A riaccendere i riflettori sull’antica strada borbonica tra Napoli e Reggio Calabria è uno studio dell’architetto campano Luca Esposito. L’auspicio è che possa diventare un percorso turistico tra borghi, antiche stazioni di posta, siti archeologici e oasi naturalistiche
“Ospite cessa di ammirare le antiche vie Flaminia, Aurelia, Appia, portenti dall’antica ingegneria. Questa strada di 300 mila passi che va fino a Reggio già impraticabile è divenuta ora, comodissima agli scambievoli rapporti fra provincie. Questa opera che provvidamente volle Ferdinando IV Re di Napoli e Sicilia, Pio Felice Augusto, edificata a spese dall’Erario Regio, dei Sacerdozi, delle Provincie, dei Municipii, è tua, un miracolo non solo dell’Italia ma di tutto il mondo”
(traduzione dal latino dell’Epitaffio borbonico dedicato nel 1779 alla Strada Regia)
di Redazione FdS
Un cammino per la pace e contro tutte le guerre: è quello che dal 26 marzo scorso Vienna Cammarota – 72 anni, guida ambientale-escursionistica, nonché ambasciatrice di Archeoclub d’Italia – sta compiendo dopo essere partita da Pagliarone di Serre, nel salernitano, diretta a Castrovillari, nel nord della Calabria, dove conta di arrivare il prossimo 2 Aprile con tappa al Castello Aragonese. Un viaggio a piedi di 182 km fatto attraversando 22 borghi carichi di storia e i loro territori lungo l’antico percorso della Strada Regia delle Calabrie che in epoca borbonica collegava Napoli, capitale del Regno, con Reggio Calabria. La partenza – evento al quale hanno partecipato autorità, cittadini, scuole e associazioni culturali – è avvenuta dall’epitaffio storico voluto da Re Ferdinando IV di Borbone che sanciva l’inaugurazione nel 1779 della strada “nova”, ambiziosa prosecuzione del tratto – già costruito nel 1745 sotto re Carlo di Borbone – che iniziava a Napoli presso il Ponte della Maddalena sul fiume Sebeto (corso d’acqua da tempo interrato) e raggiungeva la tenuta regia di Persano; quello di Serre è senza dubbio un epitaffio dai toni propagandistici, soprattutto considerato che i lavori sarebbero stati completati solo decenni dopo e che la complessa orografia dei territori attraversati avrebbe richiesto una serie di percorsi trasversali che collegassero la strada con i vicini centri abitati o con gli approdi marittimi lungo il litorale tirrenico, raccordi quasi totalmente assenti; per cui alla fine, almeno in epoca pre-unitaria, la strada risultò utile soprattutto allo spostamento di truppe militari e, non senza disagi, al transito di funzionari statali e di ricchi viaggiatori alla ricerca delle pittoresche località del Grand Tour.
In questo immenso lavoro Esposito ha proceduto con una serie di successivi riscontri alle prime ipotesi di ricostruzione cartografica perfezionando via via i risultati. Questo gli ha consentito di accertare e di aggregare intorno al tracciato borbonico una serie di altri elementi complementari, importanti ai fini del progetto di valorizzazione culturale e turistica dei borghi toccati dalla Via Regia delle Calabrie, progetto per il quale Esposito è stato delegato dall’Archeclub d’Italia e che, se vogliamo, costituisce l’obiettivo più prezioso dell’intera ricerca, oltre naturalmente a quello di fornire una chiave di lettura organica sulla storia di una strada che unisce territori diversi ma tutti ugualmente ricchi di risorse storico-culturali. Lo studioso ha così provveduto a censire le numerose emergenze storico-architettoniche e naturalistiche, i monumenti più rappresentativi dei paesi attraversati, riportando per ciascuno di essi una breve descrizione in grado di offrire uno spaccato del grande patrimonio di opere cosiddette “minori”, spesso ignote al grande pubblico, di cui è ricchissima l’Italia e soprattutto il Mezzogiorno. Summa di tutto questo lavoro è il volume “La Strada Regia delle Calabrie. Ricostruzione storico-cartografica dell’itinerario postale tra fine Settecento e inizio Ottocento, da Napoli a Castrovillari” nel quale Luca Esposito presenta in 190 pagine riccamente illustrate il primo tratto analizzato dell’itinerario borbonico, quello appunto da Napoli a Castrovillari (143 miglia napoletane, pari circa alla metà della lunghezza fino a Reggio Calabria), oggetto del succitato cammino di Vienna Cammarota. Il libro è consultabile presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, la Biblioteca di Storia dell’Arte “Bruno Molajoli” in Castel Sant’Elmo (Napoli), l’archivio dell’Istituto Geografico Militare di Firenze e la Biblioteca dell’Ordine degli Architetti di Napoli, mentre una versione digitale è disponibile e scaricabile sul sito Academia.edu.
Questa prima parte dell’itinerario (la restante ricostruzione sarà oggetto di una nuova pubblicazione) è quella per la quale è stato possibile reperire la documentazione più ampia. La narrazione si articola in capitoli, ciascuno dei quali coincide con una tratta dell’itinerario postale, così definito perché intervallato da diverse stazioni di posta, luoghi adibiti alla sosta temporanea dei corrieri, delle vetture private e delle diligenze che trasportavano persone, merci e corrispondenza, principalmente per consentire il cambio dei cavalli, ma anche la fermata, la salita e la discesa dei passeggeri; inoltre i viaggiatori che proseguivano, durante il cambio dei cavalli, potevano mangiare nella locale taverna. Spesso sono luoghi di origine antichissima, come dimostrano i resti di strutture risalenti all’età romana (stationes) e dotate di funzioni analoghe. È il caso ad es. della Taverna della Duchessa (v. prima foto in alto), ubicata nei pressi del confine tra Campania e Lucania e in gran parte sopravvissuta fino ai nostri giorni. Da Napoli a Castrovillari le tratte postali sono 14, ognuna delle quali ricopre mediamente la lunghezza di 10 miglia, pari alla distanza che un cavallo al galoppo era in grado di percorrere senza effettuare soste. L’ultima stazione di questa prima parte del percorso, nonché la prima in Calabria, era quella di Castrovillari.
Particolarmente trafficate erano le prime tre tratte del percorso, da Napoli a Salerno, rispetto alle quali – spiega Esposito – la quantità di notizie e documenti disponibili è risultata particolarmente elevata, soprattutto in riferimento al celebre Miglio d’Oro, il tratto di strada tra Ercolano e Torre del Greco su cui affacciavano le splendide Ville Vesuviane, dimore nobiliari settecentesche di straordinaria bellezza (diverse sono ancora esistenti).
Per questa parte del percorso si è rivelata sufficiente l’individuazione topografica del tracciato e la descrizione delle principali opere di interesse storico e architettonico su cui già esiste un’ampia bibliografia. Spunti di ricerca interessanti ed inediti e più suggestive ipotesi di ricostruzione ha invece offerto il tratto da Eboli fino al Vallo di Diano, proseguendo nei territori montuosi della Basilicata e della Calabria settentrionale.
Oltre a ciò che rimane degli antichi edifici di sosta – come ad es. la Taverna Penta e la Taverna del Pagliarone, presso Pontecagnano Faiano, la Taverna d’Aniello e la Taverna degli Impisi ossia degli “impiccati”, presso Serre, o la già citata Taverna della Duchessa, nei pressi di Sicignano degli Alburni, solo per citarne alcuni – la Strada Regia delle Calabrie incrocia residenze storiche come la Real Casina di Caccia di Persano, nel comune di Serre, un edificio appartenuto a re Carlo di Borbone che nel 1752 ne affidò la realizzazione all’ingegnere militare Giovanni Domenico Piana in una zona ricca di boschi e di selvaggina e l’anno dopo volle che il celebre architetto Luigi Vanvitelli lo rimaneggiasse.
Non mancano resti della via romana Capua-Reghium del II° sec. a.C., la consolare più nota come Via Popilia, che correva negli stessi luoghi e che a sua volta è stata oggetto di una recente opera di riscoperta; sopravvivono infatti alcuni tratti del basolato antico e ponti coevi che passano sotto ad altri di epoca moderna; e poi ancora testimonianze dal ‘500 all’ ‘800 tra antiche osterie, pozzi, fontane, palazzi, chiese, monasteri (splendida la Certosa di Padula), fortini costruiti dai Francesi, ma anche ponti importanti come ad esempio il ponte del Verticillo sul fiume Sele, realizzato tra il 1624 e il 1625 e ricostruito nel 1757 sotto la direzione di Luigi Vanvitelli, oppure lo storico e ben conservato Ponte di San Giovanni, che sorge sul fiume omonimo presso Castelluccio Inferiore (Pz), in Lucania, la cui realizzazione si fa risalire all’epoca romana sebbene la struttura oggi visibile mostri chiari segni di rimaneggiamento sette-ottocentesco peraltro comprovati da documenti d’archivio. Per le epoche più recenti sopravvivono memorie legate all’unità d’Italia, di quando Garibaldi ed i suoi Mille la percorsero per inseguire un ideale, così come memorie della Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe tedesche in ritirata lasciarono dietro di sè distruzioni di paesi e ponti e, infine memorie legate alla grande emigrazione ottocentesca, quando innumerevoli disperati la percorsero inseguendo il sogno di imbarcarsi a Napoli per le Americhe.
Come già accennato all’inizio, i borghi incrociati dalla prima parte percorso sono 22 e sono dislocati nelle tre regioni attraversate dalla Strada Regia: Serre (Sa), Postiglione (Sa), Sicignano degli Alburni (Sa), Petina (Sa), Auletta (Sa), Pertosa (Sa), Polla (Sa), Atena Lucana (Sa), Sala Consilina (Sa), Padula (Sa), Montesano (Sa), Casalbuono (Sa), Lagonegro (Pz), Rivello (Pz), Nemoli (Pz), Lauria (Pz), Castelluccio Superiore (Pz), Castelluccio Inferiore (Pz), Laino Borgo (Pz), Rotonda (Pz), Morano Calabro (Cs), Castrovillari (Cs). Altri se ne aggiungeranno in futuro lungo la direttrice per Reggio Calabria, completando così il quadro generale. Ciascuna di queste località ha da offrire secoli, e a volte millenni, di storia poco o nient’affatto conosciuta da chi frequenta i consueti circuiti del turismo in Italia. È un sud sorpendente, quello disvelato da Esposito, fatto di suggestivi insediamenti urbani, arte, paesaggi, tradizioni, che meritano di essere portati all’attenzione dei pubblico, riaccendendo i riflettori su questa parte d’Italia. E a tale scopo non si può non condividere la proposta lanciata da Rosario Santanastasio, Presidente Nazionale di Archeoclub D’Italia: “Noi chiediamo al Ministero dei Beni Culturali che la Via Regia Borbonica, ricca di testimonianze storiche e meravigliosi borghi possa diventare un cammino turistico”. Una proposta la cui attuazione potrebbe favorire a nostro avviso anche il recupero di molte testimonianze del passato finora abbandonate all’incuria e al degrado.
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