Nel presentarvi alcune fonti antiche su Sibari in correlazione all’articolo sui luoghi mitici della Sibaritide, cominciamo con la Geografia del greco Strabone (I° sec. d.C.) e proseguiamo con I Deipnosofisti. I dotti a banchetto un’opera in quindici libri dello scrittore greco Ateneo di Naucrati (II° sec. d.C.) la cui prima traduzione in italiano, commentata, è stata pubblicata da Salerno Editrice in IV volumi nel 2001 su progetto di Luciano Canfora. L’opera, particolarmente preziosa per il contenuto, contiene un compendio di informazioni sul banchetto greco, sulla musica, sui canti, sulle danze, sui giochi, con molte citazioni da autori altrimenti perduti. I testi seguenti sono ritradotti dal greco dalla nostra redattrice Kasia Burney Gargiulo.
Strabone, VI, 1, 12: Antioco dice che, avendo l’oracolo ordinato agli Achei di fondare Crotone, Miscello venne ad esplorare il paese e, vedendo che in quella regione era già stata fondata Sibari presso il fiume omonimo, gli sembrò che fosse da preferire questa città; tornò quindi di nuovo dall’oracolo per chiedere se fosse lecito fermarsi a Sibari… Il dio però gli rispose … «O Miscello …, cercando altro al di fuori di quello che ti è concesso, corri incontro alla tua rovina; accetta di buon grado il dono che ti è destinato».
Strabone, VI, 1, 13: Questa città raggiunse anticamente tanta fortuna che esercitò il suo dominio su 4 popoli vicini ed ebbe a sé sottoposte 25 città; e [i Sibariti] scesero in campo contro i Crotoniati con 300 mila uomini, e abitando presso il Crati coprivano completamente un circuito di 50 stadi [pari a circa 9 km].
Ateneo – Libro XII, 518e: Era costume fra i Sibariti che persino i fanciulli indossassero fino all’età adulta tuniche di porpora e portassero i riccioli intrecciati con l’oro…
Libro XII, 541a-b: Nella sua raccolta Fatti prodigiosi Aristotele narra come il sibarita Alcistene, assecondando la sua voluttà, si fece preparare un manto di tale sfarzo, che lo espose al tempio Lacinio [a Crotone – NdR] alle feste di Era, lì dove si radunano tutti i Greci d’Italia, e che fu l’oggetto più ammirato tra quanti erano esposti in quel luogo. Dicono che Dionisio il Vecchio, entratone in possesso lo abbia venduto ai Cartaginesi per centoventi talenti; ne parla anche Polemone nell’opera intitolata L’abbigliamento a Cartagine.
Libro XII, 519b-c: I Sibariti indossavano mantelli di lana di Mileto, circostanza che favorì anche l’amicizia tra le due città, come afferma Timeo: delle genti italiche, infatti, i Sibariti prediligevano gli Etruschi e fuori dall’Italia gli Ioni, perché amavano dedicarsi ai piaceri.
Libro XII, 519d: La maggior parte di loro [dei Sibariti] possiede cantine nei pressi del mare, nelle quali il vino è portato tramite condotte; parte di esso è venduto fuori dal territorio, parte è trasportato in città con battelli.
Libro XII, 519d-f: La prosperità di Sibari sembra trovare un’importante giustificazione nel fatto che, per la conformazione fisica della zona – la costa è infatti bagnata da un mare importuoso e quasi tutta la produzione agricola è consumata dagli abitanti – sia la posizione naturale sia l’oracolo del dio spingevano tutti a estenuarsi nei piaceri, facendoli vivere in una smodata dissolutezza.
Libro XII, 521b-d: Nel venticinquesimo libro delle Storie Filarco (…) dice inoltre: «…la legge stabiliva poi che [a Sibari] né i venditori né i pescatori di anguille pagassero tasse, e che fossero altresì esenti da imposte i tintori di tessuti in porpora marina, come anche gli importatori della porpora stessa».