Sud in Musica. Il Salento nostalgico e struggente di René Aubry

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Puglia – Scorcio di costa di Porto Selvaggio , Nardò (Lecce) – Image edited from photo by Yellow.cat | CCBY2.0 – Nel riquadro, il musicista francese René Aubry – Ph. Official site

di Redazione FdS

E’ noto come l’Italia abbia da sempre ispirato scrittori, poeti, musicisiti ed artisti di ogni sorta, abbagliati da quella magica combinazione di natura e cultura che rende il nostro Paese qualcosa di davvero unico nel panorama geografico e storico internazionale. Una connubio che la modernità ha messo, e continua a mettere, a dura prova – alterando e devastando territori e paesaggi – attraverso l’esercizio di un’aberrante forma di autolesionismo, anch’essa davvero rara nell’Universo; è quasi come se l’Italia, sazia di secoli di contiguità con il Sublime, sia caduta preda di una sorta di “depressione” grave paragonabile a quella di certe madri che disconoscono i propri figli fino ad arrivare ad ucciderli. In questa prospettiva si assiste quotidianamente ad una dura lotta fra quanti vogliono salvare angoli di paradiso ancora esistenti e quanti invece si industriano a concepire forme sempre più subdole di stupro del territorio. In questa follia non ci sono grandi distinzioni fra Nord e Sud.

Volgendo lo sguardo a Mezzogiorno, una delle zone fra le più esposte ai rischi di questo diabolico esercizio è il Salento, terra di paesaggi mozzafiato, di realtà naturalistiche a volte di estrema rarità e di commovente bellezza, di insediamenti umani ultramillenari, di tradizioni ancestrali. Insomma qualcosa di estremamente prezioso ma anche di profondamente fragile, di cui finora solo la vigilanza costante di tanti cittadini di buona volontà sta garantendo in buona misura la conservazione. Questo ha permesso di salvaguardare anche quel potere di fascinazione che in tante occasioni il Salento – come del resto può dirsi per l’intera Puglia – riesce ad esercitare su quanti lo visitano, percorrendone magari le contrade più appartate, spesso fonte delle sorprese più inattese.

E così si fa sempre più ricca la lista di scrittori, registi ed artisti latu sensu che decidono di trascorrere in Salento un periodo di vacanza o addirittura di acquistarvi casa, oppure ancora di farne l’ambientazione ideale di qualche loro opera. Fra questi il cinquantasettenne musicista francese René Aubry dai primi anni ’80 celebre in tutto il mondo per aver composto numerose colonne sonore per il cinema, musiche di scena per il teatro, oltre a quelle per i balletti di danzatrici e coreografe come Carolyn Carlson (a lungo sua compagna di vita) e Pina Bausch; un artista che ha al suo attivo circa una ventina di album discografici, tutti di notevole successo. Per lui la Puglia è stata una terra di folgorazioni: lo è stata sul piano strettamente personale quando, ospite del noto festival di musica contemporanea Time Zones diretto da Gianluigi Trevisi, ha incontrato la giovane barese che avrebbe poi sposato. Lo è via via diventata sul piano professionale grazie al suo debutto come concertista, avvenuto proprio a Time Zones con un ensemble tutto pugliese, e grazie ai tanti concerti tenuti a Lecce, Bari, Gioia del Colle, Giovinazzo, Alberobello.

Era quindi quasi inevitabile che prima o poi spuntasse un omaggio musicale a questa terra con cui l’artista intrattiene un rapporto di amicizia così intenso. L’omaggio è arrivato nel 1998 con l’album Plaisirs d’Amour all’interno del quale compare Salento brano scelto per aprire l’intero lavoro discografico. Archi, chitarre, mandolino e percussioni dipingono di questa terra un affresco carico di nostalgia, semplice e nitido come spesso solo i sentimenti veri sanno essere. Fedele ai canoni del minimalismo musicale, Aubry si contraddistingue per la sua personale capacità – particolarmente evidente in questo pezzo – di caricare la propria musica di sfumature che la spingono oltre il carattere più rigorosamente contemplativo e ipnotico di tale corrente espressiva; un delicato tessuto sonoro che sembra seguire la trama di ricordi lontani, accogliendo suggestioni  che vanno dalla musica classica a quella etnica, al pop. Salento è una di quelle piccole “canzoni senza parole”, come sono state definite le sue composizioni; una di quelle gouaches sonore che Aubry è solito tratteggiare con arpeggi e pizzicate di chitarra acustica, qualche tocco di percussione e di strumento a fiato.

 

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