Una eccezionale scoperta in Calabria ridisegna la mappa della Magna Grecia

Tratto del fiume Lao, in Calabria, e archeologi al lavoro nel sito di Laino Borgo (Cosenza) – Immagini: © Stefano Contin e UniMessina

Riemerso in Calabria un grande insediamento urbano databile tra età magno-greca ed età lucana. Potrebbe trattarsi dell’antica Laos, subcolonia di Sibari

di Redazione FdS

Dalla lettura delle fonti antiche il territorio della Magna Grecia emerge come un complesso mosaico di colonie, subcolonie e insediamenti minori, la cui ubicazione – almeno per alcuni di essi –  si perde ancora nelle nebbie della leggenda pur essendo il loro legame con la realtà testimoniato da reperti come monete, iscrizioni, materiale ceramico. Tra le ubicazioni controverse si colloca senza dubbio quella di Laos, l’antica città greca fondata dai Sibariti nei pressi della Lucania meridionale, la stessa fiorente città presso la quale avrebbero cercato rifugio i superstiti della distruzione della celebre polis sul mar Jonio, avvenuta nel 510 a.C. ad opera dei Crotoniati. Non è peraltro esclusa l’ipotesi che la Laos magnogreca altro non sia che la rifondazione ellenica (successiva alla distruzione di Sibari) di un precedente insediamento enotrio. Di Laos accennano lo storico Erodoto (V° sec. a.C.) e il geografo Strabone (I° sec. a.C.), mentre al tempo di Plinio il Vecchio (I° sec. d.C.) la città risultava già scomparsa. Erodoto (VI, 21) scrive che “…i Sibariti privati della loro città vivevano a Laos e a Scidro…”, mentre Strabone (VI, 253) parla di “Laos, ultima delle città di Lucania, poco sopra il mare, colonia dei Sibariti…”. Ebbene, proprio l’antica Laos potrebbe essere l’insediamento scoperto nell’estate 2019 in località Santa Gada, nel territorio comunale di Laino Borgo (Cosenza), un luogo che dopo quattro campagne di scavi archeologici (la più recente si è conclusa lo scorso settembre) a cura del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli studi di Messina, sotto la direzione scientifica del prof. Fabrizio Mollo, sta rivelando la fisionomia di una città di circa 50 ettari. Una scoperta eccezionale che il Comune di Laino Borgo, in accordo con la Soprintendenza archeologia di Cosenza e altre autorità del territorio, tra cui il Parco Nazionale del Pollino attivo fin dall’inizio nel contribuire al finanziamento degli scavi, punta a valorizzare attraverso la creazione di un parco e di un museo fruibili dal pubblico.
 

Archeologi al lavoro nel sito di Santa Gada, a Laino Borgo (Cs) – Image source: Università di Messina

L’accertamento della grande rilevanza archeologica del sito di Santa Gada risale al 2019, anno di conclusione della prima campagna di scavi iniziata nell’ottobre 2018, ma che la Valle del Mercure potesse celare qualcosa di sorprendente era un sospetto aleggiante già da oltre un secolo a causa dello sporadico ritrovamento di preziosi reperti, alcuni dei quali finiti in importanti musei europei (tra gli altri un’olla con iscrizione in alfabeto greco arcaico e un’hydria attica a figure rosse, recuperate dal Barone Franz von Koller agli inizi dell’800 e databili al V sec. a.C., custodite all’Altes Museum di Berlino).
 

Olla con iscrizione in alfabeto greco arcaico dalla Valle del Mercure, V sec. a.C. – Staatliche Museen zu Berlin, Antikensammlung / Johannes Laurentius | CC BY-SA 4.0

L’idea di approfondire la storia del sito si deve al compianto Sindaco di Laino Borgo, Francesco Armentano, che tempo prima aveva avuto modo di discuterne proprio con il prof. Fabrizio Mollo; il suo auspicio era che storia e patrimonio culturale del territorio potessero diventare leva di sviluppo turistico per l’intera Valle del Mercure, area il cui nome deriva dall’omonimo fiume che, proveniente dai vicinissimi monti lucani, in territorio calabrese cambia nome diventando Lao, denominazione da cui traspare il legame con l’antica ed omonima polis magnogreca. Quell’idea prese definitivamente corpo con il coinvolgimento del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina portando alla scoperta, in un ameno terreno privato (oggi in via di acquisizione pubblica) e ad appena venti centimetri di profondità, di un grande insediamento abitativo frequentato tra VI e III sec. a.C.
 

Attività di scavo nel sito di Santa Gada riprese dal drone – Image source: Università di Messina

Le ricerche condotte finora hanno consentito di indagare un grande complesso edilizio, con un settore residenziale, un’area produttiva e, nei pressi di quest’ultima, un vero e proprio luogo di culto e, al tempo stesso, di constatare l’esistenza di un fitto sistema viario organizzato in isolati regolari. Si è così profilata tra gli studiosi l’ipotesi che possa trattarsi della città perduta di Laos, subcolonia di Sibari e una tra le prime città della Magna Grecia a subire l’assalto di popolazioni italiche prementi dall’interno della Penisola verso il mare; si ritiene infatti che già nel 400 a.C. fosse finita nelle mani dei Lucani, salvo il fallito tentativo – da parte della città di Thuri, erede della grande Sibaridi riconquistarla al dominio greco. Più tardi sullo stesso sito sarebbe sorta la stazione romana di Lavinium nome che, insieme a quello dell’originario del sito greco, sembra riecheggiare in quello dell’odierna Laino.
 

Antica moneta di Laos con toro androprosopo (‘con volto umano’)

La vallata in cui è avvenuto il ritrovamento – spiega il prof. Mollo – era “la cerniera che univa il Lagonegrese con il Vallo di Diano e, attraverso il valico di Campotense, il Pollino con la Sibaritide; era l’accesso principale alla Calabria, il luogo dove passa la via Annia Popilia, quindi un crocevia geografico straordinario…”. La poca distanza del sito dalla costa tirrenica (meno di 30 km in linea d’aria) sembra non confliggere più di tanto con i riferimenti geografici delle antiche fonti, nel cui vago perimetro era finora stato inquadrato il sito archeologico di Marcellina (frazione di Santa Maria del Cedro), a 2 km dal mare e dalla foce del fiume Lao, sito peraltro riferibile a un omonimo abitato d’epoca ellenistica (IV-III secolo a.C.), privo quindi di quelle tracce arcaiche che la polis magnogreca di Laos avrebbe dovuto rivelare e che invece ritroviamo solo nel sito più a monte. Questa assenza di tracce arcaiche era stata sottolineata nel 1982 dall’archeologo Emanuele Greco il quale formulò tre ipotesi intorno all’esistenza di una Laos più antica: o l’abitato di Marcellina del IV secolo è più vasto di quello arcaico al punto da averlo obliterato, oppure la Laos arcaica è in un altro luogo, oppure ancora Laos è altrove e l’insediamento scoperto a Marcellina è di un altro centro di cui ignoriamo il toponimo antico. Oggi la seconda ipotesi è quella che più concretamente sembra prendere corpo.
 

Vaso a figure rosse dal sito di Santa Gada, Laino Borgo (Cs) – Image source: Università di Messina

Ma vediamo più nel dettaglio cosa al momento è stato rinvenuto sulla collina di Santa Gada: fino al 2022 l’attenzione degli archeologi si è soffermata su un’area residenziale costellata di strade, cortili e piccole vasche per raccogliere l’acqua pluviale. In particolare è stata scavata un grande casa risalente al IV-III secolo a.C., strutturata in diversi vani disposti intorno a un cortile rettangolare, uno dei quali contenente una grande vasca centrale per la raccolta dell’acqua, con rivestimento e un complesso sistema di adduzione e smaltimento; un’opera d’ingegneria idraulica probabilmente correlata al culto delle acque del fiume Lao, che scorre a breve distanza. Ritrovato anche un ampio settore di produzione, con fornaci, aree di stoccaggio e lavorazione dell’argilla, dove forse si producevano piccoli vasi a vernice nera, dotato di grandi vasca di decantazione, con annessi strutture comunicanti di adduzione dell’acqua e pavimentazione drenante in laterizi.  Tra i mesi di giugno 2022 e giugno 2023 è stata indagata per la prima volta anche la necropoli di epoca ellenistica, con una decina di tombe a cassa e cappuccina e ricchi e articolati corredi funerari.  Strutture più antiche, risalenti invece al VI-V sec. a.C., riconducono più speficicamente alla presenza greca in un centro il cui sviluppo proseguì anche in epoca lucana, fino al successivo processo di romanizzazione che vide la sottomissione di tutti quei centri italici che avevano parteggiato per i cartaginesi durante la seconda Guerra Punica. Nei secoli successivi la presenza umana andò invece repentinamente e definitivamente dileguandosi, forse a seguito di qualche drammatico evento come una guerra o un terremoto che pose fine alla vita della città.
 

Frammento fittile con iscrizione in greco, dal sito di Santa Gada, Laino Borgo (Cs) – Image source: Università di Messina

Nel corso della più recente campagna di scavo – che ha visto impegnati circa 40 tra ricercatori, studenti, laureati, laureandi, dottorandi, dottori di ricerca, assegnisti, quasi tutti dell’Università di Messina – è stata la volta del ritrovamento di un luogo di culto dedicato ad una divinità femminile, con riti di passaggio ed elementi connessi alla fertilità, databile tra il VI e il III secolo a.C.: già da tempo – spiega il prof. Mollo – erano stati ritrovati reperti fittili come testine, figure femminili, divinità in trono, che in prima battuta avevano fatto pensare a un culto di tipo domestico, ma il recente rinvenimento di un recinto in grossi blocchi calcarei (temenos), al cui interno erano presenti teste femminili e maschere in argilla, figure femminili panneggiate, elementi di culto ad Artemide compresa un’iscrizione in alfabeto acheo, vasi per offerte e libagioni, nonché le matrici di molti di tali oggetti votivi, ha permesso di accertare che si tratta di un luogo di culto di grande interesse scientifico. Ad ogni modo le fasi arcaica e classica, che precedono l’avvento dei Lucani, attendono di essere meglio documentate nelle prossime campagne di scavi sicuramente utili ad illuminarci più chiaramente su uno dei più importanti insediamenti archeologici della Magna Grecia scoperto negli ultimi decenni.
 

Frammento fittile con volto femminile, dal sito di Santa Gada, Laino Borgo (Cs) – Image source: Università di Messina

Tra le migliaia di reperti, già immagazzinati e in attesa di essere adeguatamente valorizzati, si segnalano anche reperti faunistici (resti di pasto, ossa di animali) e paleobotanici (semi, cariossidi, carboni) via via analizzati nel dettaglio dagli specialisti con tecnologie all’avanguardia, assicurando all’indagine archeologica un prezioso carattere multidisciplinare, reso possibile dalla collaborazione con altri istituzioni come ad es. il CNR-ISPC di Potenza. Tracciate dunque tutte le direttrici di studio del sito, l’indagine archeologica – spiega Mollo – si accinge ad entrare in una nuova fase che farà seguito alla acquisizione pubblica dei terreni, quella di uno scavo estensivo che permetterà una comprensione a più ampio raggio di questo insediamento; obiettivo che richiederà una adeguata destinazione di fondi che, come si spera, verranno indirizzati non solo alla ricerca ma anche alla valorizzazione dell’immenso patrimonio finora individuato.

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