di Kasia Burney Gargiulo
Ormai i lettori di Fame di Sud conoscono bene il caso Gerald Bruneau-Bronzi di Riace, anche perchè il nostro magazine è stato una delle prime due testate ad occuparsene subito dopo la ”soffiata” del noto sito Dagospia. Come ormai sapete, il reporter francese Gerald Bruneau ha realizzato nel febbraio scorso al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria una serie di scatti alle due celebri statue del V° sec. a.C. dopo aver agghindato una di esse – il bellissimo Bronzo A, forse raffigurante l’ero mitico Tideo, uno dei protagonisti della spedizione dei Sette contro Tebe – con veli da sposa, boa di struzzo fucsia e slip leopardato, secondo il più volgare stereotipo gay. Dalla vicenda – la cui notizia e le cui immagini hanno fatto in pochi giorni il giro del mondo – è emersa una scomoda posizione per la Soprintendente del museo di Reggio, la dott.ssa Simonetta Bonomi, che si è schermita dicendo che Bruneau ha tradito la sua fiducia, avendo lei autorizzato solo uno scatto del tutto innocuo con velo da sposa poggiato sulla spalla del Bronzo; ha aggiunto inoltre di aver provveduto alla cacciata del fotografo dal museo dopo essersi resa conto di cosa stesse in realtà facendo e si è detta convinta che mai e poi mai Bruneau avrebbe pubblicato quelle foto visto che mancava la sua autorizzazione. Convinzioni puntualmente smentite dai fatti.
Al di là delle mie personali osservazioni sulle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dalla Bonomi all’Ansa, altri argomenti di discussione offre ora un’intervista all’autore di questa provocazione, lo stesso Bruneau, rilasciata alla testata on line Il Dispaccio. Claudio Cordova ne ha raccolto le dichiarazioni che, se veritiere, destano nuovamente forti perplessità sul ruolo avuto dalla Soprintendente Bonomi in questa vicenda. Il reporter francese, incalzato dall’intervistatore, ha infatti dichiarato che “la Sovrintendenza era informata dell’azione” e che la sera prima ne aveva parlato a cena con la Bonomi a cui era piaciuta la provocazione estetica già fatta sulla Paolina Borghese nella omonima Galleria romana. L’indomani Bruneau racconta di essere andato in giro per negozi alla ricerca dei volgarissimi accessori poi utilizzati per il servizio fotografico. Su tutte queste dichiarazioni – ammesso che siano veritiere – ciascuno faccia le sue considerazioni.
Risibili e di valore intellettuale pari a zero le motivazioni ”ideologiche” che hanno guidato la sua performance. Il reporter sostiene di essere riuscito, con boa e tanga, a “strappare le due statue dal loro ergastolo museale”: ne dovremmo quindi dedurre che per lui i musei potrebbero anche chiudere visto che li considera alla stregua di carceri, salvo poi continuare ad usarli per le sue menate; aggiunge inoltre di annoiarsi con le cose classiche (sic) e di aver deciso di intervenire a modo proprio sulle sculture. Effettivamente l’antico autore dei Bronzi aveva proprio bisogno dell’intervento di Bruneau per dare risalto al proprio genio artistico, altrimenti nessuno lo avrebbe notato. Il fotografo esclude però di aver voluto offendere i Bronzi o la città di Reggio, ed osserva che se qualcuno ha trovato la cosa di cattivo gusto, è un fatto puramente personale perchè “il gusto è relativo”. Cari lettori, abbiamo dunque scoperto che la volgarità è solo un’opinione personale. Alla domanda se l’arte possa permettersi tutto, ha invece risposto: “Potrebbe anche non piacere a me, potrei provare ribrezzo, trovare l’azione di cattivo gusto. Ma questo non è di interesse. Sono andato oltre il kitsch e oltre i Bronzi. Ho fatto un’altra cosa: ho reinterpretato a modo mio.”
Afferma ancora di aver vissuto il tutto come un gioco e che le conseguenze non dipendono da lui (!). Infine si dice convinto di aver fatto qualcosa di positivo per i Bronzi, qualcosa che rimarrà nella loro storia e che certamente contribuirà a incrementare l’afflusso dei visitatori, visto lo scarso esito della regolare campagna promozionale. Secondo questa logica dovremmo quindi concludere che aver affidato al grande Mimmo Jodice il compito di ritrarre questi due capolavori sia stato solo tempo perso. Insomma siamo al delirio totale, che trova il suo culmine quando, dopo aver esaltato la bellezza dei Bronzi ed il loro incarnare un’idea di bellezza classica (ma non aveva detto che le cose classiche lo annoiano?!), riconosce ad essi il carattere di icona gay per cui ad uno come lui, “molto attento ai diritti civili e alla causa dei matrimoni tra persone dello stesso sesso”, non poteva che venire l’idea di “trasformarli in spose moderne” (!).
Sicuramente i gay saranno rimasti molto contenti di essere stati associati ancora una volta a uno stereotipo trito e ritrito fatto di lustrini e pailletes e per giunta con un gesto provocatorio che nulla ha di realmente innovativo essendo più ”vecchio” degli stessi Bronzi. Purtroppo questo è un paese dove c’è ancora gente pronta a dare spazio a tale fuffa pseudo-intellettualistica semplicemente perchè proveniente da un ex allievo di Andy Wharol, sulla cui sopravvalutazione in campo artistico potremmo scrivere dei trattati. Ma quella è un’altra storia.