ambientali, ma di come siano anche in grado di accumularli all’interno dei loro tessuti. In alcune fasi del loro ciclo vitale le orchidee sono obbligate a entrare in simbiosi con alcuni microfunghi presenti nel suolo. Il prossimo passo della ricerca sarà proprio quello di approfondire in che modo i microfunghi possano contribuire alla tolleranza di questa orchidea nei confronti dei contaminanti ambientali”.
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