“Tosca” di Puccini al Petruzzelli di Bari: musica sublime e crepuscolo delle voci

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Un momento della Tosca di Puccini in scena al Teatro Petruzzelli di Bari: Scarpia (Sebastian Catana) e Tosca (Susanna Branchini) - Ph. Carlo Cofano

Un momento della Tosca di Puccini in scena al Teatro Petruzzelli di Bari: Scarpia (Sebastian Catana) e Tosca (Susanna Branchini) – Ph. Carlo Cofano | Photo gallery a fondo pagina

di Enzo Garofalo

Insipienza dei casting director o mero utilizzo delle voci e dei cantanti come “merce usa e getta” perchè tanto là fuori c’è la fila di chi vuole salire su un palco? E’ questo l’amletico quesito sgorgato ab imo pectore già sulle prime battute canore della Tosca di Giacomo Puccini in scena al Teatro Petruzzelli di Bari dal 24 maggio scorso fino al primo giugno. Un tempo, nel leggere o ascoltare le interviste di cantanti lirici di un certo valore, anche quelli di appena una generazione fa, si apprendeva che le loro carriere erano state costruite con i ”no” piuttosto che con i ”sì”. Oggi invece, senza dubbio mal consigliati da chi dovrebbe un minimo aiutarli ad orientarsi, li si vede non di rado andare all’arrembaggio di ruoli di ogni genere, anche di quelli inadatti al proprio tipo di vocalità, con la conseguenza di risultare poco adeguati allo scopo oltre che di mettere a dura prova il proprio delicato “strumento” di lavoro, del quale nel giro di qualche anno non rimane che l’ombra. E’ da tempo ormai che il teatro lirico italiano sembra essere affetto da una sindrome di stampo tipicamente televisivo – anzi i due ambiti spesso si alimentano a vicenda nel propagare un’aberrante idea di cio che è “qualità” – per cui l’importante è esserci, tanto chi se ne frega se poi un interprete tramonta rapidamente come meteora, concludendo in modo inglorioso una carriera magari cominciata con ottime premesse. Insomma, costruire una carriera canora in modo oculato e selettivo sembra ormai essere l’ultimo dei pensieri, mentre in platea c’è chi continua a chiedersi quali siano i criteri con cui viene formato un cast. In tutto ciò l’effetto più devastante è il processo di diseducazione del pubblico, sempre più pronto a digerire di tutto. Sono finiti i tempi dei ”loggioni” capaci di puntare il dito, e soprattutto i fischi.

Sono queste le riflessioni perplesse – e non certo inedite – suscitate da questa Tosca che se da un lato ripropone tutta la sublime bellezza e la sferzante potenza drammaturgica della musica di Puccini, d’altro canto non convince per via di alcune scelte vocali. In altri termini, ad una musica resa con efficacia dall’Orchestra del Teatro Petruzzelli diretta con perizia e gusto dal M° Giampaolo Bisanti, fa da contraltare un cast vocale alquanto disuguale (la presente recensione si riferisce al primo dei due cast in cartellone). In tanti sono rimasti giustamente attoniti di fronte al Cavaradossi del giovane tenore Dario Di Vietri che da barese ha giocato in casa, raccogliendo alla fine applausi del tutto sproporzionati a una performance nella quale è apparso a disagio fin dalle prime battute. Non è certo la “materia prima” a mancargli – belli il timbro e il colore che emergono soprattutto nel registro più acuto – ma la voce appare alquanto disomogena risultando a tratti immatura e a tratti come già provata da un eccessivo sovraccarico. Non nuova alla scena del politeama barese, il soprano Susanna Branchini, nel ruolo di Floria Tosca, sembra aver perso in parte lo smalto di un tempo: bellezza di colore e timbro, e un grande temperamento scenico, convivono con una certa oscillazione vocale e la propensione all’urlo sulle note più ardue. Positiva la perfomance del baritono romeno Sebastian Catana, che ha reso il ruolo del diabolico barone Scarpia con buon controllo della scena e del mezzo vocale, quest’ultimo peraltro non sempre in grado – quanto a potenza – di reggere il confronto con l’orchestra. Funzionale il Cesare Angelotti del tenore Antonio Di Matteo. Perfettamente a suo agio nel ruolo del Sagrestano il basso-baritono Domenico Colajanni sempre acclamatissimo ospite del palcoscenico barese. Buoni gli altri interpreti. Impeccabile il contributo del Coro del Teatro Petruzzelli preparato dal M° Franco Sebastiani e quello del Coro di Voci Bianche “Vox Juvenes” diretto dal M° Emanuela Aymone.

Il Barone Scarpia (Sebastian Catana) sul finale del Te deum - Ph. Carlo Cofano

Il barone Scarpia (Sebastian Catana) sul finale del Te Deum – Ph. Carlo Cofano

Di grande effetto architettonico l’allestimento scenico curato da Giovanni Agostinucci, autore anche della regia e del disegno luci. L’azione scenica, non sempre fluida – visibile talora l’impaccio di alcuni degli intepreti – ha avuto il suo momento di maggior efficacia in quella sorta di apoteosi di Scarpia alla fine del celebre Te Deum: l’estrema e folle tracotanza di un uomo che si sente superiore al Papa, se non addirittura pari a Dio. Non male anche l’idea di sottolineare il legame di Tosca col teatro spostando l’esecuzione della struggente aria “Vissi d’arte…” nei pressi del sipario (possibilmente però evitando pose da diva del Muto). L’intenzione di utilizzare la simbologia dei colori non funziona invece nella prima parte dello stesso brano che vede Scarpia in proscenio contro un fondale nero, colore che dovrebbe incarnare il carattere del personaggio: l’effetto ottenuto, con la scomparsa del contesto, è quello di un’improvvida cesura nell’illusione scenica. Per un attimo sembra quasi che stia per cominciare un intermezzo. Belli i costumi dello stesso Agostinucci, eccezion fatta per quella mise da Biancaneve disneyana assegnata a Tosca nelle scene finali a Castel Sant’Angelo.

Repliche 1° cast: 26, 29, 31 maggio 2016. Recite 2° cast: 25, 27, 30 maggio, primo giugno. Ore 20.30

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"Tosca" di Puccini al Petruzzelli di Bari: musica sublime e crepuscolo delle voci

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