di Redazione FdS
Miele, cannella, menta, bacche di ginepro e resine erano le odorose essenze che aromatizzavano il vino conservato nella cantina più antica mai scoperta nella storia dell’archeologia, almeno se ci riferiamo ad un deposito di tipo non funerario, campo nel quale il primato è detenuto dalla tomba egizia del Re Scorpione del 3000 a.C. con i suoi 700 orci. Quella di cui vi stiamo parlando ha 3700 anni ed è stata ritrovata l’estate scorsa fra le rovine di una residenza a Tel Kabri, città cananea nel nord di Israele. Il luogo è un’area di scavi archeologici avviati fin dagli anni ’80 e condotti dal 2005 da un team internazionale codiretto da Assaf Yasur-Landau del Leon Recanati Institute for Maritime Studies dell’Università di Haifa, e dal Prof. Eric H. Cline della The George Washington University. Oltre ad essi la nuova scoperta ha coinvolto anche alcuni archeologi della Brandeys University di Waltham (Massachussets). Gli esiti dello scavo sono stati riferiti venerdì scorso nel corso del convegno annuale che a Baltimora raduna esponenti delle Scuole Americane di Ricerche Orientali.
La cantina venuta alla luce era composta da decine di orci contenenti vino bianco e rosso: ne sono stati contati una quarantina, per lo più ridotti in frantumi a causa del crollo della struttura forse dovuto a un sisma. Fango, mattoni e calcinacci ricoprivano infatti questi arcaici recipienti di circa tre piedi di altezza e della capacità di una cinquantina di litri l’uno (pari a circa 3000 bottiglie di vino) dislocati nei pressi di una sala che pare fosse destinata ai banchetti dei notabili del posto e degli ospiti stranieri più importanti. Il prof. Cline ha sottolineato la straordinarietà della scoperta che “non ha eguali per età e dimensioni”.
Gli archeologi erano alle prese con gli scavi presso il Palazzo del Governatore risalente al 1700 a.C. quando ad attirare la loro attenzione è stata una grande giara, la prima di una lunga serie, fino al progressivo riemergere dell’intero deposito contenuto in uno spazio di 34 metri quadrati. Frammenti vascolari e residui di origine organica sono stati subito sottoposti ad analisi ed oltre alle tracce di acido tartarico e siringico, tipici componenti del vino, sono emerse le essenze aromatiche che citavamo in apertura, testimonianza di di un uso praticato anche dagli antichi Egizi nella preparazione di vini con proprietà medicinali. Il composto è risultato chimicamente costante in tutti gli orci, a dimostrazione dell’utilizzo di una ricetta unica per tutta la riserva custodita nella remota cantina. Raccogliendo il maggiorn numero possibile di dati – ha azzardato qualche studioso – si potrebbe pensare di ricreare il gusto di quell’antico vino.
“Una cosa molto interessante – ha dichiarato il prof. Cline – è la corrispondenza di quanto emerso qui a Tel Kabri con quanto riportato in alcuni testi antichi. La città sumera e amorita di Mari [IV millennio a.C. – NdR], sul fiume Eufrate, ha restituito nel 1930 un gruppo di tavolette con iscrizioni che parlano del regno e dei suoi abitanti, ma fra le informazioni riportate si fa riferimento anche alla cantina del re elencando gli stessi additivi che sono stati riscontrati nel vino di Tel Kabri. Questo potrebbe significare che fosse vino importato dall’Eufrate, ma non è detto con certezza. Per ora accontentiamoci di aver dimostrato l’esistenza di qualcosa che conoscevamo solo tramite una tradizione testuale”. Intanto il prof. Cline ha dato anche qualche anticipazione in merito ad altre tracce individuate pochi giorni prima del termine dello scavo e cioè un doppio ingresso che sembrerebbe condurre ad un altro deposito. Non vi è stato il tempo materiale per scavare ma sono state intraviste molte terrecotte: “La domanda è – ha concluso Cline – che cosa sarà mai questo altro ripostiglio? Non sappiamo se i vasi intravisti contengano altro vino. Potrebbero contenere olio d’oliva. E se fosse qualcos’altro? “ La risposta al quesito non arriverà prima del 2015 quando il prof. Cline tornerà a scavare a Tel Kabri con un’altra squadra di archeologi.
A seguito di questa scoperta sembra intanto prendere corpo l’idea che anche l’antico vino egizio fosse di derivazione cananea, considerato che a quanto pare non ci fosse vite selvatica nella terra del Nilo. “E’ probabile – dice Patrick McGovern, un’autorità in materia di vino antico dell’Università della Pennsylvania – che circa 5000 anni fa si fosse sviluppata fra i Cananei una cultura enologica poi esportata in Egitto”. Successivamente i Cananei avrebbero portato via mare le loro conoscenze verso nord gettando le basi per lo sviluppo della vinificazione in Grecia, in Italia e nel resto d’Europa.
Ad ogni modo il ritrovamento di Tel Kabri è una bella testimonianza dell’antichità dell’arte della vinificazione, per quanto nel sud dell’Europa vi siano tracce archeologiche in materia non meno significative quanto ad importanza ed antichità, forse legate alla citata ipotesi di McGovern, tracce delle quali presto noi di FDS vi parleremo approfonditamente, sicuri di sorprendervi.