di Redazione FDS
Riecheggia ancora il rumore delle ultime pietre cadute per la lenta ma inesorabile disgregazione di uno dei siti archeologici più importanti del mondo: Pompei. Negli ultimi due anni si sono susseguiti i nefasti bollettini di un disastro annunciato e non prevenuto da autorità convinte che “con la cultura non si mangia” e che se ci sono da fare tagli al bilancio pubblico che si facciano pure sui già magri spiccioli riservati alla cultura. A parte la assoluta miopia di questa visione (i successi economici della Francia in ambito turistico-culturale ne mettono sdegnosamente in luce la falsità e la pretestuosità), rimane il fatto che a Pompei – come in mille altri luoghi storici del nostro vituperato Paese – risiedono le radici più profonde della nostra cultura, dei nostri più autentici costumi, in una parola della nostra identità. Ma la gente è facilmente incline all’oblio e al disinteresse, permettendo in questo modo ad un potere sempre più becero e ignorante di avere campo libero nel suo sporco gioco al massacro di quella che è la nostra Memoria. Del resto perché sorprendersi? Un popolo senza Memoria, vincolato solo ad un presente fatto di urgenze o, all’estremo opposto, di futilità il più delle volte alimentate ad arte, è un popolo più facilmente manipolabile, da tutti i punti di vista. Di fronte a questo lugubre deserto dello spirito, inteso nella sua accezione più ampia, ecco giungere provvidenziale, ristoratrice come una fresca pioggia in un caldo giorno d’estate, la notizia che ad occuparsi di Pompei, a partire dal 2014, sarà una task force di eccezione, quasi interamente tedesca.
Un team superspecializzato di professori e ricercatori della Technische Universität di Monaco di Baviera e dell’istituto Fraunhofer di Stoccarda avvierà un programma decennale di restauri e di ricerca sui materiali antichi finalizzato alla conservazione del sito vesuviano. A disposizione dieci milioni di euro, che si spera di poter incrementare in futuro grazie all’adesione di qualche sponsor o di un mecenate che abbia a cuore la prosecuzione del programma di restauri. Ma vediamo chi sono i protagonisti: la Tum, Technische Universität München, è la università numero 1 in Germania secondo la classifica stilata annualmente a Shanghai, mentre Fraunhofer è il più grande centro di ricerca tecnica d’Europa con i suoi 22 mila dipendenti, finanziato direttamente dall’industria tedesca oltre che dal governo federale e dai land. Inizialmente saranno oltre una cinquantina gli esperti che opereranno sul campo a Pompei, città da “conservare per l’eternità” e da “sottrarre a un secondo seppellimento”, per citare due degli slogan con i quali gli studiosi tedeschi sintetizzano la finalità del progetto dal rassicurante nome di “Pompei Sustainable Preservation Project”.
Al progetto prenderà parte anche l’Iccrom, il centro studi per il restauro affiliato all’Unesco, con sede a Roma, la School of Geography and Environment dell’Università di Oxford, il Dipartimento di Storia Antica dell’Historicum della Ludwig Maximilians Universität Munchen (Lmu Munchen), il Deutsches Archäologisches Institut (Dai) di Roma e l’Università di Pisa. Altro partner italiano di spicco in questo progetto sarà il Cnr che partecipa tramite l’Ibam, l’istituto per i beni archeologici e monumentali di Catania. Tutti gli enti coinvolti agiranno di concerto con la Soprintendenza per i beni archeologici di Pompei e l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro. Questo progetto consentirà a Pompei, oltre che di beneficiare di un restauro senza precedenti, anche di diventare una sorta di laboratorio di ricerca sulla conservazione dell’architettura antica, sviluppando pratiche virtuose che potranno essere impiegate anche in altri siti nel mondo.
Ralf Kilian, capo del settore restauro del Fraunhofer, ha raccontato alla stampa come l’idea di questo progetto sia stata elaborata circa dieci anni fa da lui e dall’archeologo Albrecht Matthaei mentre lavoravano nella città campana e vedevano le rovine deteriorarsi sempre più. Klaus Sedlbauer, direttore del Fraunhofer, ha quindi aggiunto che si partirà dal restauro di un’intera insula di Pompei che dai giardini arriverà fino alle coperture, ponendosi il problema delle gestione delle acque piovane e sperimentando l’utilizzo di malte antiche, capaci di garantire migliori condizioni di conservazione nel tempo. Poichè si farà anche ricerca sul campo ci si industrierà infatti per sviluppare tecniche innovative in grado di evitare un ulteriore deterioramento dell’area archeologica.
Oltre al gruppo di archeologi e restauratori che agirà nel corso del prossimo anno, dal 2015 è prevista anche la nascita di una summer school finalizzata a formare sul campo 510 persone all’anno, che garantiranno il turn over fra gli ‘angeli custodi’ della città romana.
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