L’eccezionale scoperta – un unicum in tutto il mondo greco fino a questo momento – è avvenuta in Sicilia ad opera di un’equipe di studiosi della New York University guidata dal professore Clemente Marconi
di Alessandro Novoli
E’ uno dei parchi archeologici più affascinanti d’Italia nonchè il più grande d’Europa e custodisce i resti di una delle più importanti città della Magna Grecia. Si tratta di Selinunte, la città greca più occidentale di Sicilia, fondata nel VII secolo a.C. quale subcolonia di Megara Hyblea a poca distanza dall’area occupata dai Cartaginesi, popolazione con cui ebbe rapporti di crescente conflittualità a causa delle proprie mire espansionistiche oltre che per ragioni commerciali. Una posizione strategica ma difficile, lungo la costa sud-occidentale dell’isola, che le sarebbe costata una vita breve (appena 240 anni) ma sufficiente a farle raggiungere i centomila abitanti e una condizione di splendore che toccò l’apice fra il VI e il V secolo a.C. Nonostante la distruzione causata da guerre, terremoti, secoli di incuria e pesanti spoliazioni, Selinunte conserva ancora l’impronta di quel remoto splendore nei templi di cui sopravvivono rovine spesso imponenti e nelle meravigliose opere di scultura oggi visibili presso il Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo. Due secoli di scavi e studi hanno permesso di ricostruire molta parte della sua storia, ma la vastità dell’area archeologica lascia presagire ancora nuove acquisizioni, come quella eccezionale avvenuta lo scorso 19 giugno grazie ad un’equipe interdisciplinare di archeologi, architetti e restauratori della New York University guidata dal professore Clemente Marconi e impegnata in scavi all’interno del Tempio R, nella zona dell’acropoli.
Questo nuovo importante scavo è stato inaugurato lo scorso 8 maggio dagli studiosi dell’Institute of Fine Arts della New York University nell’area di un tempio arcaico, tra i più antichi scavati in Sicilia, dedicato ad una divinità femminile. Qui, presso il primo santuario della città, è stato identificato il luogo esatto della fondazione di Selinunte. Gli archeologi – ha spiegato Clemente Marconi – hanno rinvenuto “tre punte di lancia conficcate nel terreno di cui due incrociate a voler identificare l’area su cui sarebbe sorta la città e il suo santuario ad opera dei coloni provenienti da Megara, fondatori di Selinunte nel 628 a.C., secondo il racconto di Tucidide. Un vero unicum in tutto il mondo greco fino a questo momento”.
Oltre al punto di fondazione sono venuti alla luce numerosissimi oggetti riconducibili al culto di una divinità femminile identificata con Demetra, dea dell’agricoltura e artefice del ciclo delle stagioni così come della vita e della morte. Armi, monili e diverse coppette contenenti i resti di pasti rituali a base di carne di maialino, animale sacro alla dea, sono stati ritrovati sul terreno quale omaggio dei fedeli. Rinvenuto anche un frammento d’avambraccio di una statua maschile arcaica in marmo di Paros. E’ stato possibile ritrovare questa grande quantità di materiale votivo e di resti di sacrifici animali perchè la sequenza stratigrafica identificata nelle precedenti ricerche condotte dalla stessa equipe di studiosi è risultata praticamente intatta e copre il lasso di tempo che va dal periodo arcaico a quello ellenistico. Già lo scavo parziale dell’edificio aveva quindi restituito materiale ora andato ad arricchirsi di nuovi reperti. Ben tre i piani pavimentali identificati, databili rispettivamente all’età tardo-classica, classica ed arcaica: molti dei reperti rinvenuti nei livelli più profondi – come armi, terrecotte figurate e vasi per libagioni – sono costituiti da offerte votive collocate lungo i muri della cella mentre, nel 2012, erano già emersi, fra gli altri oggetti, due frammenti di aulos, un antico strumento musicale a fiato. Le testimonianze ritrovate nel livello più arcaico, definite dagli studiosi “deposito di fondazione”, risultano collocate già prima della messa in opera del pavimento.
“Abbiamo finalmente potuto ricostruire – ha detto Clemente Marconi – tutta la vita del Tempio R, dalla sua costruzione nel 590 a.C. fino all’abbandono e alla riconversione dell’edificio ad altre funzioni nel 300. La grande novità rilevata quest’anno è che l’area centrale del tempio aveva un particolare valore per i costruttori, e a ogni nuova fase dell’edificio hanno compiuto una serie di atti rituali, fra cui sacrifici e deposizioni di oggetti, in particolare armi. Questo tempio è ormai diventato, per l’architettura greca, e in tutto il mondo greco, uno degli esempi principali di quelle attività rituali che venivano svolte presumibilmente dall’architetto e dalle maestranze nella costruzione dell’edificio. Abbiamo poi ritrovato la metà mancante di un vaso molto bello che avevamo rinvenuto nel 2012: si tratta di un vaso protocorinzio datato tra il 650 e il 640 a.C. destinato a contenere vino o olio, decorato con animali pascenti e di dimensioni fuori norma, aspetto che ne attesta il carattere votivo: una dedica eccezionale presumibilmente fatta al momento della fondazione della colonia”.
“Una scoperta eccezionale – ha detto Enrico Caruso, direttore del Parco Archeologico di Selinunte – che sarà celebrata con una mostra di alcuni dei reperti rinvenuti, in attesa dell’inaugurazione del museo prevista a settembre con un evento dedicato proprio al Tempio R e alla storia di Selinunte”. Attualmente parte dei reperti recuperati è esposta presso il baglio Florio, ma ci sono altri 160 mila reperti che attendono una degna collocazione museale per il prossimo autunno.
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