di Kasia Burney Gargiulo
Circa un mese fa era solo un’ipotesi, cautamente formulata dagli archeologi per non incorrere nel rischio di annunci poi smentiti dalla realtà. Ma gli scavi condotti a partire dallo scorso 10 ottobre hanno permesso di verificare che il teatro antico di Agrigento, il cui ritrovamento è stato vagheggiato per secoli da studiosi e appassionati, esiste davvero. Ricerche nell’area dell’agorà a sud-est del Museo archeologico e della chiesa di San Nicola, avevano portato lo scorso settembre alla identificazione di un’area circolare e di alcuni resti apparsi compatibili con la struttura di un teatro presumibilmente di età ellenistico-romana. Gli scavi condotti nell’ultimo mese hanno dato esito positivo permettendo di accertare la presenza di una cavea teatrale semicircolare del diametro di 100 metri databile all’età ellenistica, costruita in parte sulla roccia e in parte con blocchi. L’edificio fu espressione di quell’eclettismo cosmopolita che ha caratterizzato architettura e arte nel periodo che va dal IV al I sec. a.C.
L’eccezionale scoperta va a coronare una prima fase di scavi che si concluderà a breve ma – ha annunciato Giuseppe Parello, direttore del Parco archeologico – sono già disponibili i fondi per una nuova campagna di ricerche della durata di altri sei mesi. Non è escluso inoltre che possa successivamente farsi ricorso a un progetto per ottenere fondi comunitari. I sei saggi aperti in tutta l’area – ha spiegato l’archeologo Luigi Caliò dell’Università di Catania, impegnato ad Agrigento insieme a Monica Liviadotti del Politecnico di Bari e ad alcune archeologhe del Parco – hanno infatti permesso di accertare la presenza di una cavea teatrale semicircolare di carattere monumentale, testimonianza di una città dall’economia ancora florida. Due ambienti sono emersi nel punto corrispondente alla parte più alta del teatro e, accanto ad essi, è stata identificata una struttura di passaggio fra la piazza retrostante e il teatro, secondo un modello già noto in Sicilia, ad es. a Segesta. La piazza sembrerebbe estendersi per circa 50 mila metri quadri, dimensioni di poco inferiori a quelle dell’Agorà di Atene e tali – se confermate dai prossimi scavi – da collocare Agrigento fra le grandi città ellenistiche. Quanto alla datazione certa delle strutture, essa sarà possibile solo dopo lo studio dei materiali ritrovati (si parla di una maschera teatrale, di conchiglie usate come monili, di monete e frammenti vari), ma al momento l’ipotesi è che risalgano alla seconda metà del III° sec. a.C. epoca di transizione per la Sicilia, caratterizzata dall’arrivo dei romani.
Secondo una prima ricostruzione, il teatro costituiva l’elemento architettonico di spicco con cui la zona pubblica dell’agorà agrigentina si affacciava a sud, verso la Valle dei Templi e il mare. La monumentalità dell’area era a sua volta accresciuta dai santuari che da nord e da ovest si affacciavano su di essa: dal sacello noto come Oratorio di Falaride alle strutture ellenistiche su cui si sviluppò in seguito il cosiddetto Tempio Romano. Certo è che entrando nell’area degli scavi si può percepire come il teatro sorgesse in uno dei punti paesaggisticamente più suggestivi della città, con sullo sfondo il magnifico Tempio della Concordia e l’azzurro di quel mare che secoli prima aveva condotto in Sicilia i coloni greci.
Da una lettura superficiale e ancora incerta dei materiali ritrovati – ha spiegato Caliò – sembrerebbe potersi dedurre che la vita del teatro sia cessata intorno al III sec. d.C. in concomitanza con importanti mutamenti storici e urbanistici. I reperti indicherebbero appunto un’età medio o tardo imperiale. Altri edifici – ha aggiunto l’archeologo – sono sorti in seguito sopra il teatro determinando la distruzione della cavea, tuttavia sono altrettanto monumentali e si tratta ora di capire a quale funzione assolvessero. In particolare spicca un edificio i cui muri di circa un metro e venti centimetri di spessore sembrano deporre per una sua certa importanza. Intanto si cerca più in generale di decifrare l’organizzazione planimetrica dell’area, per stabilire come il teatro si collocasse esattamente all’interno della città. I lavori vanno avanti con il sistema del “cantiere aperto”, circostanza che sta attirando numerosi turisti e curiosi impazienti di sbirciare fra i vari ritrovamenti della giornata, nella speranza che da essi trapelino i tanti aspetti ancora inediti della storia di una città un tempo gloriosa.
Per Agrigento – ha dichiarato il sindaco Calogero Firetto – il teatro rappresenta l’acquisizione di un nuovo eccezionale monumento che va ad arricchire l’area archeologica della Valle dei Templi, già Patrimonio dell’Umanità UNESCO. E ciò avviene in un momento in cui è massimo l’impegno per la tutela e la valorizzazione di uno fra i maggiori complessi archeologici del Mediterraneo, preziosa testimonianza di una illustre città che nel 2020 celebrerà i 2600 anni dalla sua fondazione.