di Kasia Burney Gargiulo
In piena Belle Epoque arrivò direttamente dalla Francia ed esplose anche in Italia il fenomeno dei cafè-chantant, locali dove fermarsi a bere qualcosa fino a notte fonda seguendo spettacoli dalla volatile leggerezza rivolti soprattutto ad un pubblico maschile. Numeri dal vago sapore circense e momenti di musica e canto con figure femminili presto assurte al ruolo di dive e femmes fatales, furono i richiami principali di questi luoghi ”di perdizione” in realtà frequentatissimi da quella stessa borghesia solitamente incline a scandalizzarsi per un nonnulla. Soprattutto le cantanti divennero modelli di una femminilità peccaminosamente seduttiva e alcune di loro presto si trasformarono in vere icone di un’epoca. In Italia i café-chantant cominciarono a fare tendenza negli ultimi decenni dell’800, a partire dal Salone Margherita di Napoli che risulta essere il primo di cui si abbia notizia in Italia, ma altri ne nacquero a Roma, Milano e anche altrove. Protagoniste della scena, come dicevamo, erano loro, le dive, inizialmente importate dalla Francia ma presto scelte fra le artiste italiane non meno belle e brave, tanto che alcune di esse finirono col calcare anche i palcoscenici esteri.
Per conservare il fascino dell’esotismo molte di loro adottarono nomi d’arte dal suono francesizzante, come nel caso di Anna Fougez, in realtà tarantina doc nata Maria Annina Laganà Pappacena. Affascinante, voce sensuale, sorriso accattivante oppure – a seconda dei testi da interpretare – aria da bella tenebrosa o da vamp ammaliante, Anna Fougez era destinata a diventare la regina indiscussa del tabarin degli anni Venti e del Music-hall degli anni Trenta, colei che creò in Italia il fenomeno del divismo nel mondo della canzone. Una vera icona liberty che per lungo tempo non ebbe rivali se è vero come riportano le cronache del tempo che nè Isa Bluette, nè Lidia Johnson – altre celebri star di allora – riuscirono a reggere il confronto con lei, o che le nuove leve, giunte successivamente sulla ribalta del varietà – come Milly o Wanda Osiris – non furono altro che delle pallide imitazioni.
A parte il talento artistico, che a quanto risulta era decisamente all’altezza del personaggio, la Fougez – scrive Walter Salvucci in un suo testo del 1986 – ebbe anche il primato di essere la prima grande mannequin italiana, la più celebre dei suoi tempi, interprete di una moda tutta italiana che riuscì ad imporre a livello internazionale in alternativa a quella francese allora imperante.
Oggi si torna a parlare ancora una volta di lei grazie all’iniziativa dell’autore e regista Leo Pantaleo che intorno alla celebre chanteuse ha costruito lo spettacolo ”Irresistibile Fougez”, un omaggio nel 120° anniversario della nascita (9 luglio 1894). Ad interpretare il ruolo della diva, il prossimo 11 luglio alle 21.00 al MuDi di Taranto, ci sarà il soprano Tiziana Spagnoletta accompagnata al pianoforte da Ornella Carrieri. Nel corso del recital, presentato da Francesca Marsiglia, l’interprete vestirà costumi originali di Anna Fougez.
Data questa speciale occasione per ricordarla, ci piace ripercorrere alcune tappe fondamentali della sua vita privata ed artistica. Nata a Taranto in via Innocentini 4 da Angelo Pappacena e Teresa Catalano, Anna Fougez rimase presto orfana di entrambi i genitori e venne allevata dalla zia Giovannina Catalano, sposata Laganà. Incoraggiata dagli stessi familiari, fece il suo primo debutto sulle scene già alla tenera età di 8 anni ed a 15 era sul palco accanto al mitico Ettore Petrolini. La ”leggenda” racconta che a 16 anni si cucì sulle calze numerosi strass, comprò per due lire due pelli di lepre, se le drappeggiò al collo come se fossero state preziose volpi e cantò Bambola al Teatro Mastroieni di Messina. Donna volitiva e sicura – così la descrivono gli annali dell’epoca – iniziò dunque, in modo trionfale, la sua scalata allo status di stella del varietà destinata a furoreggiare sui palcoscenici italiani fra la Prima Guerra Mondiale e la Marcia su Roma. Entrò così dall’ingresso principale nel mondo del teatro di varietà e del Café-chantant allora dominato da personaggi come Gino Franzi, Gennaro Pasquariello, Elvira Donnarumma, Armando Gill, Gabrè, e presto accanto a questi nomi poté pretendere di aggiungere il suo in cartellone quale interprete delle più note canzoni napoletane, nei teatri di tutta Europa.
Il suo vero exploit la Fougez (nome d’arte ispirato a quello della celebre vedette internazionale delle Folies Bergère Eugénie Fougère) lo ebbe fra il 1919 ed il 1925, quando arrivò a guadagnare 500 lire e, in alcuni casi, 2.000 lire a sera. Cifre astronomiche per l’epoca. I più bei motivi del tempo, da Vipera, ad Abat-jour, Addio mia bella signora, Chi siete?, Passa la ronda, A tazza ‘e cafè, e tanti altri, sono legati al suo nome. Lavorò anche nel cinema e fu persino sceneggiatrice per Fiore Selvaggio, un film del ’21 di Gustavo Serena. Fra le star del periodo lei fu la più elegante di tutte, con i suoi gioielli preziosi, le acconciature innovative e le bellissime gambe messe bene in mostra. Con lei inoltre apparvero in scena le prime piume di struzzo, le prime scale, le prime fontane d’argento, ossia tutto quell’apparato di cui una vera star del varietà da quel momento in poi non avrebbe più potuto fare a meno. L’immaginario popolare, soprattutto maschile, andava alimentato, ispirato, dominato. E lei ci riuscì perchè oltre alla figura della cantante di successo, incarnò l’espressione stessa dell’eleganza, della ricchezza e del lusso, diventando la sciantosa per definizione. Ma la sua attenzione all’arte travalicava l’esteriorità ed il glamour se è vero che, come ricorda Paolo Ruggeri in un suo saggio sulla canzone italiana, Anna Fougez soleva definire la canzone una sintesi drammatica o comica racchiusa nel breve spazio di pochi versi in grado di presentare personaggi e situazioni paragonabili ad un flusso di scene che appaiono e scompaiono.
Nel 1930, ad appena 36 anni, si dedicò alla stesura della sua autobiografia, intitolata: “Il mondo parla ed io passo” (nella foto la copertina della 1a edizione), un libro di memorie e di ricordi che ripercorre tutta la sua movimentata vita e la sua carriera artistica, con poesie scritte da lei stessa. Dieci anni dopo si ritirò dalle scene e visse in una villa piena di cimeli, a Santa Marinella (Roma) insieme al secondo marito, il ballerino René Thano e alle amiche Amelia De Fazi e Annamaria De Fazi. Qui morì nel 1966 all’età di 72 anni. Prima di morire Anna Fougez aveva espresso il desiderio di poter essere sepolta nella sua Taranto, città in cui oggi riposa nella cappella della famiglia Pappacena.
Il regista Pantaleo che ha scelto di ricordarla nel 2014, non è nuovo ad operazioni culturali basate su questa illustre pugliese, a partire dalla grande mostra da lui curata ed intitolata “Anna Fougez. Il mondo parla, io resto”, tenutasi nel 1986 alla Galleria Comunale del Castello e accompagnata da una pubblicazione ricca di immagini e testimonianze edita da Scorpione editrice. L’anno seguente fu la volta di uno spettacolo musicale con lo stesso titolo della mostra, scritto e diretto da Pantaleo ed andato in scena a Roma e a Taranto, per essere poi ripreso vent’anni dopo con un numeroso cast di artisti fra i quali compariva proprio il soprano Tiziana Spagnoletta che il pubblico ritroverà in scena il prossimo luglio nel recital ”Irresistibile Fougez”.
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