Le orecchiette sono un tipo di pasta molto diffuso in Puglia e Basilicata, la cui forma è approssimativamente quella di piccole orecchie, da cui deriva appunto il nome. Nel tarantino e in Valle d’Itria è invece ancora in uso il termine di “chiancarelle” o recchjetedd. A Latiano prendono la denominazione di stacchioddi, di cui si celebra ogni anno la sagra.
La loro dimensione è di circa 3/4 di un dito pollice, e si presentano come una piccola cupola di colore bianco, con il centro più sottile del bordo e con la superficie ruvida. Ne esiste anche una versione realizzata senza la forma a cupola, meglio conosciuta come “strascinati”. Il nome deriva dal metodo con cui la pasta è modellata, appunto ‘trascinata’ su un largo piano di legno con le dita della mano. Generalmente gli strascinati si preparano utilizzando tre dita, ma in Basilicata esistono usi locali che impongono varianti a quattro e, addirittura, a otto dita, che di conseguenza prevedono strascinati molto grandi (fino a oltre 12 centimetri di diametro). La particolare tecnica manuale consente di avere un lato liscio (quello che è stato a contatto con la tavola di legno, che viene spolverata di farina) e uno profondamente irregolare (quello che è stato a contatto con le dita, che si scollano letteralmente dalla pasta fresca durante la strascinata lasciandone la superficie rugosa e irregolare), che raccoglierà meglio il sugo. In tutte le varianti di orecchiette, si realizzano utilizzando esclusivamente farina di grano duro, acqua e sale.
La ricetta tipica regionale è quella che le vede insieme alle cime di rapa. Ma in Capitanata o nel Salento è tipica anche la variante che le vede insieme a sugo di pomodoro (con o senza spezzatino di carne o polpette o brasciole) e ricotta forte di pecora.
Circa le origini di questo tipo di pasta, secondo alcuni non sarebbero da ricercarsi in Puglia, ma molto probabilmente nella zona provenzale francese, dove fin dal lontano Medioevo si produceva una pasta simile utilizzando il grano duro del sud della Francia. Si trattava di una pasta molto spessa e a forma di dischi, incavata al centro mediante la pressione del dito pollice: questa forma particolare ne facilitava l’essiccazione, e quindi la conservazione per fronteggiare i periodi di carestia. Sembra anche che ne venissero imbarcate grandi quantità sulle navi che si accingevano ad affrontare lunghi viaggi. In seguito, si sarebbero diffuse in tutta la Basilicata e la Puglia con il nome attuale grazie agli Angioini, dinastia che nel Duecento dominava le terre delle due regioni. Secondo invece insigni studiosi di enogastronomia pugliese, le orecchiette avrebbero avuto origine nel territorio di Sannicandro di Bari, durante la dominazione normanno-sveva, tra il XII e il XIII secolo. È infatti possibile, in seguito all’atteggiamento di protezione nei confronti della comunità israelitica locale da parte dei normanno-svevi, la loro derivazione da alcune ricette della tradizione ebraica, come le orecchie di Haman – l’antagonista del libro di Esther – che si ritrovano, ad esempio, in alcuni dolci sefarditi oppure nelle croisettes, un tipo di pasta preparato nelle vallate occitane del Piemonte, lontana parente delle orecchiette di Sannicandro anche nella probabile influenza mediorientale.
In questo video trovate un breve documentario (sottotitolato in inglese) girato nello storico quartiere barese di Arco Basso con protagoniste le donne che ancora fanno a mano la tradizionale pasta delle orecchiette. Un documento su una tradizione ormai a rischio di estinzione.