di Redazione FdS
Il Sud Italia è un intreccio infinito di tracce di civiltà e culture che rendono costantemente una sfida la “lettura” del territorio, mai definitivamente compiuta. Una sfida entusiasmante perché sottopone all’attenzione degli studiosi – storici, archeologi, linguisti, antropologi – sempre nuovi “enigmi”, nuovi nodi da sciogliere per tracciare la mappa delle molteplici “identità storiche” che hanno plasmato le radici di questa parte d’Italia. Uno di questi nodi, appena sciolto, è quello della identificazione dell’antico quartiere ebraico di Bova, affascinante borgo in provincia di Reggio Calabria noto per essere la “capitale” dell’area ellenofona detta Bovesia. Per dare valore a questa importante scoperta, fatta da Pasquale Faenza, storico dell’arte e direttore del locale Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, grazie al progetto “Segni-tracce-parole: sincretismi della Calabria Greca”, finanziato dal Dipartimento Cultura della Regione Calabria, è stato possibile inserire la Giudecca fra le tre nuove sezioni del Museo. Agli artisti contemporanei Angela Pellicanò, Roberto Lucifero e Antonio Puija Veneziano, è stato affidato il compito di realizzare un’installazione per ciascuna sezione, lavoro compiuto con la collaborazione della cooperativa Satyroi di Bova Marina: “Postazione di Confine” (per il Borgo dei Mestieri), “I Cantori di Urano” (per la sala lettura della biblioteca “Franco Mosino”), ed infine “La Giudecca di Bova” allestita negli omonimi spazi. Queste nuove sezioni puntano a creare un maggior legame tra il contenitore museale e il borgo di Bova, negli ultimi anni oggetto di un interessante campagna di recupero del suo piccolo quanto prezioso centro storico.
La Giudecca, come ha avuto modo di accertare Faenza, risulta documentata da fonti d’archivio della fine del XV secolo. Questa suggestiva porzione di spazio urbano, è ora diventata una sezione del Museo “Gerhard Rohlfs” e ospita l’installazione di arte contemporanea dell’artista Antonio Puija Veneziano, con una serie di ceramiche che riportano le fonti scritte della presenza giudaica in questo borgo greco-calabrese. Un interessante connubio tra storia e contemporaneità esalta così le tracce di una piccola giudecca documentata per la prima volta sei secoli fa. Così antiche sono infatti le tracce di questo quartiere ebraico calabrese quasi del tutto dimenticato: si è accertato a tal proposito che nel 1502 la Regia Corte di Napoli lamentava di non aver riscosso i tributi fiscali che la Giudecca di Bova doveva all’erario fin dal 1497. Successivamente, il 23 Agosto del 1503, i sei nuclei familiari (fuochi) che costituivano la comunità giudaica bovese, versarono, per mano di Antonio Carnati, 9 ducati, relativi ai tributi fiscali imposti agli ebrei del Regno di Napoli. Sei fuochi si registrarono anche nel 1508, quando i giudei bovesi chiesero alle autorità di saldare le tasse a rate, segno evidente di possibili difficoltà economiche.
E’ possibile pensare che l’insediamento ebraico a Bova sia sorto in seguito alla cacciata dei giudei dalle terre di Spagna, nel 1492. In quell’anno degli ebrei di Sicilia si trasferirono a Reggio, dove due anni dopo furono smistati in tutto il circondario. Il secondo editto di Ferdinando il Cattolico (1511) che decretò l’espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli, determinò l’abbandono della giudecca di Bova. In quello stesso anno, le autorità locali chiesero la cancellazione dai ruoli fiscali della Giudecca di Bova. Ciononostante una cronaca bovese, redatta del 1774 dall’erudito Domenico Alagna, ricorda che gli ebrei furono scacciati solo nel 1577, con l’accusa di aver diffuso la peste. Ed è proprio Domenico Alagna a fornirci informazioni dettagliate sulla localizzazione della Giudecca di Bova, indicata ai margini della città, nel quartiere di Pirgoli (dal greco “torri”), confinata tra due porte che si aprivano rispettivamente a Sud, nelle vicinanze della Torre della Porta, e a Nord nei pressi della Torre Aghios Marini.
A seguito del terremoto del 1783 l’assetto del quartiere subì notevoli trasformazioni. Rimase in piedi solo una delle tre torri che proteggevano il quartiere mentre all’inizio di via Pirgoli fu costruito Palazzo Mesiani Mazzacuva. Tra le due ali dell’edificio si nota infatti un antico ingresso, munito nella parte alta di una feritoia, da riferirsi ad una struttura tardo medievale, identificabile con la porta meridionale della Giudecca. L’entità dei terremoti che interessarono il borgo di Bova fin dalla seconda metà del Cinquecento rende oggi ardua l’interpretazione dell’assetto originario della Giudecca. Ad ogni modo la topografia attuale del quartiere di Pirgoli lascia ancora tracce degli spazi vitali e delle relative destinazioni d’uso riconducibili alla comunità giudaica del tempo.
E’ bene ricordare che gli ebrei avevano bisogno di ricorrere a quello che viene definito “mimetismo strategico” specialmente nell’edificazione dei luogo di culto. Per gli ebrei della Diaspora, la giudecca non rappresentò mai una vera e propria città, quanto un’aggregazione “temporanea” che riutilizza sistemi insediativi preesistenti. Infatti, nell’immaginario collettivo ebraico, l’unica vera città era rappresentata da Gerusalemme, mentre il solo edificio sacro ufficialmente riconosciuto rimaneva il Tempio che l’imperatore Tito aveva distrutto nel 70 e. v. Nonostante ciò, già nel Medioevo, gli insediamenti ebraici si distinsero sempre di più per la presenza di specifici spazi urbani, rispondenti da un lato alle norme religiose, – che li obbligavano ad avere ambienti deputati al culto e alla trasformazione dei cibi – dall’altro alla politica di integrazione che si venne di volta in volta a creare con le comunità residenti, sempre attente a definire una linea di demarcazione per evitare contatti tra cristiani e giudei.
La collocazione del quartiere ebraico bovese in un luogo marginale della città è un fattore indicativo, rispetto a possibili tensioni con la comunità cristiana locale. Per gli stessi motivi la giudecca di Bova si trovava nelle vicinanze dei fulcri del potere militare o religioso della città, considerati fattori necessari di protezione politica, visti i frequenti scoppi di conflittualità con la popolazione residente. Gli ebrei bovesi risiedevano infatti nei pressi del Palazzo Vescovile e non lontano dalla roccaforte militare, ancora in uso nel 1586. Non meno interessante è la corrispondenza tra il numero dei fuochi ebraici, documentati a Bova nei primi anni del Cinquecento (6 fuochi), e la densità di abitanti in un quartiere, circoscritto per ragioni morfologiche, al solo pendio roccioso, in quanto delimitato ad Ovest dalla cinta muraria. Un’altra analogia, che il quartiere di Pirgoli condivide con le giudecche calabresi e siciliane, è la sua posizione in prossimità della principale porta cittadina (Porta della Torre), a ridosso degli assi commerciali e delle vie di transito intenso. Stessa cosa può dirsi a proposito dell’esistenza, nel quartiere bovese, di un’unica via di accesso, lungo la quale si disponevano, con molta probabilità, le strutture architettoniche deputate ad ospitare attività economiche.
Non sembra azzardata l’idea di rapportare la vocazione al commercio degli ebrei regnicoli con le due più importanti attività produttive della diocesi di Bova: la sericoltura e l’estrazione della pece, ampiamente documentate nel resto della Calabria. Interessante è inoltre la presenza a Pirgoli di un pozzo, oggi inglobato nella corte di Palazzo Mesiani, elemento indispensabile ai bagni rituali e alla macellazione di carni kosher. Nessuna traccia è stata ancora individuata della sinagoga. Una ipotesi suggestiva prende spunto da una struttura quadrangolare a muratura sottostante una finestra, decisamente degna d’attenzione, che si innalza in un ambiente, antistante Palazzo Mesiani, destinato ancora nella prima metà del Novecento a ricovero per animali.
Gli spazi dell’antico quartiere ebraico saranno oggetto di una visita guidata mercoledì 25 aprile 2018 alle ore 18.00, durante il quale sarà presente anche Salvatore Bullotta, Assistente Culturale della Giunta Regionale della Calabria. La visita alla Giudecca seguirà al termine della presentazione della mostra fotografica “Il ritorno della lira. Le lire di Francesco Siviglia nelle immagini di Gianni Vittorio” e alla presentazione delle altre installazioni di arte contemporanea, realizzate dagli artisti Angela Pellicanò e Roberto Lucifero rispettivamente nel Borgo dei Mestieri e nella sala lettura della biblioteca “Franco Mosino. La Giudecca farà ancora da cornice al contest fotografico “Una foto da Bova al tramonto”, il cui vincitore sarà successivamente premiato con la stampa dello scatto del crepuscolo bovese, nel corso del IV Festival Euterpe che si svolgerà sempre a Bova il 30 aprile, alle ore 18.00.
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