di Alessandro Novoli
E’ una pianta irta di aculei ma ha un bellissimo fiore rosa-purpureo: è la Centaurea seridis (nome derivante dal greco “κέντρον kéntron” pungolo, oppure dal latino ‘Centaurus’, figura mitologica metà uomo e metà cavallo, e da dal latino “seris, -idis”, indivia) di cui esiste in Italia una rarissima sottospecie detta Centaurea seridis subsp. sonchifolia (quest’ultimo termine deriva da da “sonchus”, cioè grespino, quindi ‘con foglie da grespino’, ecco perchè è detta anche fiordaliso grespino), un’entità botanica mediterranea il cui areale è limitato alle zone costiere del Mare Nostrum (nella cosiddetta “area dell’olivo”). Questa sottospecie di cui finora sul territorio italiano era certa la presenza solo in Calabria e Sicilia, e non del tutto certa in Lazio, è ora stata localizzata per la prima volta anche in Puglia. A fare la scoperta due anni fa (ma certificata solo nei giorni scorsi) è stato Roberto Gennaio, membro del Gruppo di Lavoro “Ambienti Naturali” della Direzione Scientifica di ARPA-Puglia che si occupa dello studio e della tutela degli habitat naturali e della valutazione degli impatti di vari processi antropici e produttivi.
Roberto Gennaio si dedica da anni allo studio della flora, della fauna e degli habitat naturali del Salento e del resto della Puglia, pubblicando le sue ricerche su riviste universitarie e specializzate del settore. Ed è stato proprio nel corso di ricerche sulla biodiversità del Salento, durante un sopralluogo nel Parco Regionale Isola di S. Andrea, lungo il litorale di Punta Pizzo, a Gallipoli (Lecce), che ha fatto l’inaspettata scoperta. Finalmente, dopo un attento studio condotto con Piero Medagli, botanico presso l’Università del Salento, è stato accertato trattarsi della Centaurea seridis subsp. sonchifolia. “Si tratta – ha detto Gennaio – della prima segnalazione per la Puglia, il cui territorio va così ad arricchirsi di una nuova entità presto destinata ad essere inserita nella lista rossa regionale [elenco della flora a rischio di estinzione – NdR]. Ci auguriamo – ha concluso lo studioso – che queste nuove scoperte possano rafforzare il vincolo e l’importanza delle aree protette e la necessità di tutelare il territorio dalla cementificazione e da falsi progetti di riqualificazione ambientale”.