di Rocco Mazzolari
Nel pensare alle città campane distrutte dalla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e alle migliaia di reperti che tre secoli circa di scavi hanno fino ad oggi restituito, inevitabilmente la nostra mente corre agli scavi di Pompei, a quelli di Ercolano o al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In realtà anche in questo caso, come per altri di diversa origine presentati nella nostra rubrica Outside Mirabilia, numerose testimonianze – spesso fra le più belle – dell’Italia antica, hanno preso il volo verso collezioni private o musei pubblici esteri dove oggi è possibile vederle. Ciò è avvenuto sia attraverso percorsi clandestini sia perchè in un certo periodo storico non esistevano leggi restrittive sull’esportazione di opere d’arte oppure perchè lo Stato italiano ha rinunciato ad esercitare qualsiasi prelazione sull’acquisto. E’ quest’ultimo il caso degli splendidi affreschi provenienti da una villa residenziale esplorata fra il 1894-95 in agro di Boscoreale, oggi cittadina dell’area metropolitana di Napoli, in un luogo situato a poco meno di due chilometri da Pompei in direzione del Vesuvio: si tratta della villa di Publio Fannio Sinistore, così chiamata per la presenza di questo nome su un vaso, ma con molta probabilità appartenuta ad un certo Lucius Herius Florus, come testimonia il ritrovamento di un sigillo (leggi il racconto della scoperta della villa scritto da Salvatore Di Giacomo). E’ questa solo una delle numerose ville di una località che insieme all’attuale Boscotrecase, costituiva un sobborgo della vicina Pompei con il nome di Pagus Augustus Felix Suburbanus. Nell’Ottocento il luogo si distinse per la scoperta di diverse ville rustiche di età romana, riportate alla luce da privati cittadini, sia pure sotto l’occhio della Soprintendenza Archeologica: ne emersero splendidi tesori di di argenterie, affreschi, bronzi, pavimenti a mosaico, putualmente asportati e venduti al miglior offerente dai proprietari dei fondi, poiché le leggi del tempo lo consentivano.
Ritornando alla villa di Publio Fannio Sinistore, i suoi affreschi, risalenti al I° sec. a.C. ed appartenenti al ”secondo stile” pompeiano, sono purtroppo finiti smembrati fra vari musei come il Metropolitan Museum di New York, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi, il Musée de Picardie di Amiens e il Musée Royal de Mariemont a Morlanwelz, in Belgio. Noi abbiamo scelto di parlarvi di quelli custoditi dal 1903 presso il museo americano (Galleria 165 – Arte greca e romana) perchè sono fra i più belli e rappresentativi. Accanto ad un nucleo che raggruppa quelli che decoravano un intero cubiculum [nella casa romana piccolo ambiente destinato a camera da letto] riassemblato negli spazi del museo, si conserva una serie di singole magalografie provenienti da altri ambienti della villa.
Osservando più nel dettaglio gli affreschi del cubiculum, scorgiamo una serie di ambientazioni che sembrano sospese fra il realistico e il fantastico. Nella parte superiore della parete di fondo si nota un’altura rocciosa sovrastata da balaustre e da un pergolato, mentre in basso una ombrosa grotta, ricoperta di edera popolata di uccelli, fa da riparo ad una fontana. A sinistra, sopra un parapetto costeggiato da due colonne, attira l’attenzione un vassoio di vetro colmo di frutta, oggetto che qualche studioso ha definito un ‘rebus’ risalendo l’affresco a decenni prima che il vetro soffiato trasparente venisse introdotto in Italia. Le due pareti laterali risultano simmetriche, suddivise come sono in quattro sezioni tramite pilastri e colonne decorate. Gli spazi racchiudono misteriose architetture civili e templari, fra edifici porticati, terrazze, are e vasi votivi, vegetazione e statue, immersi in una suggestiva atmosfera fuori dal tempo.
Fra gli affreschi staccati da altri ambienti della villa, notevole per fascino espressivo è l’affresco raffigurante una donna di rango aristocratico, adorna di bracciale orecchini e diadema, intenta a suonare la cetra con accanto una bambina (figlia o sorella) poggiata alla sua sedia. Entrambe sembrano rivolgere gli occhi verso l’osservatore, in uno scambio di sguardi che varca i millenni. L’affresco proviene dalla stanza H della villa, forse una sala da pranzo (triclinium) o una stanza per le riunioni sociali (oecus) e riprende il modello delle megalografie di tradizione greca, grandi “quadri” che decoravano le stanze. Denso di mistero e di simbolismi è poi il frammento di affresco proveniente dalla stanza L, l’esedra, situata nella parte posteriore del peristilio, raffigurante una sontuosa ghirlanda di foglie di alloro, melograni, spighe di grano e pigne, da cui pendono la maschera di un satiro, un cembalo e una cista mystica (cesto sacro) da cui guizza fuori un serpente, tutti attributi che riconducono a Dioniso/Bacco, il dio della fertilità, del vino e della esuberante gioia di vivere.
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