di Redazione FdS
Il viaggio di Famedisud alla scoperta dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) prosegue in Salento, nella assolata provincia di Lecce, là dove da tempo immemorabile si conserva una preziosa isola territoriale e culturale detta Grecìa salentina, che include nove comuni (Calimera, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino) nei quali si parla il grico, erede di quella lingua greca che gran parte del sud Italia ha conosciuto prima con le colonie della Magna Grecia e successivamente con la dominazione Bizantina, in un arco di tempo lungo 2800 anni. Il prodotto che andiamo a scoprire questa volta appartiene all’ambito della panificazione e ha il duplice fascino della bontà gustativa e dell’antichità. Esso si impone infatti all’attenzione quale preziosa testimonianza gastronomico-culturale che ci riporta al tempo delle colonie greche d’Occidente. Si tratta delle scèblasti (dette anche simeddha, plamma, ecc.), pagnotte schiacciate di pasta lievitata farcite di ortaggi e cotte al forno. Il nome, di chiara matrice greca, si fa etimologicamente risalire al verbo schizo (‘dividere’, ‘tagliare’) e al termine blastesis (‘crescenza’, ‘pasta lievitata’), anche se nel dialetto locale ha assunto il senso figurato di qualcosa “privo di forma”, alludendosi alla sagoma irregolare che ogni pagnotta può a volte assumere per via dell’impasto alquanto fluido.
SCÈBLASTI, PATRIMONIO STORICO DI ZOLLINO E DELLA GRECÌA SALENTINA
Sebbene le scèblasti siano note con vari nomi nell’intera Grecìa salentina, sono preparate soprattutto nel piccolo paese di Zollino dove vengono tradizionalmente consumate come pane devozionale in occasione della festa di Ognissanti, durante la solennità della Madonna Immacolata e il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista; in realtà si tende ormai a prepararle per ogni tipo di occasione festiva, pubblica o privata. Ogni anno, agli inizi di agosto, ne viene persino allestita una frequentatissima sagra. La loro originaria natura devozionale lascia trasparire il rapporto di correlazione che secondo alcuni studiosi esiste tra le scèblasti e le antiche focacce votive utilizzate nei riti di Demetra, dea delle messi e dei raccolti; un nesso che sarebbe attestato da ritrovamenti funerari di età greca. Entrata nell’uso profano della civiltà contadina, la scèblasti diventò il primo pane sfornato all’alba e utilizzato dagli agricoltori per la propria abituale colazione. Questo legame ancestrale con le radici greche del territorio viene evocato in modo particolarmente suggestivo nel video seguente, nel quale una voce femminile fuori campo espone in grico la ricetta delle scèblasti, nella diffusa versione che include tra gli ortaggi della farcitura anche i pomodori che però, non essendo una pianta di origine mediterranea, sono un’evidente aggiunta d’epoca molto posteriore. Le scèblasti sono state incluse da Slow Food nell’Arca del Gusto, ossia l’elenco che raccoglie prodotti d’eccellenza a rischio di sparizione appartenenti alla cultura, alla storia e alle tradizioni di diversi luoghi d’Italia e del mondo. Dopo il video troverete la ricetta con gli ingredienti e i dosaggi che vi permetteranno di prepararle anche nel forno di casa.
SCÈBLASTI: LE MATERIE PRIME LOCALI
Prima di esporre la ricetta che vi consentirà di preparare facilmente le scèblasti nel forno di casa, con quella necessaria elasticità derivante dalla frequente indisponibilità di ingredienti identici a quelli utilizzati nel territorio di origine, ci sembra comunque interessante enumerare le materie prime normalmente utilizzate in Salento per chi voglia realizzarne una versione rigorosamente ”filologica”: per l’impasto, lavorato manualmente, si utilizza la semola di grano duro di varietà ‘Capinera’ o ‘Senatore Cappelli’, o un mix di entrambi, e il lievito naturale (lievito madre). Per la farcitura si impiegano olive di varietà ‘Cellina di Nardò’ e ‘Ogliarola leccese’, olio extravergine estratto da olive delle stesse varietà, e ortaggi coltivati nelle terre di Zollino (zucchine, cipolle, zucca, peperoncino e capperi). La cottura avviene tradizionalmente in forno di pietra alimentato con legna d’ulivo; a tal proposito va ricordato come Zollino sia rinomata per i suoi forni a legna costruiti con le marne calcarenitiche che, nel sottosuolo del paese, formano un banco chiamato piromakho (“che combatte il fuoco”). Oggi la produzione delle scèblasti, principalmente domestica per l’autoconsumo, sul territorio di Zollino è circoscritta a due soli forni e a qualche osteria che le propone tra gli aperitivi o antipasti.
LA RICETTA PER PREPARARLE IN CASA
Ingredienti:
Per l’impasto
1 kg di semola rimacinata di grano duro
70 gr. di lievito madre essiccato (noi abbiamo usato quello di Molino Rossetto, sostituibile con cubetto di lievito di birra da 25 g)
800 ml di acqua
20 gr di sale
Per la farcitura:
400 gr di zucca tagliata a dadini
200 gr di cipolla a pezzettini
150 gr di olive nere snocciolate e sminuzzate
40 gr di capperi dissalati
400 g di pomodori tagliati a cubetti (facoltativi)
1 manciata di uva passa (facoltativa)
un po’ di peperoncino fresco sminuzzato (facoltativo)
100 ml di olio extra vergine d’oliva
alcuni aghi di rosmarino fresco (per l’esterno)
Preparazione dell’impasto
Disponete la farina in una grande coppa di ceramica, aggiungete il lievito madre secco e un cucchiaino di zucchero per favorire la lievitazione. Sciogliete il sale nella brocca con l’acqua tiepida. Versate quindi l’acqua un po’ alla volta sulla farina, amalgamate il tutto e lavorate energicamente con la mano fino ad ottenere un impasto abbastanza fluido, tendenzialmente appiccicoso. La quantità d’acqua indicata negli ingredienti dovrebbe bastare allo scopo, altrimenti aggiungete dell’altra acqua tiepida, ma in piccolissima quantità per non rischiare di rendere l’impasto troppo liquido (qualora accadesse rimediate incorporando un po’ di farina). Coprite la coppa dell’impasto con un canovaccio sul quale andrete a sovrapporre un panno più pesante. Se avete usato il lievito madre lasciate lievitare l’impasto per circa 24 ore in un ambiente tendenzialmente caldo; se invece avete impiegato il cubetto di lievito di birra, possono bastare 4 ore di lievitazione. Trascorso il tempo di lievitazione, l’impasto sarà raddoppiato. Una curiosità: alcune anziane donne salentine, con antico gesto rituale delle dita usano ancora oggi imprimere tre fori (simbolo della Santa Trinità) sulla superficie dell’impasto e tracciano leggermente una croce pronunciando in dialetto la formula “Crisci pani come l’onda te lu mari” (lievita pane, come cresce l’onda del mare).
Con congruo anticipo sul termine della lievitazione è opportuno preparare gli ortaggi per la farcitura: prendete una capiente coppa nella quale andrete a tagliarli in cubetti molto minuti (ciò ne agevola la cottura durante il breve passaggio delle scèblasti in forno). Sminuzzate e aggiungete le olive nere e il peperoncino fresco. Dissalate i capperi e aggiungeteli al resto. Se avrete scelto di aggiungere anche l’uva passa sciaquatela bene prima in acqua fredda e poi fatela rinvenire lasciandola in ammollo per 15 minuti in un piatto fondo, quindi risciaquatela ancora. Condite il tutto con l’olio extravergine di oliva.
Completata la lievitazione, aggiungete la farcitura all’impasto lavorandolo energicamente con la mano affinché questa venga ben incorporata. Come previsto, l’impasto risulterà appiccicoso. Terminata l’operazione, risciacquate bene le mani, asciugatele, quindi ungetele con olio d’oliva in modo da poter agevolmente formare delle focaccine tonde schiacciate della dimensione che preferite (solitamente sono da 200 gr. circa, ma potete farle anche più piccole). Allineate le scèblasti una alla volta sulla placca del forno di casa preventivamente coperta con fogli di carta forno; se è di vostro gusto adagiate su ciascuna focaccina qualche ago di rosmarino fresco e mettetele a cuocere in forno preriscaldato a 200 gradi. Lasciatele quindi cuocere per circa 20 minuti. Per esaurire tutto l’impasto è probabile che dobbiate fare più infornate di seguito (dipende dalle dimensioni del forno e della placca). Se invece, come da tradizione, utilizzate il forno a legna, potete mettere a cuocere le scèblasti per circa 15 minuti su teglie di ferro ben oleate oppure direttamente sulla pietra del forno dopo aver adagiato ogni porzione di impasto su un foglio di carta forno (un tempo si usava una foglia di fico o di vite). A cottura ultimata le scèblasti presentano una consistenza morbida che conservano per qualche giorno. Sono molto gustose da mangiare sia calde che a temperatura ambiente.
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