Un fisico del CNR di Napoli scopre metodo per la lettura virtuale dei Papiri di Ercolano. Non sarà più necessario srotolarli

Corridori di Ercolano, bronzo, I sec. a.C, Museo Archeologico Nazionale, Napoli - Ph. Mariano Rizzo

Corridori di Ercolano, Villa dei Papiri, bronzo, I sec. a.C, Museo Archeologico Nazionale, Napoli – Ph. Mariano Rizzo

di Kasia Burney Gargiulo

Esempio di papiro in greco dalla Villa dei Papiri di Ercolano, immagine tratta da Tesoro letterario di Ercolano, ossia, la reale officina dei papiri ercolanesi (1858)

Papiro in greco dalla Villa dei Papiri di Ercolano, incisione tratta da Tesoro letterario di Ercolano, ossia, la reale officina dei papiri ercolanesi (1858)

Sono uno dei grandi tesori della Biblioteca Nazionale di Napoli e sono consultati da studiosi di tutto il mondo. Testimonianze preziose ma al tempo stesso fragili, come la memoria ultramillenaria che racchiudono. Pagine e pagine di filosofia, di riflessioni sulla vita dell’uomo e dell’universo, molte delle quali restano ancora da decifrare. Sono i Papiri emersi dall’omonima villa di Ercolano, una delle più belle dimore del mondo antico seppellita dalla coltre di fango e lava scagliata al suolo dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., quella che distrusse Pompei. La Villa dei Papiri – un tempo svettante sulla linea costiera di Ercolano – giace oggi ancora per gran parte sommersa nel sottosuolo della cittadina vesuviana e si pensa che possa riservare ancora grandi sorprese sfuggite alle campagne di scavi iniziate nel ‘700 da cui si ricavarono le straordinarie statue in marmo e bronzo attualmente esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

E mentre si attende che prima o poi uno scavo sistematico permetta di svelare tutti i ”segreti” della villa, tornano a far parlare di sè proprio quei Papiri da cui è derivato il suo nome e che costituiscono la più vasta biblioteca dell’antichità mai pervenuta fino a noi. La notizia è che un fisico del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Napoli, il prof. Vito Mocella, direttore di un gruppo di studio italo-francese (che comprende anche il Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi «Marcello Gigante», lo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble e l’Institut de France di Parigi), ha messo a punto un metodo che consente un’analisi non invasiva di questi antichi reperti, permettendo cioè di leggerne il contenuto senza la necessità di srotolarli. Lo srotolamento ha infatti costituito da sempre l’aspetto più problematico dell’approccio scientifico a questi antichi volumi (nel significato antico di ‘rotoli’, qual’era appunto l’originaria struttura dei testi scritti) in quanto rinvenuti semicarbonizzati.

Il nuovo sistema ideato da Mocella prevede l’impiego della luce di sincrotone, una radiazione elettromagnetica generata da particelle cariche che viaggiano a velocità prossime a quella della luce; una sorta di super raggi-X capaci di sondare la materia su scala atomica e molecolare, già impiegati nella diagnostica per immagini. Un sistema che permetterà di svelare i segreti racchiusi nel singolo volumen di papiro o pergamena senza la necessità di svolgerlo. Ciò consentirà di analizzare papiri greci e latini presumibilmente contenenti testi filosofici e letterari finora mai giunti a conoscenza dell’umanità in quanto accantonati proprio per la difficoltà di rilevarne materialmente il contenuto.

La nuova metodica è stata presentata di recente all’Università Federico II di Napoli (Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Studi umanistici) segnando una importante tappa negli studi delle antichità grazie ad una tecnica che abbatte gli ostacoli legati allo srotolamento meccanico che, finora, ha inevitabilmente prodotto danni sui papiri. Come ha fatto notare il prof. Mocella, oltre a quello dello svolgimento, uno dei maggiori problemi è stato finora dato dall’uso di inchiostro a base di carbone, la cui densità è identica a quella del foglio di papiro combusto.

Alla conferenza – che si è svolta nel giorno della data di nascita (20 gennaio 1923) di Marcello Gigante, insigne grecista e papirologo morto a Napoli il 23 novembre 2001- hanno partecipato anche i professori Gianluca Del Mastro (Dipartimento di Studi Umanistici – Centro internazionale per lo studio dei Papiri ercolanesi di Napoli) ed Edoardo Massimilla (direttore del Dipartimento di Studi umanistici) . Gli studiosi hanno commentato i risultati dello studio pubblicato sulla rivista Nature Communications rimarcando più volte l’importanza di questa tecnica perché permetterà di analizzare le svariate centinaia di rotoli ancora chiusi, conservati presso l’Officina dei Papiri della Biblioteca Nazionale di Napoli. Inoltre, guardando al futuro, essa si rivelerà preziosa qualora dovessero emergere i papiri della cosiddetta ‘Biblioteca latina’ che qualcuno ipotizza essere collocata ad un livello della villa sottostante a quello fino ad oggi scavato.

Incisione raffigurante la Macchina di Padre Piaggio, in una Tav. tratta da Tesoro letterario di Ercolano, ossia, la reale officina dei papiri ercolanesi (1858)

Incisione raffigurante la Macchina di Padre Piaggio, in una Tav. tratta da Tesoro letterario di Ercolano, ossia, la reale officina dei papiri ercolanesi (1858)

Nel riportare notizia di questa scoperta che agevolerà il lavoro degli studiosi, è il caso di ricordare che i Papiri furono riportati alla luce ad Ercolano tra l’ottobre del 1752 e l’agosto del 1754 durante lavori di scavo archeologico presso la famosa Villa dei Pisoni appartenuta secondo la tradizione a Lucio Calpurnio Pisone – console e suocero di Giulio Cesare – e sede di un’importante scuola epicurea sotto la guida di Filodemo di Gadara. Dopo la scoperta, la villa e tutta l’area circostante acquisirono il toponimo di Villa dei Papiri. Fra i vari tentativi di ‘svolgere’ i papiri si ricordano il primo, rimasto infruttuoso, fatto dal celebre principe di San Severo e basato sull’uso di mercurio, e quello laborioso, ma riuscito, messo in opera dal sacerdote dell’Ordine degli Scolopi, padre Antonio Piaggio, il quale con accorgimenti che previdero l’uso massiccio di pellicole di battiloro ricavato con l’utilizzo di interiora di pecore, attivò una speciale macchina precedentemente utilizzata e collaudata in lavori presso la Biblioteca Vaticana. Un sistema complesso e insieme rudimentale che però permise di srotolare parte dei rotoli combusti. Ai più recenti anni ’80 del XX secolo risale invece il metodo usato da un gruppo di norvegesi guidati da Knut Kleve, basato sull’impiego di acido acetico, gelatina e acqua, che si è rivelato efficace. Per molti anni i tecnici norvegesi, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Napoli e con il Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi (CISPE) hanno compito operazioni di svolgimento e restauro dei papiri.

Grazie al lavoro di studio che si è riusciti a fare in questi anni sui Papiri di Ercolano, è stato possibile ricostruire testi di cui prima si aveva notizia solo attraverso trascrizioni medioevali dei monaci amanuensi o del tutto inediti. Ad esempio frammenti di opere in greco di Demetrio Lacone, Polistrato, Carneisco, Colote e Metrodoro di Lampsaco, o dello stoico Crisippo, oltre a testimonianze di commedie, opere storiografiche e testi politici e giuridici in lingua latina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su