Lo storico dell’arte Giuseppe Giglio delinea un percorso attraverso i luoghi e i secoli fra dipinti, sculture e opere di alto artigianato
di Redazione FdS
Un viaggio nel patrimonio artistico della Calabria tracciato secondo una prospettiva inedita, quella dei conventi francescani che per secoli hanno alimentato la vita spirituale della regione già a partire da un decennio prima della morte del santo di Assisi. A compierlo è lo storico dell’arte e critico catanzarese Giuseppe Giglio nel volume “Capolavori d’arte nei conventi dei Frati Minori di Calabria” edito nel 2019 da Calabria Letteraria Editrice (45 euro): 381 pagine di full immersion nei luoghi e fra le opere di una Calabria artistica poco conosciuta, che l’autore ha voluto rivelare anche ai non addetti ai lavori, con l’intento di promuovere a livello nazionale la cultura artistica calabrese. Una ricerca e uno studio laboriosi e, al tempo stesso, una risposta incisiva a quanti ancora manifestano l’errata percezione che la Calabria non sia stata neppure sfiorata dalle varie correnti d’arte che hanno attraversato la Penisola, rivelandoci al contrario committenze, donazioni, contatti, scambi, botteghe, rapporti con figure di rilievo del panorama artistico del tempo o con autori oggi sconosciuti ai più ma non meno interessanti per qualità delle opere. Un vero e proprio lavoro di riscoperta e di sistematico inquadramento che “muovendo dallo studio dei Conventi dei frati Minori e seguendo l’evoluzione del gusto attraverso i secoli – spiega Giglio – ha l’intento di stimolare la valorizzazione e la tutela del contenuto di quell’enorme scrigno di beni artistico-culturali ecclesiastici che è la Calabria. Riscoprire il nostro patrimonio – aggiunge – significa recuperare una testimonianza tangibile dei valori del passato, e quindi l’identità stessa di un popolo, e puntare ad innescare un coinvolgimento delle comunità locali affinché si facciano custodi attive di tale patrimonio riappropriandosi del senso di appartenenza al proprio territorio, punto di partenza imprescindibile per riuscire ad immettere una chiesa o un intero borgo, nel circuito di visita dei tanti incantevoli luoghi, impregnati di storia e tradizioni, che caratterizzano la nostra terra.”
“Questa riscoperta – prosegue Giglio – potrebbe, a mio avviso, favorire una sorta di ”turismo della Fede” unitamente ad un turismo di grande e profonda valenza culturale, che dovrebbe coinvolgere per primi gli stessi calabresi. Quanti di essi conoscono bene il proprio territorio e le risorse di cui esso dispone? A mio avviso pochissimi, perché la Calabria viene per lo più veicolata come una terra dalle grandi risorse naturalistico-paesaggistiche; eppure posso assicurarvi che dal punto di vista artistico-culturale, la nostra regione può stare alla pari con quelle più blasonate come ad esempio la Toscana o il Lazio. Ma in pochi ne sono consapevoli. Pertanto – conclude lo studioso – invito istituzioni e cittadini a fare tesoro di un lavoro di ricerca come questo per far sì che un patrimonio del genere si traduca in una risorsa capace anche di generare occasioni di lavoro per tanti giovani”.
E in effetti, aprendo il volume, ci si trova immersi – attraverso gli itinerari descritti – in un bellissimo viaggio nel territorio dell’intera Calabria; un percorso ricco di cultura e spiritualità, utile a far comprendere più a fondo l’effettivo valore dell’arte quale testimonianza della nostra storia, delle nostre origini, oltre che prezioso strumento di crescita morale e di trasmissione di amore per la bellezza, valori di cui oggi si avverte più che mai la necessità. E’ quanto sottolineato anche dallo storico dell’arte Stefano Zuffi in occasione della presentazione del volume, lo scorso autunno, al Palazzo Reale di Milano. Accoglienza positiva manifestata anche da Padre Fabio Occhiuto, Ministro provinciale dei Minori di Calabria, secondo il quale “questo libro è in grado di regalare al lettore l’esperienza dello stupore che apre le porte al mistero che ci trascende”, considerazione che è all’origine della consegna di una copia del volume al Santo Padre nel corso dell’Udienza Generale di marzo 2019.
L’itinerario di Giglio passa attraverso i quattordici luoghi storici del francescanesimo in Calabria, da Reggio Calabria a Castrovillari, accendendo i riflettori su opere straordinarie e poco note, come i drammatici e toccanti Crocifissi seicenteschi di fra’ Umile da Petralia, che ritroviamo ad es. a Bisignano (Cosenza), a Mesoraca e a Cutro (Crotone), o le splendide madonne rinascimentali dello scultore siciliano Antonello Gagini che tanto ha prodotto per la Calabria e del quale, presso il santuario francescano del SS. Ecce Homo di Mesoraca, si trova l’unica Madonna datata e firmata, la dolcissima Madonna delle Grazie, in marmo di Carrara.
Parliamo di autori che in molti casi hanno fatto scuola ispirando allievi che ne hanno seguito le orme con altissimi risultati, come il francescano fra’ Diego da Careri, vissuto nel ‘600, attivo anche a Napoli, Lazio, Lombardia e Sicilia, allievo di fra’ Umile da Petralia e autore dello splendido gruppo della Madonna degli Angeli che sovrasta l’altare della chiesa dell’omonimo Convento di Badolato (Catanzaro) e di cui è in corso un accurato restauro. La ricerca di Giglio è stata altresì occasione per il ritrovamento di un’opera che si considerava persa: si tratta di un Dio Padre di Francesco Solimena, tra i massimi rappresentanti italiani dell’arte tardo-barocca nonché destinatario di prestigiose committenze dalle maggiori corti europee: collocato in origine nella Chiesa Matrice di Scilla (Reggio Calabria), il dipinto è riemerso in un convento di Catanzaro.
LA PRESENZA FRANCESCANA IN CALABRIA
Nel riscoprire opere d’arte di grande bellezza, il volume di Giuseppe Giglio permette di esaminare anche i contesti storici dei Conventi studiati, ripercorrendo le tappe di un rapporto – quello tra il francescanesimo a la Calabria – iniziato nel 1217, quando San Francesco d’Assisi decise di dividere in Provincie l’Ordine dei Frati Minori. La Calabria, con annessa anche la Sicilia, figura infatti nel primo elenco delle Province dell’Ordine. La Provincia Minoritica calabrese fu affidata al beato Pietro Catin, marchigiano, al cui nome sono legati gli insediamenti francescani di Castrovillari, Scalea, Cosenza, Bisignano e San Marco Argentano, ai quali seguì in pochi lustri un ampliamento della presenza francescana anche a Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia, Gerace e Reggio Calabria, fino ad arrivare a contare, agli inizi del XIV secolo, quattro “Custodie” (distretti minori all’interno della Provincia): quelle di Reggio Calabria, Crotone, Castrovillari e Cosenza.
Antico fu anche il tributo di sangue che i francescani calabresi pagarono alla loro missione di propagatori della fede cristiana: mentre tanti giovani entusiasti e generosi abbracciarono l’ideale del Poverello d’Assisi dislocandosi in vari centri della regione – racconta il compianto Padre Agostino Piperno, – sette frati partirono come missionari in nord Africa andando incontro al martirio per mano dei musulmani nel 1227 a Ceuta, in Marocco: erano San Daniele Fasanella da Belvedere Marittimo, Ministro Provinciale, Sant’Ugolino da Cerisano, San Nicola Abenante e San Leone Somma da Corigliano Calabro, San Samuele Iannitelli, Sant’Angelo Tancredi e San Donnolo Rinaldi da Castrovillari, innalzati agli altari dalla Chiesa nel 1516 (la loro storia è stata ricostruita da Ippolito Fortino nel libro ‘I Martiri di Ceuta’ edito da Rubbettino). Da allora in poi la Provincia Minoritica di Calabria fu denominata dei Santi Sette Martiri che essa venera come protettori. Il seme portato da Assisi – racconta ancora Padre Piperno – a poco a poco si accrebbe e si sviluppò vedendo fiorire nei vari centri abitati diversi conventi, la cui erezione era richiesta a gara da nobili, popolani ed ecclesiatici.
Con l’avvento dell’Ordine Florense, fondato dal celebre Gioacchino da Fiore, molti frati minori lo abbracciarono convinti di doversi preparare alla fine del mondo profetizzata per il 1260. Un intervento del Papa impedì che i vecchi conventi si svuotassero proibendo espressamente per decreto il passaggio da un Ordine all’altro. Superata questa fase di crisi, presto l’esigenza di osservare meglio la Regola francescana, fece sì che si diffondesse anche in Calabria il movimento detto dell’Osservanza (primi decenni del secolo XV) che si radicò in vari conventi. Alla Calabria spetta invece il primato di aver dato origine, in seno alla famiglia francescana, a quel vasto movimento di riforma che sarebbe diventato poi l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Questi riconoscono infatti nei due ex Osservanti Padre Ludovico Comi e Padre Bernardino Molizzi da Reggio Calabria gli iniziatori del loro movimento che avrebbe poi dato all’Ordine e alla Chiesa una lunga serie di santi. Ma l’evoluzione dell’Ordine non si fermò qui e anche in Calabria prese piede nel ‘500 e si sviluppò ampiamente il movimento della “più stretta Osservanza” successivamente detta “Serafica Riforma”. I Riformati furono invitati in molti paesi grandi e piccoli e vennero eretti numerosi conventi, articolati con bolla di Papa Urbano VIII del 1639 in due province riformate: quella di Calabria Citra e quella di Calabria Ultra. Tra i francescani del ‘600 spicca Umile da Bisignano, figura fulgida dell’Ordine calabrese, canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 2002. La Calabria ha inoltre dato all’Ordine un Ministro Generale, Padre Bonaventura Poerio da Taverna, che ha governato l’Ordine dal 1694 al 1697, anno in cui fu eletto Arcivescovo di Salerno, dove morì nel 1735. Una quindicina di altri frati ebbero posti di alta responsabilità nell’Ordine e, altrettanti, nella Chiesa di Roma come Legati della Santa Sede, Nunzi Apostolici, Arcivescovi e Vescovi.
Al di là dei suoi fasti, durante gli ultimi secoli l’Ordine ha dovuto misurarsi con varie calamità come terremoti, all’origine di gravi danni a molti conventi, e diverse soppressioni, prima sotto i Borboni di Napoli, poi durante il ”decennio” francese dei Napoleonidi, fino alla soppressione generale del 1866. Solo a fine ‘800 il francescanesimo calabrese cominciò a risorgere e il 4 ottobre 1897 papa Leone XIII emanò la Bolla “Felicitate Quadam” con la quale, tolta ogni distinzione anche di nome, riunì i frati sotto il semplice appellativo di Frati Minori, così come erano stati chiamati dal loro Fondatore. Nel 1906 alla Calabria venne aggregata anche la Provincia Minoritica della Basilicata e durante la Ia Guerra Mondiale molti frati perirono nella grande mattanza mentre altri, sopravvissuti, ricevettero onorificenze e medaglie al merito. Nei decenni successivi l’Ordine ha riacquistato prestigio con nuove figure di spicco distintesi nei campi della medicina, del mondo accademico umanistico e delle cariche ecclesiastiche. Oggi la Provincia minoritica abbraccia tutta la regione calabrese, ha sede a Catanzaro (dopo il trasferimento da Tropea nel 1951) ed ha ”case” religiose anche a Bisignano, Commenda di Rende, Cosenza, Cutro, Lorica, Mesoraca, Pietrafitta, Reggio Calabria, San Marco Argentano, Siderno, Stalettì, Terranova di Sibari e Tropea.
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