di Kasia Burney Gargiulo
Le radici della nostra storia si immergono nella terra e ne riemergono come quelle di di un pino o di un leccio, gli stessi alberi che svettano sulla collina di Cuma, a poca distanza da Napoli, nel cuore dei Campi Flegrei. E proprio su quella collina, sotto i resti dell’insediamento romano dove terminarono i loro giorni il re Tarquinio il Superbo e il condottiero Lucio Cornelio Silla, sono ora emersi i resti di quella che fu la prima colonia greca d’Occidente grazie agli scavi svolti da un gruppo di archeologi dell’Università “L’Orientale” di Napoli guidati da Matteo D’Acunto. Il caso ha voluto che ad essere rinvenute per prime fossero le tracce della vita quotidiana di ben 2754 anni fa, evidenti in un ambiente utilizzato come cucina; qui è risultata leggibile una sequenza di focolari costruiti nell’arco del tempo; il più antico di essi mostra un piano refrattario composto di frammenti ceramici in stile geometrico dell’ultimo quarto dell’VIII sec. a. C.
Come ha svelato D’Acunto alla stampa, non è stato necessario andare troppo a fondo nel terreno per scoprire le testimonianze di questi nostri antichissimi progenitori: ad appena 3,50 metri di profondità, sotto il livello delle case romane, si conservano le abitazioni di quei coloni greci che, approdati nell’Italia meridionale alla metà dell’VIII secolo a. C., avrebbero gettato le basi della storia e della cultura occidentali, apportando fra l’altro ai Latini l’alfabeto destinato a diventare il più utilizzato di tutto il continente.
Da alcuni giorni, sotto la direzione della Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, l’Università L’Orientale di Napoli sta scavando nel Parco Archeologico di Cuma un’abitazione risalente alla seconda metà dell’VIII – VII sec. a. C, nella quale si sono conservati quasi intatti i focolari e i vasi per molteplici usi domestici. Il luogo si trova nell’area della città bassa, in un punto compreso tra il Foro e le mura settentrionali della città antica; questa zona si caratterizza per una continuità abitativa che va dalla fondazione della colonia greca (740 a.C.) fino all’abbandono della città romana (agli inizi del VI sec. d. C.). Questo quartiere centrale della città, con le sue strade e le abitazioni, sta offrendo la possibilità di cogliere le trasformazioni materiali e culturali che nel corso dei secoli hanno portato dalla città greca a quella romana.
Allo scavo partecipano oltre 100 studenti dell’Orientale e di altre università italiane e straniere, ai quali è stata così offerta la possibilità di una formazione direttamente sul campo. Una ventina di esperti stanno invece lavorando al monumentale progetto di pubblicazione scientifica del complesso, che – ha spiegato D’Acunto – per la prima volta nella storia della ricerca a Cuma, offrirà una panoramica in senso diacronico della vita della città.
Presto i visitatori avranno la possibilità di fruire del sito archeologico secondo un completo percorso di visita attraverso la città greco-romana, un tragitto che congiunge il Foro con le mura settentrionali della città antica e con il quartiere occupato dalle abitazioni romane, attraverso un sistema viario antico venuto alla luce.
Intanto questo eccezionale ritrovamento rinverdisce il fascino della leggenda della fondazione di Cuma da parte degli Eubei di Calcide, che sotto la guida di Ippocle di Cuma (omonima località della madrepatria) e Megastene di Calcide, scelsero di approdare in quel punto del litorale campano di fronte all’isola di Ischia perché attratti dal volo di una colomba, o secondo altra fonte, da un fragore di cembali.