di Redazione FdS
E’ un nuovo modello di business che mira a sfruttare in senso costruttivo il nostro patrimonio culturale e ambientale e si fonda su un’idea di partecipazione dei cittadini a quella che viene definita una “economia di comunità”. Ma soprattutto si tratta di un’esperienza che viene dal Sud Italia e si impone come una cartina di tornasole di una fetta di popolazione in fermento – fatta di 20-30-40enni colti, dinamici e capaci di ripensare in modo innovativo il territorio in cui hanno scelto di vivere e di operare con una forte dose di fiducia nel futuro. Viene definita Social Innovation e ad essa è dedicato il libro Sud Innovation di Stefano Consiglio e Agostino Riitano, appena uscito per Franco Angeli Editore (208 pp. – 27 eu).
Nel volume vengono presentate alcune realtà dell’Italia meridionale i cui protagonisti hanno agito proprio nel senso del recupero del patrimonio artistico e ambientale del territorio, facendone una fonte di attività economica. E proprio in merito all’importanza e al valore di tale patrimonio, nel testo viene messo in evidenza come i beni culturali del Meridione rappresentino il 30% dei 49 siti Unesco italiani e come il Mezzogiorno possegga anche un notevole patrimonio naturale: su 24 parchi nazionali, ben 14 si trovano nel Sud del Paese, e in termini di dimensioni, si trova qui il 72,1% dell’intera superficie dei parchi nazionali italiani.
Secondo gli autori, da questi dati è possibile ri-partire con un occhio attento all’Unione Europea nell’ambito della quale, come nel resto del mondo, si stanno predisponendo finanziamenti per imprese sociali: il programma di ricerca Horizon 2020, ad esempio, stanzierà miliardi di euro mentre in paesi come l’Inghilterra vi sono esperienze positive come Nesta, una grande charity che sostiene idee di valore.
Il fenomeno acquista ancor più interesse se si tiene conto della sconfortante situazione generale in cui versa il patrimonio culturale e ambientale italiano, a rischio per scarsità di risorse e crisi economica. In un quadro del genere non possono quindi non salutarsi con entusiasmo iniziative promosse da cittadini appassionati e competenti che stanno ri-funzionalizzando siti, luoghi, saperi e tradizioni, riorganizzando le relazioni comunitarie e il lavoro.
Il volume, avviando una riflessione sull’innovazione sociale applicata alla gestione del patrimonio culturale, ha scelto di restringere il campo di osservazione sulla realtà meridionale e mediterranea, dove il desiderio di appartenere ai luoghi culturali e naturali della propria terra sta infondendo nelle comunità locali amor proprio e coraggio. Via via che si accresce la coscienza ecologica e si afferma la necessità di essere autori di cultura, la terra è riconquistata non solo in termini agricoli e produttivi, ma mentali e creativi. Restituendo diritto di cittadinanza ai propri luoghi, creando per essi nuove forme di condivisione, la società meridionale scopre che è possibile produrre non solo per il mercato, bensì per un’economia locale di equilibrio.
ALCUNI ESEMPI DI “SOCIAL INNOVATION” NEL SUD ITALIA