Tomba di Anfipoli: intervengono i geofisici dell’Università di Salonicco. Probabili nuove clamorose scoperte
di Redazione FdS
Mentre nel mondo è ormai esplosa una vera e propria anfipolimania, dal sito macedone di Kasta, ad Anfipoli (Grecia), arrivano nuove intriganti notizie. A dare man forte agli archeologi arrivano i geofisici dell’Università di Salonicco, il cui intervento servirà a far nascere nuove speranze di scoperte sorprendenti a quanti non si accontentano di un paio di sfingi, di due cariatidi e di un grande mosaico. Già ad eccitare gli animi è giunta nei giorni scorsi notizia dell’avvenuto ritrovamento dell’imbocco di un tunnel sotterraneo emerso con la rimozione del terreno che occupava la Quarta Camera. Ad alimentare ulteriori prospettive di scoperta ci penserà ora il Geoscan al quale i geologi sottoporranno la collina che copre l’antica tomba (o tombe) sotterranea.
Il Dipartimento di Geofisica dell’Università di Salonicco effettuerà una tomografia sulla collina di Kasta dove si trova la tomba. Il terreno sarà ricoperto di cavi e sarà utilizzato uno speciale algoritmo elaborato dai tecnici di laboratorio sotto la direzione di Grigoris Tsokas, Professore di Geofisica Applicata.
In passato altri geologi avevano scansionato la tomba nel 1999 (fra gli altri L. Polymenakos) e in quella occasione erano emersi due siti funerari molto promettenti nel sud e sud-ovest della collina e identificate alcune zone ad alta densità oltre a possibili strutture che potrebbero essere giare di pietra. Dopo anni la tecnologia e i sensori sono migliorati e senz’altro i geologi saranno in grado di produrre risultati di migliore risoluzione.
In questi giorni si va discutendo su come l’indagine geologica avrà luogo perchè si teme che alcune zone della collina siano instabili e una eventuale frana potrebbe essere disastrosa. Enormi quantità di terreno sono state cavate fuori dalla tomba e questo fatto, unitamente ai fenomeni erosivi, se da un lato potrebbe portare a un risultato migliore della scansione, dall’altro potrebbe aumentare il pericolo di crolli della struttura.
Il dr. Orit Peleg Barkat della Hebrew University di Gerusalemme teme che ci siano già segni di instabilità e che si potrebbero mettere a repentaglio non solo i reperti archeologici ma soprattutto le persone che attualmente stanno lavorando nell’enorme monumento.