La parola Sila deriva da Silva Brutia, la foresta dei Bruzi. E questo già la dice lunga sulle caratteristiche di questo altopiano, primo in Europa per estensione e secondo al mondo. Una distesa di 150.000 mq di prati, radure, coltivazioni, ma, soprattutto, una foresta di faggi, castagni, e di pino laricio, una varietà che si trova quasi solo qui. Una cinquantina di enormi ed antichissimi esemplari di questo albero, chiamati “I Giganti della Sila” per le loro dimensioni imponenti, regalano le loro ombre e i loro profumi nella riserva del Fallistro.
– Guarda
Al di sopra delle loro maestose sommità si intravede il volo elegante dello sparviero, del corvo imperiale, del nibbio reale.
Nel sottobosco è usuale incontrare un tasso, una faina, o una volpe con la sua cucciolata. Tra i tronchi, il timido capriolo ed il superbo cervo. Più raro, ma possibile all’interno del parco del Cupone, l’incontro con il temuto lupo silano, feroce solo nelle favole.
Intorno ai laghi Arvo, Ampollino, Cecita, tra asfodelo, sambuco e malva, svettano i lunghi colli di aironi e gru.
E poi, i colori. I colori della Sila sono incredibili. Variano non solo con le stagioni, ma anche nelle diverse ore del giorno, di zona in zona. Cinquanta sfumature di verde? No, ce ne sono almeno cinquemila. Per non parlare dei rossi del tramonto, dei rosa delle albe, degli azzurri di cieli ed acque, degli ocra dei terreni, dei bianchi dell’inverno.
– Annusa
E vogliamo parlare dei profumi? Resina, muschio, valeriana, ribes e lamponi. Qui c’è l’aria più pulita d’Europa, lo sapete? I polmoni si espandono inconsapevolmente, per riempirsi di ossigeno che, sebbene più rarefatto (siamo pur sempre intorno ai 1500 mt.) è puro ed incontaminato.
– Tocca
Raccogliete un fungo, liscio e lievemente viscoso, sbriciolate tra le dita le foglie secche, sfiorate la corteccia di un abete, pettinate il manto erboso umido di rugiada, accarezzate i petali vellutati della rosa canina. Sensazioni tattili da provare ad occhi chiusi.
– Ascolta
E ascoltate: il bosco sembra silenzioso, ma non lo è. Fruscii, squittii, cinguettii. Foglie che cadono, pigne che si aprono scricchiolando, piante che smuovono il terreno nello sforzo secolare di nascere alla vita.
– Assapora
Last but not least ho lasciato il gusto. Perché parlare di sapori, in Sila, è come parlare di ghiaccio al polo.
Qui è tutto sapore: dalle carni sopraffine di suino nero o di vacca podolica, ai formaggi sapientemente lavorati con cura e genuinità, che sia caciocavallo DOP o ricotta al vino. Dalle conserve alle marmellate di tutti i frutti immaginabili e anche quelli che nessuno immaginerebbe mai. Perché in Sila, si dice, si può morire di tante cose, ma non di fame. E’ una terra generosa, dove “sputi e nasce qualcosa”. E le donne del luogo hanno imparato da secoli a conservare al meglio tutti i regali dell’altopiano, per prepararsi all’inverno che ricopre i tesori del sottosuolo, addormenta alberi ed arbusti e rintana gli animali.
– Ama
Ma generosa non è solo la terra. Oltre ai cinque sensi, c’è un altro senso importante e predominante in questa Terra meravigliosa, ed è il senso dell’ospitalità della gente. Le braccia e la dispensa sono sempre aperte, per chiunque si trovi a passare. Non è solo un offerta di pane e vino, ma l’offerta del cuore pulsante calabrese, disponibile per l’ospite, sconosciuto, ma sempre bene accolto. E’ una caratteristica primordiale, insita nella gente di questi luoghi che restano isolati per lunghi mesi, per cui da sempre c’è l’abitudine alla condivisione, all’unione, al supporto vicendevole. E qui, quando si cucina, si cucina per tutti. Le ricette più note non hanno dosi: si fa tanto di tutto. Non si ragiona a porzioni, ma a teglie o a “quadare” che sono gli enormi pentoloni in cui si cuoce, ad esempio, la cuccìa. Non sapete cos’è?
Il termine “cuccìa” deriva dal greco koukkìa, che vuol dire chicco. Si prepara, infatti, con il grano bollito. Gli antichi greci cucinavano questo piatto in occasione della commemorazione dei Defunti. La ricetta originale, che prevedeva l’aggiunta di spezie e carne di capra, è arrivata nella presila calabrese e si è estesa successivamente a diverse altre zone, subendo diverse modifiche, fino ad arrivare alla versione dolce tipica della Sicilia e della Campania. La lavorazione richiede, tradizionalmente, tre giorni, tra pulitura e macerazione del grano e successiva cottura. Facilitati dalla possibilità di acquistare il grano già pulito e precotto, vi propongo una versione moderna della cuccìa: la variante fingerfood.
CESTINI DI CUCCIA ALLE VERDURE PICCANTI
• caciocavallo silano DOP stagionato grattugiato
• grano bollito in brodo di verdure
• zucchine, melanzane, patate, carote, sedano, cipolla, cavolfiore, piselli o altre verdure a volontà, tagliate a cubetti piccoli e lessate in acqua salata
• mezzo cucchiaino di olio di peperoncino piccante
Con il caciocavallo grattugiato preparate dei cestini (di seguito, il procedimento). Frullate una parte del grano con il brodo di cottura, fino ad ottenere una mousse morbida. Aggiungete le verdure a pezzettini ed i chicchi di grano rimasti. Farcite con la mousse i cestini e servite.
Per i cestini:
In una padella antiaderente mettete tre cucchiai di caciocavallo, spandendoli a cerchio in maniera uniforme, aiutandovi con il dorso del cucchiaio: lasciate sciogliere il formaggio a fuoco lento, fino a quando inizia a dorare. Sollevatelo con una paletta e poggiatelo su un bicchierino rovesciato dandogli la forma con le mani; poi lasciatelo raffreddare, ed eccolo pronto.
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