di Redazione FdS
Rimane in mostra al Getty Museum di Malibu (California) fino al prossimo 3 marzo 2014 – per poi fare rientro a Napoli – la monumentale statua in bronzo dell’imperatore Tiberio, esposta dallo scorso ottobre nel prestigioso museo californiano a seguito di un accordo con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e dopo un consistente intervento di restauro. Infatti la grande scultura è rimasta per circa un anno nei laboratori del museo americano prima di essere esposta nella mostra “Tiberio, ritratto di un imperatore”. Danneggiato a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., questo colosso di due metri e mezzo di altezza per cinquecento chilogrammi di peso, fu fortuitamente ritrovato nel 1741 durante i primi lavori di scavo ad Ercolano. L’opera mostra in versione togata, capite velato da pontifex maximus, l’imperatore Tiberio (42 a.C. – 37 d.C.), uno dei più discussi discussi e vituperati personaggi della storia di Roma antica, la cui pessima fama si deve soprattutto all’opera degli storici del suo tempo, fra i quali Svetonio che ne diede un ritratto a tinte fosche a sua volta all’origine della leggenda nera tramandata per secoli a Capri, isola dalla quale governò l’impero per dieci lunghi anni.
Gli interventi di restauro sono iniziati negli Stati Uniti nel 2012 a seguito del prestito effettuato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. A coronamento di un lavoro che ha avuto come obiettivo quello di riportare all’originario splendore la grande scultura, si è giunti a questa mostra organizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura e sotto gli auspici del Consolato generale d’Italia a Los Angeles.
Questo progetto di collaborazione Napoli-Malibu arriva dopo quello che ha riguardato tre anni fa l’Apollo Saettante. La statua di Tiberio non era esposta da decenni a causa di problemi strutturali nella parte inferiore e nella base. I restauratori del Getty, considerati tra i migliori al mondo, hanno realizzato un nuovo supporto interno che distribuisce in parti eguali il notevole peso della statua. L’opera è stata inoltre sottoposta a una pulitura globale allo scopo di riportare alla luce la patina che probabilmente mostrava al tempo della sua prima esposizione al Museo Reale di Portici. “Attraverso un attento studio – ha fatto sapere il Getty Museum – abbiamo appreso che la statua è stata sottoposta a diverse applicazioni di cera, e che polvere e sporcizia si erano accumulate in ogni strato, opacizzando così la superficie con la molto probabile conseguenza di richiedere l’applicazione di ulteriori strati di cera. Noi abbiamo rimosso tutto gradualmente utilizzando miscele di solventi applicate con tampone di cotone, spazzola o un apposito impiastro a seconda della quantità di cera da rimuovere.
Un punto da sottolineare, però – spiegano i restauratori – è che la superficie scura e più satura che siamo riusciti a far riemergere non è rappresentativa di come la statua appariva quando fu eretta nell’antica Ercolano del primo secolo d.C.; piuttosto, questa è la patina artificiale applicata dai restauratori del 18° secolo, affinchè sembrasse come nuova dopo gli interventi di restauro. Uno degli scopi della nostra ulteriore ricerca è stata quello di indagare esattamente questa patina artificiale, per capire quali tecniche e sostanze chimiche potrebbe essere state utilizzate per creare tale superficie nero-verdastra. Una nota d’archivio del 14 giugno 1760 riporta che le riparazioni e il riassemblaggio del Tiberio erano stati completati (19 anni dopo la sua scoperta), e che era pronto per essere patinata. Camillo Paderni, che era incaricato dei restauri nella Fonderia Reale di Portici, nei pressi del sito dell’antica Ercolano, fece grandi sforzi per garantire che il Primo Ministro napoletano vedesse restaurate le statue bronzee prima dell’applicazione di una nuova patina, in modo da rendersi conto della quantità di lavoro richiesto.
Quanto invece al fatto di applicare tale nuova patina sulla superficie, essa sarebbe servita a nascondere tutte le tracce degli interventi dei restauratori . Duecentosettantadue anni dopo, la possibilità di studiare il Tiberio nel dettaglio ci ha permesso di identificare qualcuno dei metodi utilizzati dai restauratori. Innanzitutto sono emerse prove di limatura e raspatura della superficie della statua. Del resto non dimentichiamo che quando fu scoperto, il reperto risultava incrostato di roccia dura e compatta (il flusso piroclastico dell’eruzione vesuviana), quindi è stato necessario rimuovere tutto ciò, e i metodi aggressivi – probabile uso di acidi compreso – erano all’ordine del giorno. Una volta che la figura fu ripulita, il passo successivo fu quello di rimpiazzare o ricostruire parti mancanti. Attraverso varie tecniche, tra cui raggi-X, endoscopia, una combinazione tra fluorescenza a raggi X e diffrazione dei raggi X, così come un’attenta osservazione diretta, siamo stati in grado di determinare che, anche se la statua oggi si presenta completa, a suo tempo presentava importanti parti mancanti, come sul petto e lungo la gamba sinistra. Queste sono stati ricreate con una tecnica la cui applicazione è stata rilevata su molte delle altre statue di bronzo scoperte ad Ercolano nel corso del 18° secolo. Grandi quantità di bronzo fuso (in molti casi ottenuto da frammenti antichi ritenuti semplici rifiuti) sono state versate per colmare le lacune, e i rimpiazzi sono stati fissati con una serie di bulloni. Si capisce quindi perché l’applicazione di una nuova patina era necessaria per nascondere questo tipo di interventi.”
La mostra è stata anche l’occasione per ricostruire la figura e l’opera di questo imperatore alla luce di nuovi approcci storiografici volti a riequilibrare un’immagine non sempre fedele alla realtà alimentata da certe fonti antiche; senza trascurare valutazioni di tipo tecnico in merito alla realizzazione di un bronzo del genere: “L’anno passato in restauro da questo Tiberio – ha detto il direttore del Getty, Timothy Potts – ha portato alla luce i processi di produzione di statue di grandi dimensione come questa“.