di Kasia Burney Gargiulo
E’ uno dei primi e più pregevoli esempi di quella che in Europa fu chiamata Art Nouveau, e in Italia Stile floreale o Liberty, ossia la corrente estetica che nei decenni a cavallo fra Otto e Novecento caratterizzò arti figurative, architettura e arti applicate. E’ il Villino Florio all’Olivuzza, l’edificio con annesso giardino che la ricchissima famiglia Florio, di origini calabresi, commissionò al celebre architetto palermitano Ernesto Basile. Concepito come un divertissement, ossia come una eccentrica variante rispetto alle più austere abitazioni palermitane dei Florio, il Villino fu ideato e progettato fra il 1900 e il 1901 e costruito a poca distanza dal palazzo normanno della Zisa, quale “padiglione di delizia” in mezzo ad un parco romantico di vaste dimensioni di cui oggi purtroppo persiste solo una parte. Insieme al serraglio, al laghetto, alla serra per le orchidee, al chioschetto siculo-normanno e al tempietto neoclassico, l’edificio aveva la funzione di rappresentare gli splendori di una delle più potenti famiglie italiane dell’epoca, titolare di un impero economico che comprendeva una flotta di un centinaio di navi e spaziava dalla chimica al vino, al turismo e all’industria del tonno. Durante la Belle Epoque il villino fu frequentato dal jet set del tempo, ospitando personaggi di primo piano come il kaiser Guglielmo II di Prussia e Germania.
Finalmente questo gioiello del Liberty, già sopravvissuto a un incendio doloso nel 1962, torna a riaprire al pubblico le sue porte al civico 38 di Viale Regina Margherita dopo una chiusura prolungata per restauri architettonici e decorativi. Conclusi anche i lavori di risistemazione del giardino in base a un progetto dell’Arch. Marilù Miranda che – coadiuvata dalla d.ssa Giulia Davì, dal collega Giovanni Errera e dai geometri Maurizio Castrofilippo e Martino Ragusa – ha curato il generale recupero del bene sulla base di uno studio filologico che ha riguardato anche ferri, legni e tessuti – riprodotti con l’aiuto di fotografie e documenti d’epoca – al fine di riproporre la scelta dei materiali e la tipologia di lavorazione seguite dal Basile e dai suoi collaboratori, restituendo quindi al complesso le sue specificità. Si è trattato di un lavoro di grande impegno visto che l’edificio costituisce un unicum per la contemporanea presenza di differenti opere d’arte e artigianato. Il Villino, che potrebbe presto diventare un museo oppure sede di una istituzione culturale (forse la Fondazione Unesco Sicilia), è finalmente aperto gratuitamente al pubblico dal martedì al sabato dalle 9 alle 13 e, con gli stessi orari, la prima domenica di ogni mese (info: 0917025471).
UN CAPOLAVORO DEL MODERNISMO ITALIANO
Ci si accosta alla possente cancellata che cinge il giardino e subito si rimane letteralmente rapiti da un vero e proprio tripudio di colonne, logge, capitelli, torrette, merlature, abbaini, vetrate policrome e mura bugnate che conferiscono grande movimento a linee e volumi. All’originalità delle forme architettoniche, decorative e degli elementi strutturali si aggiunge la leggiadra eleganza degli inserti in ferro battuto che vanno dalle ringhiere ai parafulmini, fino ai pinnacoli del gazebo sulla terrazza.
Considerato una delle prime opere moderniste d’Italia, il Villino rispecchiò soprattutto il gusto del destinatario, il giovane Vincenzo Florio, rampollo di quarta generazione della prestigiosa famiglia calabro-palermitana, imprenditore, grande sportivo e organizzatore di eventi (a lui si deve la famosa corsa automobilistica Targa Florio che grande lustro ha dato alla Sicilia). Essendo Florio un uomo d’attitudine cosmopolita e amante dei viaggi, l’architetto Basile sembra aver voluto riecheggiarne il carattere in questa opera, inserendo nella struttura quasi le tappe di un itinerario: dalle ricurve superfici d’ispirazione barocca, alle capriate di impronta nordica, dalle torrette cilindriche che evocano i castelli francesi alle colonnine romaniche, ai bugnati rinascimentali, il tutto sapientemente fuso in un originale capolavoro di eclettismo.
Per la sua bizzarra residenza Florio volle il meglio della produzione artistica e tecnica dell’isola, come gli arredi progettati da Basile per il prestigioso laboratorio di ebanisteria Ducrot, le vetrate policrome di Giuseppe Gregorietti, le boiserie e gli arredi lignei delle ditte Muccoli e Golia, le pitture decorative di Giuseppe Enea e Ettore De Maria Bergler, i dispositivi di illuminazione delle ditte Ceramica Florio e Caraffa e gli impianti elettrici della Società Trinacria. Le meraviglie prodotte da questo team davvero unico di creativi arricchirono di inconsueta bellezza gli interni del Villino articolati su più livelli, ciascuno con una specifica funzione: si va dal “piano degli svaghi”, con la sala biliardo e la sala gioco a livello del parco, al “piano di rappresentanza”, con la sala da pranzo e il grande salone, accessibile direttamente dalla scalinata esterna, al “piano di residenza”, sul terzo livello, accessibile dallo scalone di rappresentanza, con soggiorno e camera da letto. Con il recupero del Villino Florio si è cercato dunque di ricostruire il più possibile i canoni di quell’affascinante estetica che ha rappresentato l’ultima grande ventata di ottimismo nell’arte e di fiducia nel progresso prima delle tenebre della Grande Guerra.
UNA RICOSTRUZIONE CERTOSINA
In particolare per i tessuti si è fatto ricorso a stoffe realizzate appositamente a Caserta,con gli storici telai borbonici di S.Leucio, mentre le passamanerie sono state prodotte a Palermo, riproducendo esattamente, in entrambi i casi, i modelli originari ricavati da un attento studio della documentazione fotografica esistente.
Per i colori, oltre ad analizzare la gamma dei grigi sulle immagini fotografiche in b/n degli originali, si è fatto riferimento agli elementi naturali riprodotti (come ad es. papaveri e ippocastani), ad altri tessuti creati dai laboratori palermitani che solevano collaborare con il Basile, e anche ai dipinti futuristi dello stesso Vincenzo Florio. Del resto ippocastani, gigli, papaveri, melograni e ireos compaiono fra i più suggestivi temi del Liberty italiano, utilizzatissimi sia nelle pitture di Ettore De Maria Bergler che nelle architetture del Basile, entrambi non indifferenti all’opera di artisti stranieri come Alphonse Mucha, le cui tavole non mancavano negli archivi della Ducrot.
Quanto alle vetrate policrome, si è provveduto a riprodurre quelle a suo tempo commissionate da Florio ad artigiani come Salvatore e Biagio Gregorietti, Pietro e Paolo Bevilacqua, che adattarono la loro arte alle nuove esigenze stilistiche sostituendo i soggetti sacri e popolari tipici dell’Ottocento con altri legati al nuovo gusto della borghesia. Analoga ricostruzione filologica per gli elementi in legno con anima in ghisa e per il ramage ligneo dello scalone principale, riprodotto in 3D prima di passare all’esecuzione dell’esemplare reale; procedura di fotomodellazione seguita anche per la restituzione in scala reale degli apparecchi illuminanti in vetro a motivi floreali, sostenuti dal ramage.
VILLINO FLORIO: UNA DIFFICILE RINASCITA
Terminati i fasti della famiglia Florio, il Villino cadde in disuso subendo nel 1962, come si accennava prima, un devastante incendio di probabile origine dolosa: l’edificio sopravvisse ma riportò molteplici danni soprattutto negli interni con i preziosi arredi disegnati dallo stesso architetto Basile e i dipinti ed affreschi di Ettore De Maria Bergler (1850-1938) e Giuseppe Enea (1853-1906). Lo stesso anno si costituì il “Comitato Salviamo Villa Florio” che promosse una campagna per il recupero del monumento. Il disastroso evento rese a lungo fruibile solo parte degli interni dell’immobile che dal 1984 è stato preso in consegna dalla Soprintendenza, titolare anche della sua gestione; del resto già dal 1954 esisteva un decreto ministeriale che lo dichiarava di interesse particolarmente importante vincolandolo ai sensi di legge. Dopo anni sono finalmente iniziati i restauri: i primi, parziali, risalgono al 1981, mentre una seconda tranche si è svolta dal 1994 al 2000; è toccato poi a quelli effettuati grazie ai fondi europei messi a disposizione della Sicilia nell’ambito del Por 2000-2006 e coronati da una prima riapertura dell’immobile nel 2009. Nel 2012 sono quindi arrivati altri fondi europei dal PO-Fesr 2007-2013 per il restauro della copertura e quello delle superfici lapidee, la realizzazione delle opere lignee decorative, vari lavori edili e il ripristino del giardino storico. E siamo arrivati all’oggi con un Villino Florio pronto a scrivere una nuova pagina della sua storia.
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Mauro E., Il Villino Florio di Ernesto Basile, ed. Grafill, Palermo, 2000, 160 p.
Regione Siciliana – Assessorato dei beni culturali e ambientali, I Florio e la targa. Il recupero del Villino Florio all’Olivuzza in Palermo, Palermo, 2009
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