di Kasia Burney Gargiulo
La voce immortale dell’antica Grecia torna a risuonare nel tempo della brutale umiliazione della Grecia moderna e lo fa attraverso i versi di colui che, forse più di ogni altro, incarna nell’immaginario collettivo l’essenza stessa della civiltà ellenica, cioè Omero. Arriva infatti dagli scavi dell’antica città di Olimpia, nel sud della Grecia, la notizia del ritrovamento di una tavoletta di argilla, con incisi 13 versi dell’Odissea. Secondo una nota diffusa dal Ministero della Cultura ellenico potrebbe trattarsi della traccia più antica mai rinvenuta del celebre poema epico: a una prima datazione il reperto sembrerebbe risalire a prima del III secolo d.C., quindi all’epoca della dominazione romana. “Se la data verrà confermata – si legge nella nota – la tavoletta potrebbe essere il reperto scritto più antico del lavoro di Omero mai scoperto”. La tavoletta è riemersa nei pressi dei resti del Tempio di Zeus dopo tre anni di scavi condotti nel Peloponneso occidentale dal Servizio archeologico greco in collaborazione con l’Istituto tedesco di Archeologia. Il testo sopravvissuto all’azione dei secoli, riferibile al Libro XIV del poema, narra del ritorno di Ulisse nella sua Itaca, dove lo vediamo dialogare con Eumeo, il porcaro del suo palazzo, il migliore e il più fedele tra i suoi servi.
Come molti sanno l’Odissea, poema attribuito al mitico poeta greco Omero, narra la storia di Ulisse, re di Itaca, che vaga per oltre 10 anni cercando di tornare in patria dopo la caduta di Troia alla cui guerra di distruzione ha partecipato insieme all’esercito Acheo. L’Odissea è il secondo grande poema attribuito al cieco vate dopo l’Iliade ed è ampiamente considerato una tra le maggiori opere letterarie della storia.
Alcuni studiosi ritengono che la prima versione in assoluto dell’Odissea risalga all’VIII sec. a.C. e che il poema abbia presto avuto ampia diffusione attraverso la tradizione orale degli aedi, ossia i cantori di professione, molti dei quali però avrebbero cominciato a un certo punto a fissarne i versi attraverso la scrittura. Le fonti parlano anche di una prima versione scritta ufficiale attribuibile al tiranno ateniese Pisistrato che nel VI secolo a.C. avrebbe appunto deciso di dare uniformità al poema. Frammenti di una antica trascrizione sono stati già ritrovati in passato in Egitto, ma bisognerà verificare se quello ritrovato a Olimpia sia precedente o posteriore.
La notizia della scoperta di Olimpia è un’occasione ghiotta per ricordare come, sebbene la geografia delineata nell’Odissea sia una delle questioni più controverse fra quelle correlate al celebre poema, occupi un posto di primo piano l’orientamento secondo il quale, oltre che nel Peloponneso e nelle isole ioniche, le avventure di Ulisse sarebbero da collocare nel Mediterraneo centro-occidentale con notevole coinvolgimento del Sud Italia: tradizionalmente si identifica infatti con la Sicilia l’omerica terra dei Ciclopi e dei Lestrigoni, mentre con una delle isole Eolie coinciderebbe quella in cui Ulisse incontrò il dio Eolo; lungo il basso Tirreno sarebbe da collocarsi la terra delle Sirene mentre fra Calabria e Sicilia si situerebbero i due minacciosi mostri Scilla e Cariddi.
Una tesi questa che trova da anni il suo massimo sostenitore nello storico tedesco Armin Wolf il cui libro “Ulisse in Italia. Sicilia e Calabria negli occhi di Omero” è uscito da poco nella versione italiana edita dalla rivista Local Genius: Wolf considera infatti l’Odissea un vero e proprio testo di storia elaborato in versi piuttosto che un’opera poetica, e dopo lunghe ricerche e analisi di innumerevoli fonti, si è detto convinto che l’Odissea riguardi un viaggio reale e puntualmente raccontato, che porrebbe al centro del suo interesse la Calabria, la Sicilia, lo Stretto di Messina, l’Istmo di Catanzaro, le Isole Eolie, Malta e il Mediterraneo centro-occidentale. Un’ipotesi affascinante che convive con l’altra, non meno suggestiva e controversa, secondo la quale le vicende narrate da Omero sarebbero da ambientarsi nel Mar Baltico: a sostenerla lo studioso Felice Vinci che nel suo best-seller “Omero nel Baltico“, scritto nel 1995, fa riferimento a somiglianze toponomastiche e geografiche tra i luoghi descritti da Omero e le terre del Nord Europa.
Ma il Sud Italia è legato ai poemi omerici anche per un altro importante motivo: al calabrese Leonzio Pilato, monaco cristiano nato nel XIV secolo a Seminara (Reggio Calabria), discepolo del suo celebre concittadino Barlaam, nonché uno fra i primi promotori dello studio della lingua greca nell’Europa occidentale, si deve la traduzione di Omero in prosa latina e “verbum de verbo” che per suo tramite giunse a Boccaccio e Petrarca e quindi agli ambienti dell’Umanesimo toscano.
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