di Alessandro Novoli
L’Italia protostorica continua a rivelare le sorprendenti conoscenze astronomiche delle sue genti. Una sapienza nella quale mito e rituale religioso si confondono con i ritmi di pratiche agricole svolte secondo l’alternarsi delle stagioni, il cui preciso calcolo assumeva un valore cruciale per la stessa sopravvivenza di quelle arcaiche comunità. A mostrarcelo, fra i diversi esempi sparsi lungo la penisola italiana, ci sono le testimonianze archeologiche del complesso megalitico di Petre de la Mola, sul lucano Monte Croccia, o del misterioso monolite di Petra della Madonna, a Castelgrande (Potenza), allineati con le apparenti posizioni del sole ai solstizi e agli equinozi. Ultimo in ordine di tempo ad essere scoperto è il suggestivo calendario di pietra localizzato nelle campagne a otto chilometri dalla città di Gela (Agrigento), in contrada Cozzo Olivo, a breve distanza dalle necropoli protostoriche di Grotticelle, Ponte Olivo e Disueri. Si tratta di un monolito naturale, alto oltre 7 metri e forato artificialmente dagli uomini dell’età del bronzo intorno al IV millennio a.C. per creare un allineamento col sorgere del sole al solstizio d’inverno, contrassegnando così l’inizio della stagione fredda e del progressivo incremento della luce del giorno.
Il ritrovamento della piccola “Stonehenge italiana” – come il sito è stato subito ribattezzato dai giornali inglesi – si deve all’archeologo Giuseppe La Spina, che con Michele Curto, Mario Bracciaventi e il supporto tecnico di Vincenzo Madonia, stava effettuando una ricognizione dei bunker della Seconda Guerra Mondiale presenti lungo la statale che da Gela porta a Catania. Secondo quanto riportato dagli scopritori, sul versante est del monolito è stata ritrovata anche una pietra di oltre 4 metri ritenuta un menhir (monolito verticale con probabile funzione rituale e/o astronomica). La pietra giaceva distesa al suolo, ma la presenza di una buca accanto alla base lascia supporre che un tempo essa si ergesse dritta.
Gli scopritori hanno informato del ritrovamento il professor Alberto Scuderi, noto esperto in Archeoastronomia e direttore regionale dei Gruppi Archeologici d’Italia (GAI), con la collaborazione del quale è stato possibile confermare scientificamente la scoperta. La rilevanza astronomica del monolito è infatti concretamente emersa lo scorso dicembre quando, durante il solstizio d’inverno, alle 7.32 del mattino, con l’ausilio di bussola, macchine fotografiche e di una videocamera installata su un drone dotato di gps, si è potuto cogliere il perfetto allineamento tra il foro e il sole nascente. Il drone si è lentamente avvicinato e mantenendo il più possibile l’asse a 113 gradi ha filmato il fascio di luce solare che attraversava il foro proiettandosi sul terreno. “Ciò che siamo riusciti a registrare da terra – hanno affermato gli scopritori – è stato sorprendente. L’esperimento è riuscito”. Nel video seguente, realizzato dal gruppo di studiosi, è possibile vedere il momento esatto dell’allineamento.