di Redazione FdS
Dalla diciassettesima Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, che si è tenuta a Paestum dal 30 ottobre al 2 novembre scorsi, è stato lanciato un monito sulla gestione del turismo al Sud che pur presentando enormi potenzialità, non solo non cresce ma è addirittura in calo di 25 mila unità rispetto al resto del Paese dove invece il numero di presenze è cresciuto, complessivamente, del 30%. Le potenzialità del Sud sono più che chiare in queste cifre: 145 siti fra musei, monumenti e aree archeologiche – pari al 34% del patrimonio culturale nazionale – e ben 15 siti inseriti nella lista Unesco dei beni patrimonio dell’Umanità.
A tracciare il quadro impietoso è stato il sindaco di Capaccio-Paestum, Italo Voza, nel corso del suo intervento di apertura della diciassettesima Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum. Il primo cittadino ha rilevato le gravi carenze e le grandi possibilità di crescita ”per un’industria che vale 159,6 miliardi euro e che rappresenta il 10,3% del Pil nazionale e che dà lavoro a circa 3 milioni di persone”. ha stigmatizzato la presenza di errori di valutazione e dell’incapacità di fare sistema fra operatori, settore pubblico e privato, elementi che fanno perdere terreno e competitività non soltanto al Meridione ma all’Italia intera, la quale è uno dei luoghi più desiderati del mondoma è riuscita a scivolare nei posti bassi della classifica dei flussi turistici.
Soffermandosi in particolare sul Sud, ne ha sottolineato le ricchezze infinte: da Matera ai Bronzi di Riace, al Parco archeologico di Paestum a Pompei. Eppure solo il 15% dei turisti stranieri che vengono in Italia scende a visitare il Sud. L’Italia, ha ribadito più volte nel corso del suo intervento, ”deve fare di più, perché storia, arte, cultura, patrimonio naturale e enogastronomia non bastano più. I turisti vogliono servizi e qualità e noi al momento non sappiamo darglieli”.
Eppure non tutto è perduto. Dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum viene lanciato un segnale di speranza. ”Per recuperare terreno – suggerisce Voza – bisogna puntare sulla politica delle tre ‘D’: digitale, design e diversificazione. Solo così potremo fare crescere l’industria turistica di questo Paese. E, soprattutto, fare sistema”.
Promozione, destagionalizzazione, commercializzazione e segmentazione dell’offerta (cioè diversificazione) sono state dunque le parole chiave di questa diciassettesima edizione della Borsa, come ha sottolineato anche il segretario generale del Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo, Antonella Pasqua Recchia. ”Al tema della valorizzazione dei beni culturali al quale abbiamo dedicato fiumi di parole, migliaia di convegni e centinaia di documenti di programmazione e indirizzo va affiancata la politica del prodotto, sdoganando una parola che fino a qualche tempo fa sembrava tabù per le sue evidenti ricadute economiche”. Insomma, bisogna sapere intercettare la domanda, che è sempre più sofisticata, e in tal senso dichiara la disponibilità del Ministero ad agire.
Fonte di incoraggiamento per l’Italia anche le parole del Consigliere speciale del direttore generale Unesco e direttore dell’Arab Regional Centre for World Heritage, Mounir Bouchiba. “L’Italia – ha detto – è il Paese che ha il numero più elevato di siti iscritti nella lista Unesco e tra i primi Paesi sostenitori e ideatori dell’International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property”.
La Borsa di Paestum ha dunque aperto una finestra sulle ricchezze del nostro Paese, ma anche su quelle dei 25 espositori stranieri presenti, tra cui l’Azerbajgian – ospite d’onore della manifestazione – e quelli dell’area Mediterranea: dalla Turchia, all’Albania, da Israele alla Grecia, dalla Serbia a Cipro, dalla Tunisia al Bahrain dalla Macedonia alla Croazia fino alla Slovenia.