Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

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Calabria - Parco archeologico di Skylletion/Scolacium, Roccelletta di Borgia (Cz) - Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Calabria – Area del foro nel Parco archeologico di Skylletion/Scolacium, Roccelletta di Borgia (Cz) – Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0  | Photo gallery a fondo pagina

“Scylaceum , prima fra le città dei Bruzi, che si crede fondata da Ulisse, distruttore di Troia (…) pende come un grappolo dai colli, non perché si inorgoglisce della difficile ascensione, ma per volgersi a mirare i campi verdeggianti e il ceruleo dorso del mare.”
Cassiodoro, Variae, XII, 15 (epistola databile al 553-557 d.C.)

di Alessandra Scriva

Scorcio dell'uliveto di Scolacium con i resti del Foro romano - Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Scorcio dell’uliveto di Scolacium con i resti del Foro romano – Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Il meraviglioso parco naturalistico e archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia (Catanzaro), è un’area di grande importanza culturale per la storia della Calabria antica. Il valore di questo luogo amenissimo mi riporta, inoltre, ai più bei ricordi della mia infanzia. La mia curiosità mi ha indotto infatti a conoscere sin da piccola la sua straordinaria storia. Ricordo ancora quelle estati tipicamente calabresi, afose, in cui il caldo infuoca l’asfalto e, risalendo, provoca una specie di miraggio, d’illusione ottica, che a me bambina sembrava tingesse di azzurro la strada. Percorrendo la S.S. 106 per andare al mare di Roccelletta di Borgia, guardavo fuori dal finestrino dell’auto dei miei zii ritrovandomi ad ammirare un panorama mozzafiato.  E ogni volta rimanevo affascinata dalla visione di quel misterioso e imponente edificio diroccato dal profilo circolare e dai colori caldi, che timidamente trapelava fra le chiome degli ulivi e sembrava immancabilmente salutarmi.

Il riflesso e la calura del cocente sole del Sud su quei mattoni rossi, l’estenuante frinire delle cicale, i gelsi, i rovi, i fichi d’india rendevano il luogo talmente suggestivo e selvaggio da evocare la sensazione di ritrovarsi in uno di quei rari angoli del meridione dove il tempo si è fermato e il passato, che riaffiora da quelle livide e aride zolle terrose, si salda e si mischia al presente senza interruzione.

Non potevo, quindi, non parlavi di questa stupendo sito archeologico di inusitata grandezza, traboccante di reperti antichissimi, custode e scrigno ancora oggi di nobili civiltà, nonchè polmone verde che si distingue come un’oasi nella vasta valle del Corace. Questo è un luogo speciale, direi magico, che è riuscito a resistere alla protervia del cemento e a mantenere la sua bellezza originaria. Ripercorriamone la storia.

UNA CITTA’ NASCOSTA NELL’ULIVETO DEL BARONE

Resti dell'anfiteatro a Scolacium - Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Resti dell’anfiteatro a Scolacium – Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Il fondo in cui oggi sorge il Parco, affacciato su un golfo leggendario, fu inizialmente posseduto dalla famiglia Massara, di Borgia, e nel 1891 acquistato dal barone Emanuele Mazza che l’ha tramandato alla sua famiglia sino al 1982, anno in cui si è concluso l’esproprio da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. L’ultimo proprietario di questo ampio terreno, contraddistinto da una vasta macchia verde e argentea di ulivi, è Gregorio Mazza, il quale incarna un po’ la figura del grande latifondista calabrese di un tempo, signore assoluto del proprio dominio, che ama governare autonomamente e custodire gelosamente. Ma intorno alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso fu proprio lui ad aprire l’imponente cancello della sua proprietà ad Ermanno Arslan, giovane studioso che Giuseppe Foti, Soprintendente archeologico della Calabria, aveva invitato dal Nord per far riemergere quanto quel mare verde aveva nascosto per secoli. Arslan fu il primo a dare dignità scientifica a quanto riuscì, in tanti anni di ricerca, a raccogliere nell’area dell’antica Scolacium. Le notizie di scoperte di antichi reperti all’interno dell’uliveto, dall’Ottocento fino all’inizio degli anni Sessanta del secolo successivo, erano infatti sempre pervenute in modo indiretto e casuale.

Avambraccio greco in bronzo, 81 cm, da Scolacium/Skylletion

Avambraccio greco in bronzo, 81 cm, da Skylletion/Scolacium

Nel 1910 l’archeologo Paolo Orsi, primo Soprintendente dello Stato per la Calabria,  era entrato in contatto con questo luogo (peraltro a quel tempo di identità ancora ignota) trattando con i proprietari di allora la compravendita di un colossale avambraccio di bronzo di fattura greca appartenente ad una statua di dimensioni quattro volte maggiori del vero, per anni nei depositi del Museo di Reggio Calabria ed oggi custodito nell’Antiquarium del Parco. Nonostante la sicura matrice greca dell’insediamento, ancora oggi appare peraltro estremamente complicato riuscire a ricostruire la vicenda della presenza greca nella zona di Roccelletta, vicenda che si sintetizza nel nome di Skylletion. Certo è che la città sorse in un luogo considerato strategico ancor prima della presenza greca: l’istmo catanzarese che, compreso tra due valli e due golfi, lo Skylletikòs da un lato e il Lametikòs dall’altro, segnò il confine meridionale dell’Enotria, la regione chiamata Italìa governata dal saggio re Italo, figura mitica intorno a cui ruota il momento della fine del nomadismo e la necessaria aggregazione in forme di insediamento che troverà sbocco più tardi nella ktisis (fondazione) delle colonie greche sulla costa.

Skylletion, secondo lo storico greco Strabone, è stata fondata dall’ateniese Menesteo all’epoca dei nostoi (ritorni) degli eroi che parteciparono alla spedizione contro Troia. La matrice ateniese della fondazione è, tuttavia, ancora in discussione poiché non sarebbe da escludere una possibile fondazione crotoniate nell’ambito dell’espansione di questa polis verso l’istmo lametino. Ricorrenti ipotesi cercano invece in essa la mitica reggia dei Feaci collegandola a Ulisse: è infatti tradizione locale ambientare in questi posti l’incontro tra l’eroe acheo e Nausicaa, rendendo ancora più fascinose le sue origini. Della realtà abitativa magnogreca, purtroppo, non si sono potuti ancora definire i tratti e i limiti a causa della sovrapposizione della colonia romana.

Il nome stesso del golfo è a base del nome della polis e dovette essere un riferimento preciso per la geografia del mondo antico, tanto da essere ricordato da Tucidide (v. anche altre fonti letterarie antiche); l’importanza della zona non poteva dunque sfuggire ai Crotoniati che si contendevano con Locri Epizefiri il controllo dell’attuale istmo di Catanzaro e dei traffici marittimi presenti in quell’area. La posizione dell’insediamento appare infatti particolarmente strategica, trovandosi sullo sbocco della più breve via per andare dallo Jonio al Tirreno che, scriveva Aristotele, “distano l’uno dall’altro mezza giornata di cammino”; quindi la posizione della città era utile sia per dirigersi verso Sud, in direzione di Kaulonia, sia a ovest verso la piana di Lamezia. Non a caso, Skylletion viene citata dalle fonti anche in relazione alla guerra del Peloponneso, a proposito della spedizione ateniese in Sicilia. Della città greca può ritenersi una importante testimonianza il ritrovamento di un frammento vascolare a figure nere databile alla fine del VI secolo a.C. Per l’età ellenistica (seconda metà del IV sec. – III sec. a.C.) la documentazione archeologica è invece più ricca, anche se non abbondante. Probabilmente il centro greco decadde nel II sec. a.C., dopo la sconfitta dei Bretti, alleati di Annibale, che abbandonò l’Italia nel 203 a.C.

NASCITA DELLA COLONIA ROMANA

Scorcio dell'area del foro di Scolacium - Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Scorcio dell’area del foro di Scolacium – Ph. Michel Vincenzo | CCBY-SA4.0

Della posizione strategica (ormai più commerciale che militare) del luogo tennero conto i Romani che, per iniziativa di Caio Gracco, nel 123-122 a.C. vi dedussero una colonia denominata Minervia Nervia Augusta Scolacium. La colonia è dedicata a Minerva, non si sa se in omaggio ad antichi culti locali o per una scelta legata ad altre ragioni religiose o politiche. Con la deduzione venne definito l’assetto urbanistico e riorganizzato il territorio con la centuriazione, con la quale veniva tracciata una serie di linee perpendicolari tra loro, i cardines e i decumani. Di questa fase vi è traccia in un edificio dedicato alla divinità  Fors Fortuna, nella zona del teatro, che ne utilizzò i materiali per le gradinate e per gli archi di accesso all’orchestra.

Scolacium fu molto probabilmente coinvolta nella guerra contro Spartaco. In età giulio-claudia dovette vivere un momento di particolare ricchezza e dovette godere dell’attenzione delle autorità imperiali. Di questa epoca sono la cavea del teatro, parte della sua decorazione architettonica, l’edificio monumentale a Sud-Est di un edificio absidato e, sembra, anche gran parte del complesso delle c.d. “terme del Vescovo”.

In questo periodo anche la documentazione scultorea cittadina appare ricca e significativa: i ritratti di Agrippina e quello attribuito a Germanico lo testimoniano. Questi ultimi due indicano l’importanza del culto della famiglia imperiale in Scolacium. Sotto Nerva (imperatore dal 96 al 98 d.C.) ci fu un ulteriore ampliamento. Del successivo mezzo secolo sembrano essere la rilastricatura delle strade a livello superiore rispetto al primo basolato e tutti i principali monumenti a noi oggi noti: la scena del teatro, l’anfiteatro (di cui è ignoto se fosse completamente separato dalla città o a essa collegato tramite un quartiere), alcune fasi dell’edificio absidato, il rifacimento delle più antiche “terme del Vescovo”. Coevi o poco più tardi sono gli acquedotti, e pure del I-II secolo d.C. sembra essere la serie di mausolei, rivelatori di una borghesia prospera e attiva.

La perimetrazione della città romana ci sfugge, ma l’area rimane sostanzialmente quella della città ellenistica. Nell’area individuata nella quale si ritiene si siano insediate alcune migliaia di coloni romani con le famiglie, pare con scarso rispetto degli orientamenti e delle strutture precedenti, vennero create le infrastrutture necessarie perché una colonia romana potesse dirsi tale. Venne tracciato il reticolo stradale, con assi che si incrociano secondo angoli retti, formando un reticolo di insule, suddivise ulteriormente in singole abitazioni. Nella città vennero certamente creati spazi comunicativi, sia aperti – come il Foro – che coperti, sia civili che culturali. Scolacium ebbe certamente edifici per i culti ufficiali della colonia (Capitolium), per l’amministrazione della giustizia (Basilica), per l’amministrazione pubblica (Curia). Un edificio di età repubblicana si trovava sicuramente nelle adiacenze del teatro, dedicato – come già accennato prima –  alla Fors Fortuna.

IL DECLINO DELLA CITTA’ COSTIERA E LA FUGA SUI MONTI

La città rimase fiorente per secoli: tale risulta dalle descrizioni del celebre Cassiodoro Senatore (VI sec.), che qui nacque, e dallo scavo. Appartenenti al V-VI secolo d.C. dovevano essere alcuni edifici di culto cristiano, le tombe bizantine che vi si trovano, inserite e sovrapposte in strutture murarie che fanno pensare a una chiesa. In epoca tardo antica e altomedievale, la città conosce una (o forse due) rifondazioni d’altura: gli abitanti di Scolacium abbandonano la fascia costiera per ritirarsi nell’entroterra, in castra fortificati, per sfuggire alla malaria e, in seguito, alle incursioni dei saraceni. Dal VI all’XI secolo, sotto il dominio bizantino, Scolacium/Squillace vive dunque una ‘seconda vita’, lontana dal mare, inerpicata sui monti, isolata, con forme di economia rigorosamente autarchiche.

Scorcio dei resti della Chiesa di S. Maria della Roccella, Scolacium - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scorcio dei resti della Chiesa di S. Maria della Roccella, Scolacium – Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Saranno i Normanni, alla fine dell’XI secolo, a ripopolare l’antico sito costiero di Scolacium, fabbricando una grandiosa abbazia rimasta apparentemente incompiuta, testimoniata dai resti dell’imponente chiesa di Santa Maria della Roccella. Il segno più macroscopico del passato è infatti oggi proprio la grande basilica in mattoni rossi, che è sempre stata oggetto di studi e ricerche da parte di storici dell’arte come Emile Bertaux o Pierre Courcelle. Questo grande edificio diruto, è la struttura più immediatamente riconoscibile dai visitatori per le sue forme caratteristiche e domina con la sua mole in modo incontrastabile l’ampio tratto della piana all’interno del parco. Il suo aspetto imponente ha sempre colpito non solo la mia fantasia di bambina e quella degli stessi abitanti del circondario, che erano soliti denominarlo castello, ma anche l’immaginazione dei viaggiatori che, seguendo l’itinerario del Grand Tour, si spingevano verso queste terre ormai spopolate e malariche.

La sua datazione ha suscitato nel tempo infinite ipotesi: oggi si ritiene oscilli tra la fine dell’XI e la metà del XII secolo, forse tra il 1130 e il 1150. L’edificio fu costruito per volontà della corte normanna di Palermo, che voleva una comunità conventuale in questo luogo. L’esame delle murature denuncia varie fasi costruttive, per cui presenta una vicenda edilizia molto complessa. La chiesa potrebbe essere stata compiuta e poi gravemente danneggiata da un incendio o, meglio, da un terremoto. Un successivo tentativo di restauro compiuto all’inizio del ‘900, che forse non giunse a ripristinarne la copertura, ha salvato l’edificio dalla rovina, ma allo stesso tempo lo ha gravemente alterato; in particolare risulta del tutto arbitrario l’inserimento dell’oculo ellittico nella facciata. La concezione spaziale e iconografica della chiesa è occidentale e romanica, ma nelle soluzioni decorative, oggi del tutto perdute, doveva recuperare un linguaggio sia bizantino che islamico. Sembra anche probabile che l’abbazia odierna sia stata preceduta da un complesso monastico (laura) basiliano.

SPAZI E INIZIATIVE CULTURALI

Intersezioni 3 al Museo di Scolacium - Ph. Mikuzz | CCBY2.0

Intersezioni 3 al Museo di Scolacium – Ph. Mikuzz | CCBY2.0

Oltre al parco archeologico, in alcuni edifici della ex tenuta Mazza è possibile visitare l’Antiquarium di Scolacium che espone reperti di età romana e altomedievale, conferendo particolare risalto ai cicli statuari rinvenuti nel foro e nel teatro, ai ritratti di eminenti personaggi locali e agli elementi decorativi in marmo che impreziosivano i principali edifici cittadini, e il Museo del Frantoio, in cui sono visibili  – voluti dalla famiglia Mazza a partire dal 1934 – i locali e le attrezzature originali per la produzione dell’olio con metodologie industriali. Infine, questo straordinario luogo, ormai da un decennio è diventato teatro di Intersezioni, il più prestigioso progetto di arte contemporanea mai realizzato in Calabria.

Daniel Buren - Ponctuer l’espace, 55 tambours pour le Forum, Scolacium, Intersezioni 2012

Daniel Buren – Ponctuer l’espace, 55 tambours pour le Forum, Scolacium, Intersezioni 2012

Qui, ogni estate, si sono svolte mostre di alcuni dei maggiori interpreti della scultura del nostro tempo, quali Stephan Balkenhol, Daniel Buren, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn e Mauro Staccioli. Lo stesso luogo, a partire dal 2010, è inoltre scenario di Armonie d’Arte Festival, rassegna multisciplinare, di musica, teatro, arte, danza e poesia, con ospiti di livello nazionale e internazionale.

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Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Scolacium: le tante vite di una città della Magna Grecia

Santa Maria della Roccella, XI sec. - Ph. courtesy Giuseppe Battelli

Immagini: courtesy Giuseppe Battelli
 
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