di Enzo Garofalo
La Calabria archeologica è una sorta di palinsesto le cui molteplici e ricchissime stratificazioni vanno disvelandosi nel corso dei decenni a ritmo irregolare, complice la cronica carenza di fondi che paradossalmente affligge il Paese dotato di uno dei maggiori patrimoni culturali a livello mondiale. Una irregolarità che si ripercuote soprattutto sui siti cosiddetti ”minori”, in realtà tessere imprescindibili per la comprensione di quel complesso mosaico che è la storia del nostro Paese e delle molteplici civiltà che nei millenni si sono incrociate sul suo territorio. Uno di questi siti è Torre Mordillo, nel comune di Spezzano Albanese (Cosenza), una splendida terrazza naturale affacciata sul massiccio del Pollino e sulla piana costiera che a partire dall’VIII sec. a.C. conobbe gli splendori della mitica città magno-greca di Sibari; un luogo che nelle pieghe del proprio terreno racchiude tracce di una storia ultramillenaria.
Identificato nel 1888 dal prof. Luigi Viola nel quadro delle ricerche riguardanti il territorio dell’antica Sibari, il sito restituì una vasta necropoli pre-greca con 229 sepolture dell’Età del Ferro; negli anni ’60 del Novecento quattro campagne di scavi dell’Università della Pennsylvania, avviate su impulso della Soprintendenza Archeologica della Calabria, riportarono alla luce i resti di un imponente centro urbano di età ellenistica sovrapposto all’insediamento protostorico; tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 la Soprintendenza regionale, in collaborazione con il museo Pigorini di Roma, identificò una importante sequenza protostorica del Bronzo recente e finale con resti di strutture abitative (incannucciate, assi di legno e pareti in argilla) e buche di palo, per poi tornare ad occuparsi a più riprese dell’insediamento ellenistico e delle sue fortificazioni.
Questa successione di indagini archeologiche ha consentito così di identificare una continuità insediativa che va dal XIV secolo a.C. (Bronzo medio) fino al VII sec. a.C. (con resti fittili di fattura protocorinzia). Ad un lungo periodo oscuro seguono tracce di fine IV- inizi III sec. a.C. risalenti al tempo in cui sulla collina sorse l’abitato di età ellenistica; dotato di un imponente sistema difensivo, l’insediamento obliterò gran parte delle strutture preesistenti ma non ebbe vita lunga considerato che la sua fine sarebbe ascrivibile ad un assedio di fine III sec. a.C. come testimoniato dal ritrovamento di palle da balista e punte di giavellotto riemerse soprattutto nei pressi delle mura. Alle varie fasi menzionate sono inoltre riconducibili i numerosi reperti mobili oggi disseminati tra i musei archeologici nazionali di Sibari e Reggio Calabria, altri musei delle province di Cosenza e Crotone e il Pigorini di Roma.
A ormai oltre un secolo dai primi scavi, Torre Mordillo non ha ancora cessato di raccontare la sua storia, come hanno dimostrato gli scavi condotti la scorsa estate da un gruppo di giovani archeologi canadesi della Mount Allison University diretti dalla prof.ssa Ilaria Battiloro e dal prof. Mattia D’Acri (Princeton University) e coordinati dall’archeologo calabrese Giuseppe Lucarelli. Nell’arco di cinque settimane di scavo sono riemerse tracce significative di due edifici pre-greci oltre a manufatti coevi, importanti testimonianze delle vicende abitative che precedettero l’abitato ellenistico, tanto più rare in quanto emerse in un’area non interessata dalle sovrapposizioni di epoca successiva. In vista della campagna di scavi che ripartirà la prossima estate, parliamo di questa importante scoperta proprio con la prof.ssa Ilaria Battiloro, studiosa di origine campana da tempo docente presso la suddetta università canadese.
Professoressa Battiloro, quando e come è nato il progetto di scavo a Torre Mordillo e quali gli obiettivi perseguiti?
Il Torre Mordillo Archaeological Project, avviato per iniziativa mia e di Mattia D’Acri nel 2023, nasce innanzitutto dal nostro comune interesse per il mondo indigeno della Magna Grecia. Tra i numerosi insediamenti di interesse storico-archeologico della Sibaritide, Torre Mordillo si profila senz’altro quale uno dei siti archeologici più promettenti per lo studio della fenomenologia del contatto tra Greci e “non-Greci” in Italia meridionale. Il ruolo giocato in antico da questo insediamento si riflette innanzitutto nella sua posizione strategica. Torre Mordillo è ubicato su un alto promontorio naturalmente difeso posto a controllo dei bacini idrografici della Sibaritide e della via di accesso che dalla costa risale verso l’interno. Cruciale per le vicende insediative del sito è, inoltre, la vicinanza all’Achea Sibari, con cui vi era comunicazione visiva. Va ricordato, inoltre, che Torre Mordillo, come altri insediamenti indigeni della Sibaritide, è solo apparentemente un sito dell’entroterra. La cultura materiale, infatti, testimonia come il sito abbia intessuto intensi rapporti con l’Egeo sin dall’Età del Bronzo.
La campagna di scavi della scorsa estate ha visto coinvolto anche un nutrito gruppo di studenti della sua università. Qual è stato il loro ruolo e quali sono stati i vostri referenti in Calabria?
Sì…uno degli aspetti piu importanti del progetto è senz’altro quello didattico. E’ previsto che ogni estate un folto gruppo di studenti universitari provenienti dalla Mount Allison University e da altre università nordamericane partecipi attivamente a tutte le fasi del lavoro sul campo, dalla documentazione e il disegno fino ad arrivare alla catalogazione degli oggetti rinvenuti. Lavorando nell’ambito di un progetto di ricerca altamente interdisciplinare che coinvolge, oltre agli archeologi, anche architetti, topografi, geologi e bioarcheologi, gli studenti acquisicono una serie di importanti competenze che sono trasferibili anche ad ambiti diversi da quello strettamente archeologico. Nelle fasi di avvio e pianificazione del progetto un ruolo chiave hanno giocato il Dott. Carmelo Colelli, all’epoca funzionario di zona della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Cosenza, e l’amministrazione comunale di Spezzano Albanese, che, grazie soprattutto all’interesse e alla competenza dell’Ing. Giuseppe Liguori, supporta e promuove il progetto in maniera eccezionale.
In cosa è consistito esattamente lo scavo dell’estate 2024, quali sono stati i risultati conseguiti e in che misura hanno soddisfatto le aspettative del vostro progetto?
Nel 2023 abbiamo condotto una ricognizione di superficie che ha interessato l’intera estensione del pianoro. I risultati di questo survey hanno confermato in maniera decisiva quanto già noto dalle indagini pregresse, ovvero che il sito è stato occupato dalla Media Età del Bronzo fino alla fine del III secolo a.C. Alla ricognizione di superficie è seguita una campagna di prospezioni geomagnetiche, i cui risultati, incrociati con quanto emerso dal survey, hanno consentito di individuare due aree che sono state oggetto di indagini di scavo archeologico nella scorsa estate. I risultati di questa prima campagna di scavo sono andati ben oltre le nostre aspettative. In entrambe le aree indagate non abbiamo intercettato la fase ellenistica, come ci aspettavamo. Al contrario, al di sotto dello strato superficiale sono subito emersi i resti di due strutture capannicole di grandi dimensioni precedenti l’impianto dell’abitato brezio.
A quale epoca sono databili, anche in via approssimativa, le tracce rinvenute nel corso del recente scavo e a quale appartenenza etnica si ritiene siano riferibili?
Dimensione, planimetria e datazione delle capanne intercettate e solo parzialmente esposte non ci sono ancora noti. L’analisi preliminare dei materiali associati alle strutture sembrerebbe suggerire che una collocazione cronologica tra la fine dell’Età del Bronzo e la prima Età del Ferro (intorno al IX sec. a.C.). Tuttavia, una datazione più precisa sarà possibile solo con il proseguimento degli scavi nel 2025.
Oltre alle tracce reinterrate dopo la scoperta in attesa della prossima campagna di scavo, può dirci cosa siete riusciti ad asportare, dove si trova il materiale recuperato e se è previsto un futuro progetto di musealizzazione?
Come in ogni sito archeologico, i manufatti rinvenuti più numerosi consistono in reperti ceramici, che sono fondamentali per gli archeologi per comprendere natura e datazione del contesto indagato. Inoltre, per entrambe le capanne identificate sono ben conservati i resti del concotto, ossia il materiale da costruzione utilizzato, composto da fango e elementi vegetali. Il materiale recuperato è conservato presso il vicino Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide. Tra i progetti di musealizzazione che coinvolgono il sito da noi indagato vorrei segnalare quello di realizzare una serie di mostre temporanee nell’attuale Museo Permanente di Torre Mordillo ubicato nel Palazzo Luci di Spezzano Albanese.
In che relazione si pongono le tracce insediative individuate la scorsa estate con quanto era già noto di questo sito archeologico?
Dal punto di vista cronologico, le nuove scoperte rientrano in un periodo già noto dalle indagini pregresse condotte sul pianoro. Tuttavia, le due strutture capannicole individuate nel 2024 aggiungono immediatamente una nuova percezione dell’estensione dell’abitato protostorico, che sembra essere più vasto rispetto a quanto ipotizzato in passato. Altro dato riguarda l’insediamento di Età Ellenistica, che potrebbe non aver occupato in maniera estensiva l’intero pianoro sovrapponendosi al precedente abitato protostorico.
L’arco temporale lungo il quale – secondo i dati ad oggi noti – si dipana la frequentazione abitativa del sito di Torre Mordillo è interamente documentato o sussiste ancora qualche lacuna? In altre parole, a che punto è la conoscenza del sito?
Se si esclude l’unica traccia di frequentazione post-antica del sito, ossia la torre medievale che tutt’oggi domina il promontorio, gli studi archeologici svolti finora ci dicono – come è noto – che nell’antichità la vita del sito si sviluppa dall’età del Bronzo (XIV-XII sec. a.C.) fino alla fine del III sec. a.C. Manca invece una presenza di epoca romana. La sequenza insediativa del pianoro abbraccia, dunque, oltre un millennio di storia. Inoltre vi sono fasi ancora difficili da distinguere, come il VII sec. a.C., un gap conoscitivo che è stato spesso associato alla conquista da parte dei Sibariti. Stando a quanto emerge dall’evidenza archeologica, tuttavia, le vicende storiche di Torre Mordillo sono molto più complesse e vanno indagate in maniera sistematica e completa. Infatti a dispetto della sua importanza storico-archeologica, emersa dalle indagini archeologiche condotte sul pianoro a partire dalla fine dell’ ‘800, gran parte del sito rimane ancora inesplorata. Fatta eccezione per le fasi protostorica ed ellenistica, siamo dunque ancora lontani da una comprensione completa e documentata della sequenza insediativa di Torre Mordillo. Il nostro programma di ricerca mira pertanto a ricostruire le fasi di occupazione del sito chiarendone natura e cronologia, con particolare attenzione prestata al ruolo da esso avuto durante il periodo successivo alla fondazione di Sibari, alla fine dell’VIII secolo a.C.
Dopo i primi risultati della scorsa estate, quando e come proseguirà il lavoro iniziato e con quali obiettivi o aspettative?
Dal 2024 il progetto è in regime di concessione di scavo per una durata di tre anni. Si tratta, ovviamente, di un programma di ricerca a lungo termine, che prevede indagini multidisciplinari sia sul campo che in laboratorio. Nei prossimi anni, proseguiremo lo scavo archeologico delle strutture capannicole parzialmente esposte nel 2024 e inizieremo una analisi sistematica dei materiali archeologici rinvenuti nelle indagini pregresse. Altro aspetto importante del nostro progetto riguarderà la diffusione dei risultati della ricerca e la valorizzazione del sito di Torre Mordillo. La nostra equipe, con il supporto del Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide e del Comune di Spezzano Albanese, sta infatti pianificando una serie di iniziative volte a a coinvolgere sempre di più la comunità locale, tra cui mostre temporanee, visite ai cantieri aperti a visitatori e scuole, progetti di valorizzazione digitale e mutimendiale. Solo coinvolgendo il territorio e la comunità locale saremo in grado di contribuire al rilancio di Torre Mordillo promuovendone conoscenza e valorizzazione.
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