di Samantha Tarantino
La Sibaritide ovunque ci si volti, è testimone del nostro passato. Ma quando l’arte resta lì immutata con il passar del tempo senza che nessuno se ne curi, beh questo oggettivamente lascia l’amaro in bocca. Infinito è l’elenco di opere non valorizzate o semplicemente non pubblicizzate adeguatamente, che potrebbero diventare dei richiami per i turisti o anche per i semplici visitatori della domenica. Ad esempio a chi ama passeggiare lungo la costa jonica cosentina, sarà capitato di scorgere sull’arena di Crosia (Cs), la torre cilindrica che ancora racconta del suo servizio reso secoli fa. Nonostante una pregevole opera di recupero e consolidamento della struttura, effettuata dall’ingegnere Domenico Madeo, che ha restituito alla sua forma cilindrica su base tronconica una degna facciavista, la torre è ancora poco nota. Detta di Santa Tecla, la sua storia inizia nella seconda metà del XVI secolo quando il mare era conteso tra predoni e pirati turchi alla ricerca di ori e conquiste. Nata con funzione di avvistamento e difesa del territorio, era inserita in quel sistema di numerose strutture difensive poste lungo lo Jonio, per la sua posizione altamente strategica dalla quale era possibile vedere oltre 50 miglia di costa. Ed in effetti quasi a formare una stella tra i vari punti di vista, consentiva di raggiungere visivamente la Torre di Pietrapaola, la Torre del Trionto, il Castello di Calopezzati, il Castello di Crosia e Caloveto. Eppure, in pochi conoscono questo prezioso bene culturale perché per nulla valorizzato come immagine rappresentativa della costa. Niente segnaletica, nessuna promozione. Il “prodotto” c’è ed è anche ben confezionato: manca soltanto quel salto di qualità che possa fare la differenza ma che in realtà deficita per tutti i beni culturali della Sibaritide.
E laddove è inesistente una qualsiasi forma di divulgazione mediatica, succede che ti trovi davanti a un monumento sprofondato tra le sterpaglie, in stato di totale incuria. È il caso della torre detta di Milone, a pochi chilometri dall’abitato di Cassano allo Jonio (Cosenza), resto di quelle che, con molta probabilità, erano le mura di cinta dell’antico castello medievale costruito dai normanni su una fondazione preesistente. Facilmente visibile dalla strada del parco omonimo, oggi si presenta in uno stato di conservazione pessimo, fagocitata dalla fitta vegetazione e dall’abbandono. Arroccata com’è, e misteriosa tra le pietre e le rocce che ancora conservano inesplorati i ruderi di un oratorio basiliano, anche la torre di Milone doveva offrire un’ampia veduta, testimone di una storia probabilmente ancora tutta da scoprire. Cassanum fu colonia di Sibari di cui seguì le sorti e in epoca romana municipio: escludendo che il Milone di Cassano sia il celebre lottatore dell’antica Crotone, potrebbe essersi trattato di Tito Annio Milone emissario di Pompeo protagonista con Cesare della IIa guerra Civile (49-45) del quale però poco si sa.Tanta confusione resta infatti intorno alla fine dell’anticesariano Milone “lapide ictus ex muro”, ucciso da una pietra gettata da un muro: sarà stato ucciso a Compsa in Irpinia o nella Cassanum romana? E sull’incertezza certo si potrebbero incentrare convegni e seminari di studio oppure ipotizzare un’area in cui eseguire dei saggi di scavo o magari utilizzare il luogo per un set cinematografico in stile Ben Hur materano. Nel frattempo però, perché non promuovere la storia del territorio partendo dai giovani, magari coinvolgendo le scolaresche, ad esempio, in una bonifica della zona? Sarebbe già un inizio.