di Redazione FdS
In epoca di protezionismo sovranista da parte degli Stati Uniti, è sorprendente che a conquistare il primo posto sul podio di “miglior cowboy del mondo” sia toccato a un ragazzo calabrese. Trent’anni, sposato con Eleonora e padre di Elvira una bimba di 8 mesi, alle quali ha voluto dedicare la sua vittoria, Stefano Battista è originario di Delianuova, un borgo alle pendici dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, ma vive da qualche anno a Casatenovo in Brianza. Dalla sua terra di antica origine grecanica al trionfo sul podio americano del Hall Performance Horses di Edgemont, in South Dakota, nelle alte pianure del Midwest, il passo è stato breve. Animato da una passione per i cavalli che lo accompagna fin da ragazzino – col padre Mimmo a fargli da primo istruttore – eccolo conquistare il primo premio in un campionato mondiale nel quale, insieme al suo compagno di squadra Filippo Papetti, 18enne di Bagnolo Cremasco, è riuscito a sbaragliare ben 21 team provenienti da vari Paesi, fra i quali gli stessi padroni di casa e una coppia del Wyoming, che si sono aggiudicati rispettivamente la medaglia d’argento e quella di bronzo.
La disciplina in cui i due italiani si sono cimentati con successo è la “2 x 20”, nella quale due cavalieri devono separare due capi di bestiame, con numero assegnato dalla giuria, da una mandria di 20 vitelli e condurli lungo un percorso predefinito nel minor tempo possibile. Questa prova si ispira al lavoro quotidiano fatto ancora oggi da cowboy di tutto il mondo, che conducono le mandrie da un pascolo all’altro con la frequente necessità di separare i capi e di agire solo su alcuni di essi. I due concorrenti italiani sono riusciti a spiazzare tutti mostrandosi capaci di gestire con grande maestria nella seconda manche il vantaggio acquisito nella prima, chiudendo la gara con 2 capi condotti al traguardo in appena 27,42 secondi.
Una eccellente performance che in Stefano è stata alimentata non solo dalla passione per i cavalli, ma anche da un attento studio del comportamento di questi straordinari animali, che gli ha permesso di ottimizzare l’approccio così come le tecniche di addestramento. E poi naturalmente un intenso training con il suo cavallo Mimosa – uno splendido esemplare di ”paint horse” protagonista anche lei in South Dakota – nella disciplina del ”2 x 20″ che, spiega Stefano, è molto praticata in Nord Italia, con la quale ha messo alla prova la propensione dell’animale al lavoro con i bovini, quello che gli americani chiamano il ‘cow sense’. Con Papetti, trascorsi di reciproca stima e la partecipazione di entrambi alle selezioni per il campionato americano, hanno fatto sì che decidessero di fare squadra insieme.
La vittoria ha portato inevitabilmente Stefano a rievocare i suoi esordi in Calabria dove da piccolo, a “Pittaserra”, la campagna di famiglia, cominciò a misurarsi con i cavalli del padre, sviluppando un particolare feeling con Arvin, un bellissimo “Quarter Horse”, razza americana selezionata nell’800 dai cowboy per lavorare con il bestiame e chiamata così perché la più veloce nel “quarto di miglio”. L’Aspromonte, lungo i cui sentieri ha praticato tanto trekking, è stato inoltre un’importante ‘palestra’ prima della partenza per la Brianza, dove si è concentrato su studio, tecnica e agonismo, diventando istruttore di primo livello per monta Western.
In South Dakota la competizione si è aperta con la gara di “working cow horse”, seguita nel pomeriggio dalla sfida di Coppa del Mondo “Prova 2X20”. “Impossibile descrivere l’emozione – ha commentato Stefano sul suo profilo Facebook – ma non vogliamo sfigurare nella disciplina che ci appartiene”. Un sogno che si è realizzato perché Stefano e Filippo hanno avuto la meglio su tutti i partecipanti conducendo la gara in modo esemplare.
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