di Kasia Burney Gargiulo
Se oggi si parla tanto di cosmopolitismo grazie alla facilità dei collegamenti che in poche ore consentono di spostarsi da un angolo all’altro del pianeta e all’affermarsi di una società sempre più multietnica e multiculturale, ciò non toglie che già oltre un secolo fa ci fossero luoghi nel mondo in cui questo colorato melting pot era un dato acquisito con estrema naturalezza. Uno di questi luoghi si trovava proprio nel Sud Italia, per sua natura storico-geografica da sempre crogiolo di culture fra le più disparate, anche quando queste erano solo di passaggio, come nel caso di cui sto per parlarvi. Mi riferisco all’isola di Capri che già nel ‘600 ebbe il suo primo visitatore straniero e che da quel momento in poi, nell’arco di tre secoli, sarebbe diventata ricettacolo esclusivo della più varia umanità, di persone molto diverse capaci di vivere gomito a gomito allegramente o, nel peggiore dei casi, ignorandosi rispettosamente. E non mi riferisco solo agli stranieri miliardari o colti (o entrambe le cose) che sceglievano l’isola azzurra come stazione climatica, ma anche a tutta quella meravigliosa pletora di bohèmiens, dissidenti politici, dandies, che la elessero a patria di libertà.
A cavallo fra Otto e Novecento vi fu poi, nel cuore dell’isola, un luogo che per circa mezzo secolo divenne una sorta di emblema vivente di tale cosmopolitismo. Si tratta del caffè Zum Kater Hiddigeigei (Il gatto Hiddigeigei, in alto nella foto di Giorgio Sommer), che sorgeva al pianterreno di Palazzo Ferraro, praticamente nello spazio oggi occupato dalla boutique di Ferragamo, all’inizio della centralissima Via Vittorio Emanuele, allora più internazionalmente nota come via Hohenzollern. Il caffè rientrava nelle proprietà della ricca famiglia Ferraro ma fu gestito fin dalla sua fondazione (intorno agli anni ’80 dell’Ottocento) da Giuseppe e Lucia Morgano, con il nome appunto di Caffé Morgano. Il successivo bizzarro nome del locale fu un omaggio al simpatico gatto sfaticato protagonista de “Il trombettiere di di Säckingen”, poema del tedesco Joseph Victor von Scheffel, la cui stesura era stata portata a compimento nel vicino Hotel Pagano, l’albergo più antico di Capri.
In una edizione del 1899 della famosa guida turistica Baedeker si legge: “Zum Kater Hiddigeigei, nei pressi della piazza, è il punto di ritrovo serale dei tedeschi, buono e non costoso, birra alla spina, il proprietario Morgano vende anche generi alimentari, libri, carta, ecc. e cambia soldi”. In realtà questa sorta di emporio-caffè-birreria, dove era possibile trovare un po’ di tutto, era rivolto anche ad un pubblico anglosassone, come si deduce dalle reclame con testi in inglese oltre che in tedesco documentate nelle fotografie dell’epoca, e dalla presenza di un annesso Anglo-American Store. Del locale parla anche Hans Barth nel suo “Osteria. Guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri”, un divertente volumetto del 1908 che così descrive lo Zum Kater: “Prima le vetrine, poi l’interno del locale, sono una raccolta eterogenea di stivali, bottiglie di liquore, dipinti, tavolini, cera per lucidare, scatolette di aringhe, costumi da bagno, formaggio svizzero, bei libri e spazzolini da denti, e su questo caos regna come una sovrana in trono l’ancora maestosa Donna Lucia, padrona di casa dagli occhi fiammeggianti, insieme alla sua bruna principessa Nannina”. Potete notare la più volte citata Donna Lucia Morgano nella foto di Sommer in alto, che la mostra con le braccia conserte, appoggiata allo stipite della porta d’ingresso del locale: fu una vera dea dell’ospitalità e rimane, ancor oggi, il simbolo di una Capri dove si potevano sedere allo stesso tavolo, comprendendosi, persone dalle culture e dagli idiomi più diversi.
Data l’evidente strizzatina d’occhio (a partire dal nome stesso del locale) ai frequentatori tedeschi dell’isola, i Morgano riservavano loro particolari attenzioni, come ad esempio il fatto di far arrivare appositamente la birra dall’estero, mentre ad inglesi ed americani erano rivolti sopratutto caffè, vini, liquori, articoli di drogheria, libri, giornali e souvenir di Capri. Presto allo Zum Kater si instaurò anche il rito del tè pomeridiano, omaggio ai sempre più numerosi turisti e residenti inglesi. Don Giuseppe e Donna Lucia (così i clienti chiamavano i gestori) non furono però solo gli affabili anfitrioni del locale più frequentato dell’isola, ma diventarono un vero e proprio punto di riferimento per i residenti stranieri ai quali Giuseppe cambiava assegni e prestava denaro, mentre Lucia procurava cuochi e domestici. Come scrive James Money nel suo libro “Capri. La storia e i suoi protagonisti”, Giuseppe e Lucia erano sempre pronti ad aiutare gli stranieri anche quando si trovavano in difficoltà: “Mandavano buoni pranzetti, biancheria e lenzuola di bucato a quelli che finivano in carcere per rissa o ubriachezza, e se necessario gli trovavano un avvocato. Pur raramente allontanandosi dal caffè, erano sempre al corrente di quanto accadeva nell’isola, e in particolare si premuravano di sapere in anticipo se qualche straniero correva il rischio di essere arrestato per qualche seria infrazione”. Sono ad esempio rimasti leggendari gli interventi di Donna Lucia a favore del celebre conte Fersen al quale consigliò di lasciare per un po’ l’isola dopo un tragico incidente in cui perse la vita un operaio che lavorava a Villa Lysis. Così come fu lei ad informare il pittore tedesco Christian Wilhelm Allers (v. un suo disegno nella foto in basso) del fatto che la polizia stava indagando su certi suoi festini gay a Tragara e che aveva già interrogato due scugnizzi dagli eloquenti soprannomi di “Mieza Recchia” e “Miezo Culillo”.
Del resto questa premura non sorprende se è vero come si racconta che soprattutto Donna Lucia era una persona dotata di grande umanità. Scrive infatti Money: “Assai intelligente, equilibrata e compassionevole, era sempre pronta ad aiutare chi ne avesse bisogno, si trattasse di dare una mano a qualche straniero nei guai con le autorità, o di consolare i figli per la severità paterna, magari con caramelle. Sedendo e sovente sonnecchiando dietro la cassa, nel retro del caffè, presiedeva come un nume tutelare alla vita del locale e dei suoi avventori…”
Nei momenti di pausa dal lavoro, Giuseppe soleva sedere all’esterno del locale, davanti alla vetrina da cui occhieggiavano soprattutto coloniali, bottiglie e vistosi dipinti di Capri che attriravano in particolare i Tedeschi. Stessi prodotti dominavano all’interno i cui spazi erano in parte occupati da un lungo e massiccio tavolo da 18/20 persone intorno al quale campeggiavano tavoli più piccoli: un paio quadrati e uno tondo oltre a un divano ad angolo e, in fondo, vicino al banco, un tavolo fisso (lo Stammtisch) riservato ai clienti che volevano scambiare due chiacchiere con Donna Lucia e suo figlio Mariano che teneva i registri con i prestiti fatti agli stranieri e i debiti contratti al caffè. Proprio a questo tavolo spesso si vedeva la simpatica matrona sonnecchiare dopo le dieci di sera o a volte anche di giorno.
La birra che si serviva nel locale, arrivava direttamente da Monaco e Mariano Morgano la spillava dai barilotti mentre due cameriere e la sua sorellastra Nannina (figlia di primo letto di Giuseppe) la servivano ai clienti negli appositi boccali. Accanto al salone principale c’era una terrazza leggermente soprelevata rispetto alla strada, coperta da un pergolato di glicine che faceva ombra negli assolati pomeriggi estivi e preceduta da un’altra terrazza che ospitava il tavolo da biliardo e alcuni tavolini.
Otre a Tedeschi ed Inglesi, a partire dai primi del ‘900, il caffè dei Morgano conobbe anche una intensa frequentazione russa, dopo l’arrivo a Capri di molti rivoluzionari invisi al regime zarista. Fra questi c’era il celebre scrittore Maksim Gorkij che dal 1906, dopo un periodo di carcere per ragioni politiche, si era rifugiato all’estero con altri dissidenti. Lo si vedeva spesso circolare per Capri con la sua espressione grave e risoluta e i suoi baffoni, a cui faceva da contraltare la bellezza seducente della sua amante Marija Feodorovna Andrejeva; entrambi sposati, avevano lasciato i propri coniugi in Russia e portato con sè il loro figlio naturale Zinovi Pezkov, anch’egli bello e affascinante. I Russi si facevano notare spesso al caffè dei Morgano, dove si allitravano di caffè chiacchierando senza freni, giocando in continuazione a scacchi, e accumulando debiti che spesso poi toccava a Gorkij dover saldare. Un po’ alla volta finirono quasi col fare ombra ai vari signorotti, banchieri, scrittori e romantici tedeschi che per decenni avevano primeggiato nel locale.
Al tempo della Prima Guerra Mondiale il Caffè Morgano divenne meta soprattutto degli ufficiali inglesi che dal fronte andavano in licenza a Capri e ne approfittavano per sbronzarsi proprio nel celebre locale. Nell’ottobre 1918, quando l’esercito italiano sferrò la sua offensiva a Vittorio Veneto sbaragliando gli Austriaci – che chiesero la Pace poi sancita a novembre con l’armistizio di Villa Giusti – le campane di capri suonarono a festa, nella Cattedrale di S. Stefano fu celebrata una messa solenne e si cantò il Te Deum, e alla fine le persone più in vista dell’isola si riunirono al caffè Morgano festeggiando con champagne, brindisi e discorsi, fra entusiasmi e lacrime di commozione (in fondo Capri aveva pagato il suo tributo di morti alla Grande Guerra con 31 capresi e 12 ancapresi periti in battaglia, e altrettanti scomparsi per le conseguenze del conflitto).
Negli anni successivi i ricordi del Caffè Morgano si legano a figure stravaganti di artisti e dandies che trovarono in quel locale uno dei punti di riferimento nelle loro scorribande attraverso l’isola. Affascinante l’immagine delineata da James Money della pittrice americana Romaine Brooks – bella e tenebrosa artista, protagonista di contrastati amori saffici – descritta mentre “avvolta nel suo mantello, al primo fresco della sera, scendeva in città, e si sedeva nell’angolo più buio della terrazza del Morgano, esasperatamente distante e provocante”. Nel settembre del 1917 il caffè Morgano fu invece sede, per una settimana di una mostra del celebre artista Fortunato Depero, uno tra i massimi rappresentanti del Fururismo, movimento che a Capri lasciò una forte impronta.
Nel 1923, con la morte di Giuseppe, Donna Lucia però non se la sentì più di continuare a gestire il caffè e lo cedette a un emigrante che aveva fatto fortuna all’estero ed era rientrato sull’isola. Era la fine di un’epoca, tramontata nella penombra della casa in cui Donna Lucia si rinchiuse fino al 1943, anno in cui morì anche lei. Incombevano ormai gli anni glamour del divismo hollywoodiano, emblema di un cambio di registro sociale sull’isola e nel resto del mondo che forse Donna Lucia avrebbe stentato a comprendere e ad accettare. E qui finisce il mio racconto, con l’invito – quando passerete davanti alle vetrine di Ferragano – a soffermarvi davanti ad esse riservando un pensiero ed un sorriso alla memoria di Donna Lucia e di tutto un mondo ormai scomparso che lì ha vissuto, gioito, pianto, amato…e bevuto.
LIBRI:
AA.VV. – DONNA LUCIA MORGANO E LO ZUM KATER HIDDIGEIGEI. La cultura dell’ospitalità a Capri, 128 pp- ed. La Conchiglia Capri
Riccardo Esposito – Donna Lucia Morgano e lo Zum Kater Hiddigeigei, Capri 2002
Stefanie Sonnentag – Guida letteraria di Capri, ed. L’Ancora del Mediterraneo, 2005