di Alessandro Novoli
Violazioni colpose e dolose di disposizioni ambientali, diffusione di una malattia delle piante, falso ideologico, falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, getto pericoloso di cose, turbativa violenta del possesso di cose immobili in ordine all’obbligo delle eradicazioni, nonché deturpamento o distruzione di bellezze naturali. Sono questi i reati contestati dalla Procura di Lecce a dieci indagati per la vicenda degli ulivi salentini sottoposti ad eradicazione perchè considerati pericoloso veicolo di Xylella fastidiosa, agente patogeno ritenuto responsabile della sindrome di disseccamento rapido degli ulivi.
Sono 58 le pagine di decreto di sequestro preventivo d’urgenza a firma del procuratore capo Cataldo Motta, dell’aggiunto Elsa Valeria Mignone e del sostituto Roberta Licci in corso di notificazione in queste ore, un provvedimento che va fra l’altro a bloccare le eradicazioni degli ulivi. Ad essere finito sotto inchiesta è in primis il colonnello della Forestale, Giuseppe Silletti, 62 anni, commissario straordinario per l’emergenza Xylella e responsabile di due piani di intervento recanti il suo nome. A notificargli il decreto gli agenti del Nucleo ispettivo del Corpo Forestale dello Stato. Fra gli altri indagati anche Antonio Guario, 64 anni, ex dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari; Giuseppe D’Onghia, 59 anni, dirigente del Servizio Agricoltura area politiche per lo sviluppo rurale della Regione Puglia”; Silvio Schito, 59 anni, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari, Giuseppe Blasi, 54 anni, capo dipartimento delle Politiche europee ed internazionali e dello Sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Nicola Vito Savino, 66 anni, docente universitario e direttore del centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura “Basile Caramia” di Locorotondo; Franco Nigro, 53 anni, micologo di Patologia vegetale dell’UniversitĂ di Bari; Donato Boscia, 58 anni, responsabile della sede operativa del Cnr dell’istituto per la Protezione sostenibile delle piante; Maria Saponari, 43 anni, ricercatrice del Cnr dell’istituto per la Protezione sostenibile delle piante; Franco Valentini, 44 anni, ricercatore dello Iam di Valenzano (Bari). Per quanto gravi, al momento si tratta solo di accuse di cui spetterĂ alla magistratura dimostrare la fondatezza.
Intanto sono stati posti sotto sequestro tutti gli ulivi già oggetto dalla richiesta di rimozione volontaria “sulla base del verbale dell’Ispettore fitosanitario, in cui si rileva la presenza di sintomi ascrivibili a Xylella fastidiosa”, in esecuzione di quanto previsto dalla nota Silletti dello scorso 3 novembre. Sono state inoltre sequestrate tutte le piante di ulivo a cui si riferiscono i provvedimenti di ingiunzione e prescrizione di estirpazione emessi dall’Osservatorio fitosanitario regionale. Su terreni interessati viene tuttavia consentito qualunque operazione colturale che non sia il taglio degli alberi o la loro eradicazione.
La Procura di Lecce ha aperto l’indagine dopo gli esposti presentati nella primavera 2014 dalle associazioni ambientaliste, andando ora a mettere in discussione l’efficacia del piano Silletti supportato dall’Unione Europea e dal Ministero delle Politiche agricole. Secondo la Procura non ci sarebbero prove che la Xylella fastidiosa individuata in Puglia provenga realmente da piante importate dal Costarica, anzi è probabile che fosse presente giĂ da tempo sul territorio. Inoltre, da riscontri disposti dai magistrati in altri territori su piante manifestanti sintomi analoghi a quelli degli ulivi del leccese (a Martano, nel tarantino, e a Giovinazzo, nel barese), non sarebbe emersa alcuna traccia di Xylella, un dato considerato dagli inquirenti la prova per cui “la sintomatologia del grave disseccamento degli alberi di ulivo non è necessariamente associata alla presenza del batterio, così come d’altronde non è, ancora allo stato, dimostrato che sia il batterio, e solo il batterio, la causa del disseccamento”.
Nè risulterebbe provata l’efficacia delle eradicazioni, considerato che l’essiccamento anzichĂ© diminuire sarebbe addirittura aumentato. Piuttosto, il pericolo piĂą concreto sarebbe quello a cui è andata incontro l’incolumitĂ dei cittadini a causa dell’uso spropositato di pesticidi forniti da una nota multinazionale da tempo nell’occhio del ciclone, parte dei quali vietati ma resi leciti in via del tutto straordinaria. A quanto pare giĂ nel 2008, quando il caso Xylella era ancora di lĂ dall’esplodere, nel Salento ne sarebbero stati impiegati a scopo sperimentale 573 mila 465 chili rispetto ai 2 milioni 237mila 792 chili utilizzati in tutta Italia. Ciò sarebbe avvenuto negli stessi luoghi dove si è poi diffusa la Xylella, probabile sintomo di un procurato indebolimento delle piante, esposte di conseguenza all’aggressione del batterio. Non è forse un caso che alcuni agronomi abbiano piĂą volte denunciato un impressionante impoverimento dei terreni riscontrato in diversi uliveti ritenuti affetti da Xylella; impoverimento probabilmente spiegabile non solo alla luce di una scarsa cura riservata dai contadini alle colture, ma anche e soprattutto con l’immissione massiccia di pesticidi nell’ambiente. Per le stesse ragioni si spiega forse l’esito positivo ottenuto invece sui 120 ulivi presi in cura dagli esperti dell’UniversitĂ di Foggia, trattati con metodi tradizionali e, al momento, praticamente risorti. La zona irrorata coi veleni sarebbe quella fra Gallipoli, Alezio e Taviano, il parco Rauccio a Lecce, il Nord Salento fra Trepuzzi ed il Sud di Brindisi. Allo stesso periodo risalgono anche i primi convegni italiani sulla Xylella, come quello tenutosi nell’ottobre 2010 presso lo Iam di Valenzano (Bari), apparso a molti stranamente “tempestivo”. Solo un caso? SarĂ la magistratura a stabilirlo. Accuse pesantissime da cui le stesse istituzioni dovranno difendersi spiegando le ragioni di un metodo di “lotta” che se da un lato non ha bloccato il fenomeno del disseccamento, dall’altro ha esposto a gravi rischi la salute dei cittadini.
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Nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina presso la Procura della Repubblica di Lecce, il Procuratore Capo Cataldo Motta ha spiegato punto per punto il provvedimento giudiziario adottato ieri, che ha portato all’iscrizione di 10 persone nel registro degli indagati e al blocco delle eradicazioni degli ulivi. Ha innanzitutto evidenziato come non sia stato accertato alcun nesso diretto di causalitĂ fra la Xylella fastidiosa e la moria degli ulivi salentini. Il cosiddetto “batterio killer” – ha spiegato Motta – è stato riscontrato in alcuni ulivi sani, e viceversa non è stato trovato in alcune piante affette da disseccamento. Segno evidente che non c’è un immediato rapporto causa-effetto. La constatazione è stata confermata anche anche dai rilievi effettuati in due uliveti confinanti che pur presentando piante della stessa varietĂ , queste si mostravano in condizioni diverse di salute, malati da una parte e sani dall’altra, e non si può certo pensare – ha ironizzato il magistrato – che il muretto a secco che divide le due proprietĂ possa costituire una barriera insormontabile per il presunto agente patogeno. Inoltre gli accertamenti svolti hanno evidenziato come la diffusione del batterio non sia recente, ma che la Xylella fastidiosa sia presente in Salento da almeno 15/20 anni: lo testimonia, dice Motta, la presenza di nove ceppi diversi di una sottospecie, elemento che segnala una avvenuta mutazione genetica del batterio che per affermarsi “richiede un periodo piuttosto lungo”.
Quindi non c’è alcuna situazione di emergenza che giustifichi il periodo di quarantena, così come sbagliata è la scelta di procedere con l’abbattimento delle piante. Occorre curare gli ulivi e non eradicarli, ha aggiunto Motta, in modo da contenerne il fenomeno di essiccazione. E per far questo occorre agire nella direzione del rafforzamento del loro sistema immunitario consentendo ad esse di resistere all’aggressione di qualsiasi agente patogeno. Viceversa – ha concluso il magistrato – sarebbe un po’ come decidere di abbattere delle persone colpite da influenza anzichĂ© curarle. Quanto ai reati contestati, salvo sorprese dei prossimi giorni (l’inchiesta non si è ancora conclusa del tutto), non risulterebbe al momento accertata alcuna ipotesi di complotto. Passando poi al ruolo svolto dall’Europa in questa vicenda, Motta ha spiegato come le direttive rigorose della UE pro-eradicazione siano derivate da una rappresentazione falsata della situazione: “L’Unione Europea – ha concluso il magistrato – è stata tratta in errore da quanto è stato ad essa rappresentato con dati impropri e non del tutto esatti”. A questo punto – ha auspicato infine il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, coordinatrice dell’indagine insieme al sostituto Roberta Licci – occorre cercare di individuare il metodo giusto per combattere il disseccamento rapido degli ulivi, obiettivo raggiungibile solo attraverso un confronto scientifico serio sulla materia.
ALTRI FILONI D’INDAGINE
Sono almeno tre i filoni su cui – hanno affermato gli inquirenti – si continua ad indagare. Il primo riguarda i finanziamenti piovuti sulla Puglia all’indomani della dichiarazione dello stato di emergenza. Il secondo riguarda la prospettata introduzione di sistemi di coltivazione superintensiva e di nuove cultivar di olivo, andando a stravolgere la tradizione agroalimentare e l’identitĂ territoriale del Salento: in particolare gli inquirenti hanno fatto riferimento all’accordo tra l’UniversitĂ di Bari, “che ha gestito in maniera monopolistica lo studio” della Xylella, e la spagnola Agromillora Research srl. Un’intesa approvata dal senato accademico nell’ottobre 2013 e riguardante la commercializzazione di nuove tipologie di olivo nate dall’ibridazione fra la cultivar Leccino, ritenuta resistente alla Xylella, e la Ambrosiana. Un accordo che a quanto pare garantirebbe all’ateneo barese l’incasso del 70 % delle royalties sul fatturato annuo derivante dallo sfruttamento del brevetto. Terzo filone è quello che riguarda la ricerca: la polizia giudiziaria sta verificando notizie da cui si evincerebbe che il Comitato tecnico-scientifico di 16 esperti, istituito dal Ministero delle Politiche agricole, avrebbe svolto “mera attivitĂ di facciata” senza fornire chiari risultati di ricerca valutabili in seno alle riunioni dello stesso Comitato. Ovviamente, se ciò risultasse vero, comporterĂ la verifica di eventuali responsabilitĂ in capo al Ministero delle Politiche agricole per omesso controllo.
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